La Giornata della Vita chiama i giovani alla responsabilità

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“La vera giovinezza risiede e fiorisce in chi non si chiude alla vita. Essa è testimoniata da chi non rifiuta il suo dono, a volte misterioso e delicato, e da chi si dispone a esserne servitore e non padrone in se stesso e negli altri. Del resto, nel Vangelo, Cristo stesso si presenta come ‘servo’ (cfr Lc 22,27), secondo la profezia dell’Antico Testamento. Chi vuol farsi padrone della vita, invecchia il mondo.Educare i giovani a cercare la vera giovinezza, a compierne i desideri, i sogni, leesigenze in modo profondo, è una sfida oggi centrale. Se non si educano i giovani al senso edunque al rispetto e alla valorizzazione della vita, si finisce per impoverire l’esistenza di tutti,si espone alla deriva la convivenza sociale e si facilita l’emarginazione di chi fa più fatica.L’aborto e l’eutanasia sono le conseguenze estreme e tremende di una mentalità che, svilendola vita, finisce per farli apparire come il male minore: in realtà, la vita è un bene nonnegoziabile, perché qualsiasi compromesso apre la strada alla prevaricazione su chi è debole e indifeso”.

 

Con tale incipit la Chiesa Cattolica Italiana celebra, domenica 5 febbraio, la 34^ Giornata Nazionale per la Vita con un messaggio indirizzato soprattutto ai giovani: ‘Giovani aperti alla vita’. In un tempo in cui indici demografici ma anche drammatiche notizie sul rifiuto di vivere da parte di tanti ragazzi hanno riservato titoli a carattere cubitali nei mass-media i vescovi italiani sottolineano l’esigenza di educarli alla vita, perché “ significa offrire esempi, testimonianze e cultura che diano sostegno al desiderio di impegno che in tantidi loro si accende appena trovano adulti disposti a condividerlo.Per educare i giovani alla vita occorrono adulti contenti del dono dell’esistenza, nei quali non prevalga il cinismo, il calcolo o la ricerca del potere, della carriera o deldivertimento fine a se stesso”.

E per rendere visibile l’educazione c’è bisogno di adulti credibili: “Molti giovani, in ogni genere di situazione umana e sociale, non aspettano altro che unadulto carico di simpatia per la vita che proponga loro senza facili moralismi e senza ipocrisieuna strada per sperimentare l’affascinante avventura della vita.È una chiamata che la Chiesa sente da sempre e da cui oggi si lascia con forzainterpellare e guidare. Per questo, la rilancia a tutti, adulti, istituzioni e corpi sociali, perchéchi ama la vita avverta la propria responsabilità verso il futuro. Molte e ammirevoli sono le iniziative in difesa della vita, promosse da singoli, associazioni e movimenti. E’ un servizio spesso silenzioso e discreto, che però può ottenere risultati prodigiosi. E’ un esempio dell’Italia migliore, pronta ad aiutare chiunque versa in difficoltà…

Chi ama la vita non nega le difficoltà: si impegna, piuttosto, a educare i giovani a scoprire che cosa rende piùaperti al manifestarsi del suo senso, a quella trascendenza a cui tutti anelano, magari a tentoni. Nasce così un atteggiamento di servizio e di dedizione alla vita degli altri che non può noncommuovere e stimolare anche gli adulti. La vera giovinezza si misura nella accoglienza al dono della vita, in qualunque modo essa si presenti con il sigillo misterioso di Dio”.

A tale proposito, nei giorni scorsi un rapporto pubblicato dalla rivista scientifica ‘The Lancet’ ha  fotografato una situazione allarmante, secondo cui il tasso globale di abortività è rimasto sostanzialmente stabile dal 2003 al 2008, mantenendosi tra i 29 e i 28 aborti per 1000 donne in età riproduttiva (15-44 anni) – erano 35 per 1000 donne nel 1995. Più in dettaglio, nel 2008 nel mondo circa una gravidanza su cinque è sfociata in un aborto volontario. Cresce invece la percentuale di interruzioni volontarie di gravidanza che avvengono fuori dal sistema sanitario.

In pratica, crescono gli aborti clandestini nel mondo. Lo studio, che prende in esame i dati degli aborti a livello mondiale dal 1995 al 2008, nota che circa la metà degli aborti praticati nel mondo (il 49%) sono portati avanti in condizioni di insicurezza, da persone non qualificate, in situazioni non idonee e possono portare a problemi gravi quali emorragie o addirittura alla morte della donna. Quasi tutti gli aborti (97%) praticati in Africa, continua il rapporto, sono clandestini, così come il 95% di quelli praticati in America Latina e il 40% di quelli dell’Asia.

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