La Cina è vicina?

Sono affacciato su una strada trafficata della mia Macao. Sotto di me una umanita’ varia si affanna a varie cure, molto terrene. Non so perche’, ma in questo momento il mio pensiero comincia pericolosamente a vagare. Dico pericolosamente, in quanto mette in dubbio idee date per accettate dal “pensiero globale”, e per esperienza personale so che questo puo’ soltanto causarmi problemi. Questa volta comincio a riflettere sulla percezione che si ah dell’”altro”: mi vengono in mente le idee che la gente ha di qua e di la’ (intendo nel mondo occidentale) su come vanno le cose degli altri (intendo oriente ed occidente, insomma). Talvolta, mi sto rendendo sempre piu’ conto, le cose non stanno esattamente come la vulgate (qui o la’) ce le insegna. Oppure, per meglio dire, la prospettiva che ci viene presentata fatalmente distorce la realta’ significata. La realta’ significata viene rappresentata attraverso un segno che fatalmente ne svia (anche se abilmente) una comprensione piu’ accurata e, forse, piu’ vera. Quando vado in Cina continentale mi rendo conto che, tranne alcune eccezioni, l’idea che si ha dell’occidente e della nostra cultura e’ abbastanza approssimativa; certamente c’e’ interesse, vorrei dire amore, per la cultura occidentale, soprattutto intesa nel senso capitalistico del termine (i segni del benessere, insomma….), ma la comprensione del suo spirito e’ certamente piu’ difficile e impervia per il cinese medio.
Per fare un esempio banale: quando un coro cinese canta un’Ave Maria, potra’ eseguirla magari tecnicamente molto bene ma, a causa della loro storia recente, non mi soprenderei se la stragrande maggioranza di coloro che eseguono non avesse idea di chi sia la Vergine Maria e il posto che essa ha nell’immaginario occidentale; posto che ha ispirato un dato compositore a fare una musica che esprimesse questo ruolo. Ma di esempi ne potrei fare veramente molti. Allo stesso modo, credo di poter dire, c’e’ una cattiva comprensione della cultura cinese dall’altra parte. E anche, a volte, di certe decisioni del governo cinese in vari ambiti. Io non dico che queste decisioni siano accettabili o giuste, ma spesso le si legge con occhiali “occidentali”, il che porta a travisarne le motivazioni piu’ profonde. Vorrei fare alcune osservazioni preliminari per cercare di mettere un pochino di ordine in alcune questioni. La Cina e’ governata da un partito comunista, come per esempio la Corea del Nord.
Ma chiunque viaggia in Cina si rende conto che essa non e‘ di certo la Corea del Nord. Certamente in Cina non ci sono alcune delle liberta’ a cui siamo abituati in occidente, ma sarebbe anche ingiusto esagerare e pensare che il tipo di controllo sia norcoreano. Ed e’ anche fuorviante voler pretendere di leggere la Cina con l’occhiale democratico dell’occidente. Alcuni, dentro e fuori la Cina, pensano che la democrazia come noi la conosciamo forse non e’ applicabile al contesto cinese. Vero o no, non si puo’ pretendere di far rientrare tutto il bene sotto il modello democratico di matrice Americana e tutto il male nel resto dei possibili sistemi politici ed economici. La Cina e’ un paese complesso, certamente con enormi problemi, come quello della enorme popolazione specialmente nelle zone rurali, la corruzione dilagante, il lascito di una storia recente all’insegna della complessita’ estrema.
Ma la Cina e’ anche un paese in trasformazione, profondamente diverso da cio che era venti anni fa. Anche la situazione della Chiesa Cattolica in Cina risente di questa enorme complessita’. Quello che mi viene detto da persone che ne sanno e quello che io posso testimoniare di persona e’ che, se volessi dare un colore, non sarebbe bianco o nero, ma grigio. Certamente c’e’ oppressione e controllo, ma il motivo di questo, da quello che posso osservare, e piu’ dato dalla paura della instabilita’ sociale e politica che da un pregiudizio religioso. Ci sono, nel mondo cattolico, due maggiori tendenze nel avere a che fare con il problema del cristianesimo in Cina: una e’ quella della contrapposizione ferma e della denuncia l’altra e’ quella della diplomazia e del dialogo.
Certamente queste due tendenze hanno pregi e difetti ed entrambe possono avere una loro efficacia. Certamente il punto di partenza deve essere una profonda comprensione del processo storico che ha trasformato e sta trasformando la Cina negli ultimi 100 anni (dalla deposizione dell’imperatore Ching, insomma). Io non so come sara’ il futuro della Cina, ma meglio prepararsi a dover fare i conti negli anni a venire in tutti gli ambiti con questa nuova e enorme entita’ politica, culturale, sociale ed economica. Non c’e’ un’altra scelta che questa.
*Aurelio Porfiri
Associate Professor USJ Composer in Residence Music Academic Programs Coordinator
University of Saint Joseph Rua de Londres 16, Macau SAR.