7° anniversario della morte di don Luigi Giussani, si apre il processo di beatificazione

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In occasione del 7° anniversario della morte di don Luigi Giussani (22 febbraio 2005) e del 30° del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione, si stanno celebrando Messe presiedute da Cardinali e Vescovi in centinaia di città italiane e in tutto il mondo, secondo questa intenzione: “Nel XXX Anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione chiediamo al Signore che la gratitudine per l’incontro con il carisma di don Giussani diventi ogni giorno rinnovata responsabilità per il Destino nostro e di tutti i fratelli uomini nella irriducibile fedeltà alla Chiesa dentro le vicende liete e drammatiche della storia. Per questo preghiamo in modo particolare per il Santo Padre, invocando su di lui il conforto dello Spirito Santo in questo momento di grave confusione”.  Ma soprattutto sarà il giorno dell’ apertura della fase diocesana del processo di beatificazione. La notizia doveva uscire domani, ma una svista nella pubblicazione on line ha anticipato quello che molti attendevano.

L’elenco completo è consultabile sul sito www.clonline.org. Tra gli appuntamenti italiani, la messa a Genova presieduta dal card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, mercoledì 22 febbraio (ore 21, chiesa di Santa Marta); la messa nel duomo di Milano presieduta dal cardinale arcivescovo Angelo Scola, lo stesso giorno e alla stessa ora; la messa presieduta dal card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato, nella Basilica di S. Pietro, domenica 4 marzo alle ore 18.

 

 

Durante l’incontro di inizio anno del movimento don Julián Carrón, presidente della Fraternità di CL, ha parlato dell’attualità della proposta di don Giussani, contenuta nel libro ‘All’origine della pretesa cristiana’: “Conoscendo don Giussani, vidi che la mia umanità veniva ascoltata e sfidata continuamente. E che la fede può incidere sulla vita. Che don Giussani sia ben consapevole dei requisiti necessari perché avvenga questa corrispondenza emerge già dal primo paragrafo del libro, che per noi contiene tutta quanta la genialità metodologica della sua impostazione.

Non sarebbe possibile rendersi conto pienamente di che cosa voglia dire Gesù Cristo se prima non ci si rendesse ben conto della natura di quel dinamismo che rende uomo l’uomo. Cristo infatti si pone come risposta a ciò che sono ‘io’ e solo una presa di coscienza attenta e anche tenera e appassionata di me stesso mi può spalancare e disporre a riconoscere, ad ammirare, a ringraziare, a vivere Cristo.

‘Senza questa coscienza [di ciò che sono] anche quello di Gesù Cristo diviene un puro nome’. Perché l’uomo possa rendersi conto pienamente, dunque, di che cosa vuol dire Gesù Cristo, occorre che ciascuno di noi sia davanti a Lui con tutto il proprio umano. Senza questa umanità, senza questa coscienza attenta, tenera e appassionata di me stesso, non mi sarà possibile riconoscere Cristo. La ragione è molto semplice: Cristo si pone come risposta a ciò che sono io; perciò, senza coscienza di me stesso anche quello di Gesù Cristo finisce per diventare puro nome.

È difficile trovare una valorizzazione della persona maggiore di quella operata dal cristianesimo. Cristo non intende entrare di nascosto, quasi approfittando di una distrazione, nella vita della persona: Egli vuole entrare nella vita dell’uomo dalla porta principale, passando cioè attraverso la sua umanità, un umano pienamente consapevole, fatto di ragione e libertà.

Cristo si sottopone alla verifica del criterio nativo dell’uomo: il cuore. Senza questo paragone non vi è esperienza cristiana, né il cristianesimo avrebbe alcuna possibilità di successo… Con la consueta genialità, don Giussani ci fa presenti due attenzioni di metodo che sono preziosissime per raggiungere una certezza esistenziale sul Mistero entrato a far parte della storia: la prima si riferisce al fatto che «io sono tanto più abilitato ad aver certezza su di un altro, quanto più sto attento alla sua vita, cioè condivido la sua vita.

La necessaria sintonia con l’oggetto che si vuole arrivare a conoscere è una disposizione viva che si costruisce nel tempo, nella convivenza… Il secondo elemento che don Giussani ci invita a considerare riguarda il fatto che, ‘quanto più uno è potentemente uomo, tanto più è capace di raggiungere certezze sull’altro da pochi indizi.

Questo è propriamente il genio dell’umano’. Anche questa intelligenza del minimo indizio, benché l’uomo a un livello fondamentale ne disponga naturalmente per sopravvivere, ha bisogno di tempo e spazio, perché arrivi ad essere evoluta. E’ questa dote che la ‘pretesa di Gesù’ richiede per poter essere compresa. Il moltiplicarsi dei segni riguardo alla sua persona conduce alla ragionevole conclusione che di Lui mi posso fidare”.

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