Papa Francesco invita ad imitare il curato d’Ars

Nell’Angelus della prima domenica di agosto papa Francesco ha ricordato che la ricchezza mal utilizzata allontana da Dio: “La conclusione della parabola, formulata dall’evangelista, è di singolare efficacia: ‘Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio’.
E’ un ammonimento che rivela l’orizzonte verso cui tutti noi siamo chiamati a guardare. I beni materiali sono necessari, sono beni!, ma sono un mezzo per vivere onestamente e nella condivisone con i più bisognosi. Gesù oggi ci invita a considerare che le ricchezze possono incatenare il cuore e distoglierlo dal vero tesoro che è nei cieli”.
La parabola racconta invece un altro stile di vita: “Si tratta di tendere ad una vita realizzata non secondo lo stile mondano, bensì secondo lo stile evangelico: amare Dio con tutto il nostro essere, e amare il prossimo come lo ha amato Gesù, cioè nel servizio e nel dono di sé. La cupidigia dei beni, la voglia di avere beni, non sazia il cuore, anzi provoca di più fame!.. Tante guerre incominciano per la cupidigia”.
Uno stile di vita che il santo curato d’Ars ha vissuto: “160 anni fa, come oggi, moriva il santo curato d’Ars, modello di bontà e di carità per tutti i sacerdoti. In questa significativa ricorrenza, ho voluto inviare una Lettera ai sacerdoti di tutto il mondo, per incoraggiarli nella fedeltà alla missione alla quale il Signore li ha chiamati. La testimonianza di questo parroco umile e totalmente dedito al suo popolo, aiuti a riscoprire la bellezza e l’importanza del sacerdozio ministeriale nella società contemporanea”.
Infatti per tale ricorrenza il papa ha indirizzato una lettera ai sacerdoti: “A voi che, come il Curato d’Ars, lavorate in ‘trincea’, portate sulle vostre spalle il peso del giorno e del caldo e, esposti a innumerevoli situazioni, ‘ci mettete la faccia’ quotidianamente e senza darvi troppa importanza, affinché il Popolo di Dio sia curato e accompagnato.
Mi rivolgo a ciascuno di voi che, in tante occasioni, in maniera inosservata e sacrificata, nella stanchezza o nella fatica, nella malattia o nella desolazione, assumete la missione come un servizio a Dio e al suo popolo e, pur con tutte le difficoltà del cammino, scrivete le pagine più belle della vita sacerdotale”.
Nella lettera esprime dolore per tutti quei casi che il sacerdote ha tradito la propria missione: “Negli ultimi tempi abbiamo potuto sentire più chiaramente il grido, spesso silenzioso e costretto al silenzio, dei nostri fratelli, vittime di abusi di potere, di coscienza e sessuali da parte di ministri ordinati. Indubbiamente, è un tempo di sofferenza nella vita delle vittime che hanno subìto diverse forme di abuso; anche per le loro famiglie e per tutto il Popolo di Dio… Neanche questo dolore è indifferente ai presbiteri.
Questo l’ho potuto constatare nelle diverse visite pastorali sia nella mia diocesi che in altre, dove ho avuto l’opportunità di tenere incontri e colloqui personali con i sacerdoti… Numerose sono le lettere di sacerdoti che condividono questo sentimento. D’altra parte, è consolante trovare dei pastori che, quando vedono e conoscono la sofferenza delle vittime e del Popolo di Dio, si mobilitano, cercano parole e percorsi di speranza”.
Però al contempo ha espresso gratitudine: “La gratitudine è sempre un’ ‘arma potente’. Solo se siamo in grado di contemplare e ringraziare concretamente per tutti i gesti di amore, generosità, solidarietà e fiducia, così come di perdono, pazienza, sopportazione e compassione con cui siamo stati trattati, lasceremo che lo Spirito ci doni quell’aria fresca in grado di rinnovare (e non rattoppare) la nostra vita e missione…
Fratelli, grazie per la vostra fedeltà agli impegni assunti. E’ veramente significativo che, in una società e in una cultura che ha trasformato ‘il gassoso’ in valore ci siano delle persone che scommettano e cerchino di assumere impegni che esigono tutta la vita.
Sostanzialmente stiamo dicendo che continuiamo a credere in Dio che non ha mai rotto la sua alleanza, anche quando noi l’abbiamo infranta innumerevoli volte. Questo ci invita a celebrare la fedeltà di Dio che non smette di fidarsi, credere e scommettere nonostante i nostri limiti e peccati, e ci invita a fare lo stesso”.
E li ha invitati al coraggio: “Per mantenere il cuore coraggioso è necessario non trascurare questi due legami costitutivi della nostra identità: il primo, con Gesù. Ogni volta che ci sleghiamo da Gesù o trascuriamo la nostra relazione con Lui, a poco a poco il nostro impegno si inaridisce e le nostre lampade rimangono senza l’olio in grado di illuminare la vita.
In questo senso, vorrei incoraggiarvi a non trascurare l’accompagnamento spirituale, avendo un fratello con cui parlare, confrontarsi, discutere e discernere in piena fiducia e trasparenza il proprio cammino; un fratello sapiente con cui fare l’esperienza di sapersi discepoli. Cercatelo, trovatelo e godete la gioia di lasciarvi curare, accompagnare e consigliare”.
Li ha quindi invitati a non separarsi dal popolo: “L’altro legame costitutivo: aumentate e nutrite il vincolo con il vostro popolo. Non isolatevi dalla vostra gente e dai presbiteri o dalle comunità. Ancora meno non rinchiudetevi in gruppi chiusi ed elitari. Questo, alla fine, soffoca e avvelena lo spirito.
Un ministro coraggioso è un ministro sempre in uscita… Gesù stesso è il modello di questa scelta evangelizzatrice che ci introduce nel cuore del popolo. Quanto bene ci fa vederlo vicino a tutti! Il donarsi di Gesù sulla croce non è altro che il culmine di questo stile evangelizzatore che ha contrassegnato tutta la sua esistenza”.
Ed infine un consiglio a lodare Dio come Maria: “Se qualche volta ci sentiamo tentati di isolarci e rinchiuderci in noi stessi e nei nostri progetti proteggendoci dalle vie sempre polverose della storia, o se lamenti, proteste, critiche o ironia si impadroniscono del nostro agire senza voglia di combattere, di aspettare e di amare… guardiamo a Maria affinché purifichi i nostri occhi da ogni ‘pagliuzza’ che potrebbe impedirci di essere attenti e svegli per contemplare e celebrare Cristo che vive in mezzo al suo Popolo”.