Santa Sede: puntando al disarmo integrale

Condividi su...

L’obiettivo finale è il disarmo integrale. Il modo per raggiungerlo è lo sviluppo umano integrale. E il peso diplomatico è un mezzo necessario perché tutti gli Stati siano consapevoli della necessità di raggiungere lo sviluppo umano integrale, ed una politica internazionale multilaterale e improntata sul bene comune. C’è tutto questo nell’intervento di mons. Francis Chullikat, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, che ha parlato di fronte alla IV sessione del Comitato Preparatorio per la Conferenza dell’Onu sul tratta sul Commercio delle Armi. Il fatto che la Santa Sede è Osservatore Permanente, e non Stato membro, presso le Nazioni Unite è dovuto proprio alla partecipazione a queste sessioni. Come Stato membro, sarebbe costretta ad esprimersi con un voto, e quel voto potrebbe essere politicamente strumentalizzato. Come Osservatore, mantiene un ruolo super partes, e allo stesso tempo può esercitare un considerevole impatto diplomatico. Sono cinque i punti su cui si concentra Chullikat.

Si comincia con il campo di applicazione dell’Att (Arm Trade Treaty), che la Santa Sede chiede sia ampliato. Non solo le sette tipologie di armi considerate dal Registro Onu delle armi convenzionali, ma anche le armi leggere e di piccolo calibro e le relative munizioni. Il motivo immediato è che queste hanno maggiore facilità ad entrare nel mercato illecito delle armi. Poi, la richiesta che i criteri di applicazione del Trattato mantengano riferimenti ai diritti umani, al diritto umanitario e allo sviluppo. Perché è lì che sussiste e si rafforza il mercato illecito delle armi. C’è bisogno, però – ammonisce Chullikat – di “individuare un linguaggio che limiti le possibilità soggettive di abuso politico e faciliti l’individuazione delle modalità di applicazione di tali criteri”.

Ma c’è anche la necessità di fare un Trattato che sappia promuovere e rafforzare la cooperazione e l’assistenza internazionale tra gli Stati; che contenga disposizione all’assistenza delle vittime, che “devono essere mantenute e, se possibile, rafforzate, ponendo attenzione alla prevenzione e alla proliferazione illecita delle armi, attraverso la riduzione della domanda di armi”. Addirittura, la Santa Sede chiede di introdurre nel Trattato riferimenti a “processi educativi e programmi di coscientizzazione”, che coinvolgano tutti i settori della società. E infine, la necessità di avere meccanismi di revisione e aggiornamento “forti e credibili, capaci di incorporare in tempi rapidi i nuovi sviluppi nel campo oggetto dell’ATT, il quale deve essere aperto alle possibili future evoluzioni tecnologiche”.

Sono cinque punti che rappresentano un programma ben definito. Da una parte, la necessità di diminuire la domanda nel mercato delle armi, favorendo i processi di pace e l’educazione, e ovviamente questo prevede una maggiore attenzione verso lo sviluppo dei popoli (“Il nuovo nome della pace è sviluppo”, aveva detto Paolo VI nella Populorum Progressio già ne 1967) e una diplomazia il più multilaterale possibile, che consideri le necessità di tutti i Paesi, anche i più piccoli (più volte la Santa Sede si è pronunciata in maniera critica contro le assise dei Grandi – G8, G20 – e a favore di una riforma delle Nazioni Unite); dall’altra, proprio per tutelare i Paesi più poveri, la richiesta di configurare il trattato sul Commercio delle Armi in maniera tale che tutti i tipi di armi (non solo il gruppo ristretto considerato nel Registro delle Nazioni Unite) siano tutelate dal commercio illecito. Un commercio che, in caso di guerra, andrebbe a tutto favore dei Paesi più ricchi, e a detrimento dei Paesi più poveri. A luglio ci sarà la stesura finale del Trattato delle Armi, e lì si vedrà quale impatto è riuscita ad esercitare la Santa Sede con le proprie proposte.

Per ora, la Santa Sede ha portato avanti una lotta quasi solitaria sull’ampliamento del Trattato al di fuori delle sette tipologie previste dal Registro delle Armi dell’Onu, anche se recentemente ha avuto l’appoggio del Regno Unito – al termine degli incontri con la delegazione diplomatica inviata dal governo Cameron per celebrare i 30 anni di rapporti diplomatici. L’obiettivo finale è ovviamente il disarmo integrale. Anche se comunque – come disse Benedetto XVI in un messaggio inviato a un conferenza sul disarmo sponsorizzata dal Vaticano nel 2008 – la Chiesa riconosce che “gli Stati necessitano di essere armati per questioni di legittima difesa”:

 

151.11.48.50