Rileggendo Il Nemico: fantasia o realtà?

“Abbiamo un Papa straordinario, un uomo di spirito, cuore e intelletto – un santo. Ma è circondato da nemici.La Chiesa è in crisi sin dalle sue fondamenta”. “Sì, sta sanguinando da molte ferite”. “Le peggiori di queste ferite le vengono inflitte dai suoi stessi figli. Roma è un posto pericoloso al momento. Un luogo di illusioni instabili”. Sono a colloquio padre Elia il suo priore, che gli spiega che dovrà lasciare il monastero, in Terra Santa, e recarsi in missione per conto del Papa. Una missione pericolosa, che lo porterà, faccia a faccia con l’Anticristo. Questo racconta lo scrittore canadese Michael D. O’Brien, nel suo romanzo più famoso, Il Nemico, (edizioni San Paolo), pubblicato in Italia nel 2006, ma scritto nel 1996. Oggi questo libro acquista un sapore molto particolare, un sapore amaro. E fa correre un brivido lungo la schiena.
Le frasi del dialogo riportato sopra, alla luce di quanto sta accadendo in questi ultimi tempi, appaiono sinistramente profetiche. Il Papa circondato da nemici, da gente che soffia sul fuoco delle polemiche, dossier, lettere, appunti riservati che vengono puntualmente recapitati alle redazioni dei giornali, dove non si vede l’ora di montare nuovi titoloni in prima pagina, nuovi scandali, rivelando una Curia percorsa da contrapposizioni, veleni, lotte intestine. Corrono voci sulla sua debolezza, sulle sue presunte malattie, sui complotti per ucciderlo. E poi sulla Chiesa infuriano i venti di una propaganda che diffonde notizie distorte, che ne rendono il volto distorto e che le rendono sempre più ostile l’opinione pubblica. Senza contare la diffusione di una concezione di un cristianesimo esangue, privo di riferimenti del magistero, che si vorrebbe incorporeo, cioè privato del suo corpo che è proprio la Chiesa. Nel libro, tutto ciò è straordinariamente descritto. Nel disordine, nella confusione, nell’ostilità diffusa prende forza la figura del Nemico, appunto, del Male che agisce da sempre nella Storia ma che ora sta per sferrare l’attacco finale. Prende le fattezze di un uomo di potere amato, rispettato, proclamatore di una pace universale, di una religione universale in cui tutte le differenze si annullano e, di fatto, un pensiero unico impera.
Il pensiero corre, ovviamente, all’Anticristo di Vladimir Sergeevic Soloviev , scritto nel 1900. E’ il suo dominio quello che determinerà la fine dei tempi e sarà l’umile frate carmelitano Elia, un ebreo convertito che ha conosciuto gli orrori del ghetto di Varsavia, a tentare di sbarrargli il passo, assistito da Dio e dai suoi angeli, come accadde all’Elia biblico. Un romanzo apocalittico, nel senso letterale del termine, però, ossia in quanto opera letteraria che si occupa della fine della storia umana, una tradizione antichissima e molto ricca. Lo spiega lo stesso autore, nella sua introduzione, e vale la pena di leggere le sue parole precise.
Nel 1996 O’Brien avvertiva il gelo del clima culturale e spirituale in cui il mondo, soprattutto occidentale, stava attraversando, la tensione intollerabile che si sarebbe prodotta… E oggi, che direbbe?