Siria: 500 bambini morti e assalto ai cristiani

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Secondo le stime fornite dall’Onu, in Siria la repressione delle rivolte contro il regime del presidente Bashar al-Assad ha causato oltre 7.500 morti in poco meno di un anno. Intanto il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che condanna “le continue e sistematiche violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle autorità siriane”. La risoluzione esprime anche “forte preoccupazione per la situazione umanitaria” proposta dalla Turchia e approvata a Ginevra con 37 voti a favore, tre contrari (Russia, Cina e Cuba) e tre astensioni. Il documento chiede inoltre al governo siriano di porre fine alle violenze e consentire l’accesso libero e senza impedimenti alle Nazioni Unite e alle agenzie per gli aiuti umanitari ai civili colpiti dalle violenze, impegnandosi a rispettare ‘la sovranità, l’indipendenza e l’unità territoriale’ della Siria.

 

 

E della drammatica situazione siriana e dell’uccisione dei bambini ne ha parlato in una intervista a Radio Vaticana il nunzio a Damasco, monsignor Mario Zenari: “L’Unicef parla ormai di 500 bambini morti. Qualche giorno fa leggevo una notizia di un piccolo bebè, di soli 10 mesi, che era stato preso con tutta la sua famiglia, se non erro di 17 persone, in una città vicino a Homs: tutta la famiglia è stata messa al muro e mitragliata, compreso questo bebè di 10 mesi. Qualche giorno prima avevo letto un’altra storia, ancora molto triste: una bambina che partecipava al funerale di un’altra bambina falciata da colpi di arma da fuoco. A Homs c’è una grave crisi umanitaria: scarseggiano i viveri di prima necessità, scarseggiano le medicine, è difficile soccorrere e curare i feriti, seppellire i morti. Inoltre ci sono le sofferenze di tutta la popolazione in questo Paese. Si parla ormai di migliaia e migliaia di sfollati, di gente che vive naturalmente con grave difficoltà per scarsità di generi di prima necessità”.

Ha quindi invocato l’intervento della comunità internazionale per non lasciare cadere la possibilità di dialogo per arrivare alla cessazione delle ostilità e permettere alle istituzioni umanitarie di portare soccorso. Ugualmente della difficile situazione siriana ha parlato telefonicamente in un incontro organizzato domenica scorsa dalla rivista dei Gesuiti, ‘Popoli’, padre Paolo Dall’Oglio, fondatore e superiore della comunità monastica che da anni nel monastero siriano di Deir Mar Musa è attiva nel dialogo tra cristiani e musulmani, insieme a Jihad Youssef, religioso siriano in Italia per gli studi teologici, don Luciano Pozzi, parroco milanese e amico della comunità di Deir Mar Musa, e Francesco Pistocchini, redattore di Popoli.

Padre Dall’Oglio ha parlato dell’aggressione siriana nei confronti dei religiosi cristiani: “Dicevano di cercare denaro, armi e il superiore della comunità. Denaro ce n’era poco, armi nessuna e il sottoscritto non lo hanno trovato perché ero a Damasco. Gli aggressori erano una trentina, a viso coperto, tranne uno, sono arrivati mercoledì con diversi automezzi, entrando alle spalle dell’edificio e sorprendendo la comunità di monaci e monache che erano in preghiera o al lavoro, come sempre anche durante questi mesi di violenze nel Paese. Di denaro certamente ce n’è poco, visto che facciamo voto di povertà.

Oltretutto turisti e pellegrini in questo momento non ci sono e il poco che abbiamo serve a noi e ad alcune famiglie che lavorano con noi per sopravvivere. Armi ovviamente non c’erano… Uno degli aggressori ha fatto lunghe riprese con un cellulare, hanno voluto perlustrare le stanze e la chiesa. È stato uno shock, ma certamente è andata bene, perché non è stata fatta violenza a nessuno. Ora la comunità sta facendo l’esercizio sofferto di ritrovare la via del dialogo, che è il significato della nostra presenza”.  Comunque il monastero non ha smesso di essere un luogo aperto a quelli che soffrono e per qualche giorno ha ospitato alcune famiglie fuggite dai bombardamenti a Homs. Resta forte l’inquietudine per un fatto poco chiaro, dato che non si conosce l’identità degli aggressori.

Inoltre nei giorni scorsi la Comunità di Sant’Egidio ha organizzato un convegno sulla ‘primavera araba, verso un partito nazionale’, nel quale il custode della Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, ha sottolineato, intervistato dall’agenzia Misna, che “il problema della Siria non è più solo nazionale, ma coinvolge tutti i paesi della regione. Quello che auspico è una comunità internazionale meno cinica, che agisca in base all’interesse dei civili e non al tornaconto politico e strategico… In Siria la situazione è complessa e anche nelle città in cui l’eco degli scontri è lontana, come Damasco e Aleppo, la crisi è palpabile. Attività commerciali e turistiche sono chiuse o comunque ridotte all’osso a causa della situazione economica che attraversa una fase molto delicata”.

Ed un rapporto della commissione speciale del Consiglio ONU dei diritti umani ha sottolineato che in Siria sia le forze governative che quelle ribelli si stanno macchiando di crimini e violazioni: le violazioni dei ribelli sono di gran lunga inferiori per numero a quelle commesse dall’esercito, ma esplicita un fatto su cui poco o per nulla si soffermano i media occidentali ovvero che l’opposizione dispone di combattenti e di armi. Infine da Homs, da settimane sotto i bombardamenti dell’esercito siriano, è arrivata la notizia di un’offensiva di terra da parte dei militari; secondo la televisione ‘Al Jazira’, le truppe governative siriane avrebbero avviato un’offensiva di terra in alcuni quartieri della città.

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