Pasinya:la Chiesa deve combattere menzogna e inganno
Nel corso delle meditazioni degli Esercizi Spirituali di Quaresima ai quali in questi giorni partecipano il Santo Padre e la Curia Romana, il Cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, Arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo, ha trattato il tema: “La comunione del cristiano con Dio”. Partendo dal segno della Croce, il Cardinale ha presentato le sue riflessioni su Dio, come vita, luce, verità, misericordia e guida amorosa, e si è poi soffermato sull’amore del mondo, la mancanza di fede in Gesù e il peccato del sacerdote. Il segno della croce è molto più di un’abitudine, è un atto con il quale “aggiungiamo a ogni azione lo splendore della coscienza, il dinamismo della libertà”.
È un segno che significa “sacrificio per amore: è la morte per la risurrezione. Questo implica anche rinunciare alla vanità, al prestigio, alla brama di possedere o di dominare, per consacrare la propria opera a Cristo”. Nel contesto delle meditazioni su Dio come via, verità e vita, il Cardinale Monsengwo Pasinya ha fatto riferimento ad alcuni dei fenomeni più drammatici che caratterizzano il nostro tempo: guerre, corsa agli armamenti, genocidi, violenza politica, aborto e ogni forma di strumentalizzazione dell’uomo ed ha invitato a non rimanere indifferenti “di fronte alla repressione e allo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, a non abbassare la guardia, anche se il mistero del peccato sembra superarci”. “Occorre camminare nella luce, ossia decidersi ad abbandonare il peccato e a lasciare trasformare la propria vita dalla verità attraverso un cammino di conversione sempre rinnovata”.
La comprensione di Dio come verità interpella soprattutto “coloro che non hanno più coscienza del loro peccati, quelli che hanno perduto il senso del peccato perché non si pongono più il problema di Dio”, come pure coloro che “non hanno più criteri di moralità, che confondono il bene e il male. Una tendenza, questa, che il cardinale ha messo in relazione con l”indifferentismo religioso che afferma che tutte le religioni sono valide, ma in realtà, vuole una morale facile'”. Il Cardinale ha ammesso che anche il sacerdote non è esente da tali errori “nella misura in cui l’aridità spirituale lo conduce spesso agli stessi difetti. Il ministero sacerdotale si trasforma allora in funzionamento, senza un vero senso di Dio”. Nella meditazione successiva, il Cardinale Monsengwo Pasinya ha offerto come esempio il caso emblematico degli apostoli Pietro e Giuda. Il primo, di animo generoso, “è caduto perché è stato temerario e si è esposto da vicino al pericolo.
Ma subito, abbandona il luogo della sua caduta e piange amaramente il suo peccato. Da qui, una lezione per tutti i sacerdoti: ‘La nostra generosità non ci mette al riparo dal peccato. Occorre prendere delle misure di prudenza ed evitare la temerarietà esponendosi alle cadute. In ogni situazione, qualunque cosa succeda, il Signore è sempre al nostro fianco. La più grande ingiuria che possiamo fargli è di dubitare della sua misericordia, come Giuda”. “Vivere nella verità – ha sottolineato il Porporato – è vivere secondo le beatitudini. È ripudiare le menzogne nelle nostre parole e nelle nostre azioni. È rigettare l’ipocrisia che ci spinge ad apparire diversamente da come siamo”. Anche la Chiesa deve combattere contro la menzogna e l’inganno al suo interno e nel mondo “affinché la verità del Vangelo di Cristo sia conosciuta e vissuta”.
Fonte: VIS