Chiesa e abusi sessuali: il cardinale Levada scuote i vescovi

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“Se la storia deve ricordare questo inizio di XXI secolo come un tempo difficile nella Chiesa, deve anche ricordare che questo è stato un tempo nel quale la Chiesa ha usato ogni opportunità disponibile per imparare da errori passati, riparare torti passati e avanzare nella fede con una rinnovata determinazione e forza specialmente riguardo alla sicurezza e al benessere dei giovani e dei più vulnerabili.” E’ la tesi di padre Desmond Nair, sudafricano, sacerdote da trent’anni con diverse responsabilità nella Conferenza episcopale del suo paese. E’ uno dei relatori del Simposio che la Pontificia università Gregoriana ha organizzato per vescovi e superiori religiosi per offrire sostegno nella lotta agli abusi sui minori. E di fatto non solo da parte del clero. Il quadro che emerge in queste ore da testimonianze e relazioni sembra molto sfaccettato, come sfaccettata deve essere la risposta al problema nella Chiesa e nella società.

Lo ha detto martedì sera il cardinale Levada, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, immediato successore di Joseph Ratzinger in questo ruolo. É lui che ha continuato il ruolo di quello che oggi è Papa Bendetto XVI in questa “presa di coscienza” della Chiesa cattolica. E nella sua relazione lo ha detto con forza. Ha ricordato che dal 2001 la Congregazione ha lavorato perché le conferenze episcopali, a partire allora da quella statunitense, si rendessero conto che il problema va affrontato e non ignorato. Levada è ripartito dalla Lettera circolare che lo scorso anno la Congregazione ha inviato a tutti vescovi cattolici. Una Lettera che ha le sue basi nel motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela firmato da Giovanni Paolo II il 30 aprile 2001. Il temporale mediatico negli Usa iniziò di fatto un anno dopo. Ma in Congregazione i report sugli abusi arrivavano da tempo e per questo fu preparato il motu proprio del Papa. E da qui che si comprese come la risposta al problema doveva essere sfaccettata.

In primo piano ci dovevano essere le vittime che vanno ascoltate. Levada è stato duro con gli episcopati che hanno atteso che si scatenasse una tempesta mediatica prima di prendere provvedimenti, ed ha ripetuto con forza che i colpevoli di questi peccati devono essere giudicati anche secondo la legge civile del luogo dove vengono commessi i reati. Prevenzione poi nella formazione sacerdotale e soprattutto che i vescovi siano dei padri, ascoltando e seguendo la formazione, perchè, come disse Giovanni Paolo II nel 2002 ai vescovi Usa “non c’è posto nel sacerdozio e nella vita religiosa per coloro che danneggiano i giovani.”

Una critica all’ atteggiamento di molti “vescovi manager” che poco si curano della vita spirituale dei loro sacerdoti. C’è una frase in particolare nella relazione del cardinale Levada che dovrebbe far riflettere tutti coloro che più o meno in buona fede hanno accusato Benedetto XVI di essere colpevole di “coprire” il dramma degli abusi.

“Il Papa ha dovuto subire attacchi dai media in questi ultimi anni in diverse parti del mondo, quando invece avrebbe dovuto ricevere la gratitudine di tutti dentro e fuori la Chiesa.” E la testimonianza più forte di questo impegno sono gli incontri del Papa con le vittime in diverse parti del mondo, dagli Usa a Malta, alla Germania all’Australia.

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