Verso una riforma dell’Onu. Giustizia e Pace vuole invitare Ban Ki Moon

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“Di fronte all’inarrestabile crescita dell’interdipendenza mondiale, è fortemente sentita, anche in presenza di una recessione altrettanto mondiale, l’urgenza della riforma sia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che dell’architettura economica e finanziaria internazionale, affinché si possa dare reale concretezza al concetto di famiglia di Nazioni”. Inizia così il punto 67 della Caritas in veritate. E di una riforma delle Nazioni Unite ha parlato anche il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, nelle sue riflessioni intitolate ponderosamente “Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale  nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale”. E di una autorità mondiale aveva parlato anche Giovanni XXIII, nella Pacem in Terris, del 1963.

 

Se è la proposta del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace ad aver creato più dibattito, monsignor Mario Toso, segretario dello stesso dicastero, ha rilanciato con forza l’idea durante una tavola rotonda. Annunciando che il dicastero guidato dal cardinal Peter Turkson ha già invitato Ban Ki Moon, segretario generale dell’Onu, a celebrare il cinquantesimo della Pacem in Terris in un incontro con il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace durante il quale discutere della eventuale riforma delle Nazioni Unite.

Una proposta di riforma che riguarda anche la creazione di un’Autorità Mondiale a competenza universale, la cui costituzione avverrebbe sotto l’alveo delle Nazioni Unite, e ne rappresenterebbe di fatto la riforma. Una riforma che possa dare delle regole certe e orientate verso il bene comune dei popoli, che renda i paesi dell’Assemblea realmente rappresentativi allargando il consenso su base democratica, che abbia reali poteri decisionali e si distacchi dalla logica dei vari G (i G7, G8, G20), i consessi dei grandi leaders del mondo che non hanno legittimazione politica e che sono stati più volte criticati dalla diplomazia della Santa Sede.

Di idee per una riforma dell’Onu ce ne sono state molte e diverse. Marc Nerfin, nel 1985, proposte di istituire tre Camere alle Nazioni Unite: una Camera di Governo (l’attuale assemblea generale), una Camera dei Cittadini e una Camera degli Affari (Business Chamber) che fosse rappresentativa delle multinazionali. Campaign for a Un reform, una lobby affiliata ai World Federalists negli Stati Uniti, aveva chiesto di formare una seconda Camera composta di delegati scelti dagli Stati membri (anche attraverso elezione diretta) e un board di parlamentari e rappresentanti delle Organizzazioni Non Governative. Ken Coates della Bertrand Russell Peace Foundation propose nel 1987 di costituire l’Assemblea Generale dell’Onu solo su base elettiva. E di una seconda Assemblea Generale, implementata attraverso un sistema di consigli di comunità locali e assemblee regionali, elette direttamente o attraverso le sezioni locali delle Ong e della Comunità su Base locale, aveva parlato Harry Lerner nel 1983.

Il dibattito sulla reale efficacia delle Nazioni Unite e di una eventuale riforma si tiene da una lunga data, e anche lo stesso Ban Ki Moon ha presentato una sua reform agenda, sebbene si parli spesso di aspetti particolari, più che di aspetti generali. Presentando l’enciclica Caritas in veritate, Stefano Zamagni, di fronte alle obiezioni su una eventuale riforma dell’Onu, replicò che “il Papa non dice niente di nuovo. Nel 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale, a Bretton Woods, si radunano i capi di Stato, molto probabilmente più saggi di quelli che ci sono ora, e ridisegnano le regole del gioco economico internazionale. Come mai nel 1944, in una situazione di devastazione, di miseria crescente, si è trovato il modo di ridisegnare l’architettura finanziaria ed economica ed oggi questo non si può fare? È quello che propone il Papa. Abbiamo già presentato una proposta, ma è ancora nei cassetti, per creare una nuova assemblea delle Nazioni Unite, perché l’attuale non basta, con rappresentanti delle cooperative, della società civile, delle Chiese. E poi, bisogna istituire un Consiglio di Sicurezza Economico Sociale. Come l’attuale consiglio di sicurezza interviene quando un Paese minaccia di buttare una bomba, bisogna che ci sia un consiglio di sicurezza che quando degli speculatori decidono di fare dei derivati sul riso e sul grano abbia il potere di impedirlo”.

Toso ha difeso l’idea dell’Autorità Mondiale a Competenza universali, che non serve – ha sottolineato – “a promuovere un nuovo statalismo, ma a garantire l’attuazione dei sistemi economici trasparenti, liberi, stabili e democratici nel servizio dell’economia reale e lo sviluppo integrale dei popoli. Da qui viene l’urgenza della riforma delle Nazioni Unite e di tutte le istituzioni internazionali per evitare la spirale della speculazione. Il caso della Grecia e dei rimedi proposti attualmente getta un’ombra forte delle nostre democrazie”. E la risposta Europea – afferma Toso – dovrebbe essere più di unità, e non affidata solamente ad alcuni Stati.

“Oggi mi sembra – afferma il segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace – che la finanza internazionale abbia più visione globale degli Stati, della politica. Mentre noi ci affanniamo anche solo a pensare o discutere ad una autorità mondiale, la finanza ha già creato una struttura internazionale che agisce al di sopra delle parti e decide per tutti”.

E forse – parlando di Europa, ma allargando poi la riflessione a tutto il mondo – sarebbe il caso di guardare indietro al Trattato di Roma del 1967, che costituì l’Europa: lì l’enfasi è sullo sviluppo, nel trattato di Maastricht – che ha poi definito l’architettura dell’Unione – l’enfasi è sul mercato. Nel trattato di Roma c’è il richiamo forte alla sussidiarietà (introdotta nella Quadragesimo Anno di Pio XI), e la Comunità Europea aveva l’obiettivo di aiutare gli Stati a rimanere nel sistema Economico Europeo, oggi il profilo dell’Unione Europea (che prevede anche il sistema delle multe e le procedure di infrazione) appare diverso.

Ma, mentre il vescovo Toso spiegava ancora una volta le riflessioni del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, il viceministro per l’Economia Vittorio Grilli – che partecipava con lui alla tavola rotonda – metteva in luce il grande ruolo che hanno avuto i G7, che poi sono diventati G8; poi G20 e che “non sono mai realmente in venti, perché gli Stati invitano sempre, anche fuori dall’ufficialità, altre nazioni che potrebbero essere interessate dai provvedimenti”. Si tratta, però, di inviti a consessi internazionali, e non di reale rappresentatività degli Stati.

La linea della Santa Sede e quella dello Stato italiano, così, appaiono in qualche modo opposte. E, mentre nei corridoi vaticani si cerca di rileggere il Trattato di Roma – e un accenno ai padri cristiani d’Europa lo ha fatto Benedetto XVI nel tradizionale incontro di inizio anno con gli ambasciatori – Monti, quando venne in visita da Benedetto XVI, portò in dono il suo libro “Del governo dell’economia e della moneta”. Un libro le cui idee furono tra i capisaldi del Trattato di Maastricht e l’attuale architettura europea. E nel frattempo c’è un nuovo Leviatano. Non è rappresentata dal governo, ma dalla finanza internazionale, come ha affermato recentemente monsignor Toso durante una delle presentazioni delle riflessioni di Giustizia e Pace riforma del sistema monetario internazionale.

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