L’intramontabile fascino di Jane

Ci sono libri – e naturalmente autori – che possiedono il raro dono di alleggerire il cuore, senza essere sciocchi, fatui, vaghi. Anzi. Una maestra indiscussa del genere è naturalmente Jane Austen, che comunque era e rimane una scrittrice di inarrivabile talento, i cui romanzi riescono ad avvincere le smaliziate ragazze e donne dei nostri tempi, esattamente come succedeva nell’Ottocento. Conta schiere di devoti ammiratori, addirittura dei fan club; viene indicata persino come “cura antidepressiva” ed è stata l’ispiratrice di una infinita scia di autori, anche al cinema e a teatro: le deve moltissimo, mentre la grandissima scrittrice di gialli P.D.James si è appena cimentata in un romanzo in cui l’eroina della Austen nella sua opera più conosciuta, ossia quella simpatica e volitiva Elisabeth Bennet capace di ridurre ai propri piedi l’ostinato e altezzoso Mr Darcy, deve risolvere un vero e proprio caso poliziesco. Il libro, non ancora tradotto in Italia, si intitola, La morte arriva a Pemberley, già diventato un caso editoriale. Il segreto? Trame sentimentali, eterni dilemmi sulle vicende d’amore, l’impossibilità, per le donne, di decidere del tutto liberamente del proprio destino, una minuziosa descrizione di ambienti e personaggi. E una scrittura lieve ma incisiva, brillante e pervasa da un sttile sense of humor, molto britannico, chiaramente.
Scendendo nei decenni si arriva ad Elisabeth Von Arnim, che presenta caratteristiche molto simili. I tempi sono decisamente cambiati, ma in fondo le tematiche rimangono le stesse: l’amore e i suoi fraintendimenti, la condizione femminile, che nel frattempo si sta avviando a diventare una questione sociale e politica, la voglia di fuggire e cercare una dimensione idilliaca della vita. La Von Arnim ebbe una vita piuttosto complicata: nacque in Australia, nel 1866, in una famiglia della borghesia coloniale inglese di Sydney. Una sua cugina, Kathleen Beauchamp, diverrà anch’essa grandissima scrittrice con lo pseudonimo di Katherine Mansfield. Nel 1891 sposò il conte tedesco Henning August von Arnim-Schlagenthin, figlio adottivo di Cosima Wagner. Il matrimonio avvenne a Londra; i coniugi vissero dapprima a Berlino e successivamente nella residenza della famiglia Arnim a Nassenheide, in Pomerania (oggi Rzędziny, Polonia). Dalla nozze nacquero cinque figli: quattro bambine e un maschio. Il matrimonio non fu tuttavia molto felice soprattutto per incompatibilità di carattere con il marito, sia per difficoltà finanziarie conseguenti all’incarceramento del marito per truffa. Un’ombra calò sulla sua vita con la morte di una figlia.
La carriera di scrittrice iniziò con la pubblicazione nel 1899 di un’opera semi-autobiografica anonima in cui “l’io scrivente” si chiamava Elizabeth. Il romanzo ebbe immediatamente successo. E poi seguirono “Un’estate da sola” e “Elisabeth a Rugen”. Ma il suo romanzo forse più conosciuto è stato “Un incantevole aprile”. Dopo essere rimasta vedova nel 1910, sposò in seconde nozze nel 1916 il duca John Francis Stanley Russell, fratello maggiore di Bertrand Russell. Anche questo matrimonio fu poco fortunato: i due coniugi si separarono nel 1919, anche se non divorziarono mai, ed Elizabeth si trasferì negli Stati Uniti, dove rimase fino alla morte, avvenuta nel 1941. è una storia deliziosa che racconta il “ritorno alla vita” di alcune donne inglesi, imprigionate nel grigiore della quotidianità e senza amore, che passano un periodo di vacanza in una bella villa in affitto in Liguria.
Però i libri che preferiamo sono proprio i primi, quelli a sfondo autobiografico, in cui Elisabeth racconta se stessa e la sua vita – almeno appartenente – felice nella sperduta Pomerania, persa nella bellezza del suo giardino, che ama appassionatamente. Il suo piccolo paradiso personale in cui è possibile divagare felicemente sul senso dell’esistenza, della gioia nascosta in piccole cose e incontri quotidiani, che la lascia libera di coltivare sogni e fantasticherie, prima che il destino diventi triste e ricolmo di ombre.