F-35: sabato 25 febbraio le associazioni in piazza

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Nel mese di febbraio è iniziata la mobilitazione contro l’acquisto dei 131 F-35 da parte dello Stato.  La Campagna, sostenuta da Acli, Tavola della Pace, Sbilanciamoci, Unimondo, Controllarmi, ha contestato fin dall’inizio l’acquisto: “Mentre con le due manovre economiche estive, per pareggiare i conti dello Stato, si chiedono forti sacrifici agli italiani  con tagli agli enti locali, alla sanità, alle pensioni, all’istruzione, il Governo mantiene l’intenzione di procedere all’acquisto di 131 cacciabombardieri d’attacco F35 ‘Joint Strike Fighter’ al costo di circa 20 miliardi di euro (15 per il solo acquisto e altri 5 in parte già spesi per lo sviluppo e le strutture di assemblaggio)”.

 

La pressione ha provocato un ripensamento da parte del ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola: “Oggi ci sono 183.000 militari e 30.000 civili: per orientare lo strumento, dovremmo progressivamente scendere verso 150.000 militari e 20.000 civili, con una riduzione di 43.000 unità… La riduzione degli effettivi della Difesa è un percorso doloroso ma inevitabile. Occorre ridurre le strutture e attraverso un sostanziale dimagrimento, ottenere una migliore efficacia dell’operatività. L’obiettivo è ridurre le strutture del 30% in 5-6 anni”. Il ministro ha anche confermato il taglio negli acquisti dei caccia F-35, che verranno ridotti da 131 a 90 velivoli, con una riduzione del 40% rispetto alla commessa originaria. Ma la ‘battaglia’ non è terminata: le associazioni invitano alla partecipazione nelle manifestazioni organizzate nelle piazze italiane sabato 25 febbraio, per dire no agli F-35 e sì a una cultura nonviolenta e della pace.

 

Il presidente nazionale delle Acli, Andrea Olivero, ha commentato il ridimensionamento delle spese militari: “Non è solo una questione di risparmi e di efficienza. Quello che auspichiamo, e che purtroppo non vediamo, è un generale ripensamento della nostra politica di Difesa, non una semplice riorganizzazione del comparto militare. Comunque meglio di niente, si potrebbe dire. Ma resta assolutamente discutibile la scelta di investire una cifra che resta considerevole in veicoli militari per missioni d’attacco. L’attenzione alla spesa e agli equilibri economici è un segnale certo apprezzabile e comprensibile da parte di un governo ‘tecnico’. Ma resta l’impressione, in assenza di altri segnali, che l’unica politica industriale del nostro Paese sia quella militare. Mentre è tempo di riconvertire i nostri impianti industriali alla luce di un nuovo modello di sviluppo.

Le Acli propongono un modello di difesa diverso, che investa meno sulle armi e più sulla difesa del territorio, sulla protezione civile, sulla cooperazione internazionale, sul servizio civile. Perché la difesa della Patria deve diventare sempre di più la difesa delle fasce sociali più deboli e la messa in sicurezza del nostro territorio”. Anche Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace, ha commentato con un ‘finalmente’ la decisione, con la speranza che ci si avvii su un concetto diverso di ‘difesa’: “Per anni abbiamo chiesto che le spese militari fossero trattate alla pari di tutte le altre spese dello stato senza che nessuno ci desse ascolto. E oggi finalmente è accaduto. Come del resto accade in tutti gli altri paesi democratici. Da noi è un evento! Tagliare si può! Dunque, tagliare si può! Le spese militari non sono intoccabili. Si possono tagliare senza compromettere la sicurezza del nostro paese. Per anni ci hanno detto il contrario accusandoci di essere degli irresponsabili, degli incoscienti, dei sognatori. E così hanno sprecato una montagna di soldi. Qualcuno, un giorno, gli dovrà presentare il conto”.

Il presidente del coordinamento Solidarietà e Cooperazione Cipsi, Guido Barbera, ha segnalato questa notizia positivamente, anche se non è sufficiente: “Il taglio da 131 a 90 nell’acquisto dei cacciabombardieri F-35, unitamente alla riduzione di 33.000 posti militari e 10.000 civili nella Difesa italiana, sono segnali positivi ma non ci bastano! Il governo, in questa situazione di grave crisi del nostro Paese, non ha giustamente avuto il coraggio di rischiare impegni per la candidatura alle Olimpiadi di Roma, ma non ha neppure il coraggio di dare un taglio netto e completo a inutili spesi per l’acquisto degli F-35. Non ci basta ‘il regalino’ per stare bravi! Un po’ di fumo negli occhi non fermerà la voce di tante associazioni e di quella parte della società civile che si è mobilitata, in queste settimane, per contrastare questa commessa tanto costosa, quanto inutile…

Il risparmio economico che consegue ai tagli previsti dal ministero della Difesa, è sicuramente importante in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo. Ma non è di certo sufficiente di fronte ai sacrifici chiesti dal governo agli italiani!”. Per questo, aggiunge il presidente di Cipsi, “torniamo a chiedere di cancellare completamente l’acquisto degli F-35 e riallocare i soldi previsti in altre spese e attività. Ad esempio, finanziando il servizio civile nazionale per i giovani, o iniziative di cooperazione internazionale e di integrazione sociale per i migranti e le minoranze. O ancora, prevedendo forme di tutela dell’occupazione e del lavoro. Prendiamo esempio dalle donne africane. In Liberia, Paese della presidentessa Sirleaf, premio Nobel della Pace 2011, gli stanziamenti per la difesa sono pari all’1% del Pil. Gli stanziamenti per l’istruzione sono del 3%!”.

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