La Chiesa con gli occhi rivolti al cielo. In attesa di poter toccare la pietra marziana.

“Se volete vedere Marte, andate a Pisa”. Padre José Gabriel Funes, direttore della Specola Vaticana, presenta così alla stampa la mostra “Storie dall’altro mondo. L’universo dentro e fuori di noi”, che si terrà proprio a Pisa, presso la fondazione Palazzo Blu, dal 10 marzo al primo luglio. E lì sarà esposto un meteorite trovato in Egitto, che si ritiene provenga proprio da Marte, e che è conservato nella sede storica della Specola Vaticana, l’Osservatorio Astronomico della Santa Sede. “Nel 2009 – ricorda Funes – quando il Papa venne in visita alla Specola, glielo mostrammo. Ma neanche il Papa può toccare quel meteorite. In quell’occasione lo tenne in mano con un fazzoletto”. Da Castelgandolfo – dove c’è la sede storica della Specola, ma non quella operativa, che invece è sul monte Graham, in Arizona, da dove l’osservazione del cielo non è disturbata dalle luci cittadina – arriveranno a Pisa anche un metorite della Luna, un telescopio della Specola vaticana del 1800 e due astrolabi del 1600.
L’universo ha una storia lunga 14 miliardi di anni, è composto da decine di galassie, raggruppate in “ammassi” lontani fino a 30 milioni di anni-luce dalla terra, in esso sono stati scoperti finora circa 600-700pianeti. Sembrano argomenti lontani dalla religione. Ma non lo sono.
Con gli occhi rivolti al cielo, la Chiesa c’è sempre stata. Si parla di Dio, e si guarda al mistero del cielo. Ma non è solo metafisica. La Specola Vaticana ha più di cent’anni di vita. Fondata da Leone XIII nel 1891, ma già nel Cinquecento, nella Torre dei Venti affrescata dal Pomarancio, a pochi passi dalla Cappella Sistina, papa Gregorio XIII fece fare gli ultimi calcoli celesti per la riforma del calendario che porta il suo nome, oggi in vigore in tutti i paesi del mondo.
La bolla di fondazione della Specola Vaticana racconta molto anche di ciò che succede oggi. “I figli delle tenebre – scrisse Leone XIII – sono soliti calunniare la Chiesa e chiamarla amica dell’oscurantismo, nemica della scienza e del progresso”. Ma tra Chiesa e scienza – ammoniva lo stesso Papa – ci può essere “amplesso fecondo”. Tanto che fu il gesuita Johan Georg Hagen, direttore della Specola nel primo Novecento, a costruire nella torre di San Giovanni un bilanciere ancora più preciso del pendolo di Foucault, che forniva la prova provata della rotazione terrestre. La condanna di Galileo era anni luce lontana. Come anni luce lontano guardano i gesuiti che hanno in gestione la Specola Vaticana. Da Castel Gandolfo, gli astronomi del Vaticano hanno contribuito a disegnare una carta completa del cielo insieme ad altri 17 osservatori. Non tutti lo sanno, ma la cometa Timmers porta il cognome del gesuita olandese che la scoprì nel 1946.
“La scelta della città di Pisa per questa mostra – ha detto p. Funes – è legata alle figure di Galileo Galilei che vi nacque e al card. Pietro Maffi che vi svolse il suo ministero pastorale. Il Maffi fu un appassionato divulgatore di astronomia e riscuoteva stima nell’ambiente scientifico, sostenendo la necessità di una collaborazione tra scienza e fede nella ricerca del significato più profondo dell’esistenza umana”.
Partecipa all’organizzazione della mostra anche l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Antonio Masiero, vicepresidente dell’Infn, sottolinea che la storia dell’istituto si rifà all’esperienza della “scuola di via Panisperna”, appoggia l’attività del grande acceleratore del Cern a Ginevra, cura esperimenti in orbita come i recenti Ams, Pamela e Fermi. E aggiunge che la mostra di Pisa si occuperà “dell’infinitamente grande e dell’infinitamente piccolo, rivolgendosi soprattutto ai giovani per stimolarli alla curiosità su come sia nato e come vive l’universo in cui ci troviamo”.
“Oggi – ha detto tra l’altro il direttore della Specola Vaticana p. José Funes – sappiamo di ignorare il 96% di ciò che, in termini di materia ed energia, costituisce l’universo. Grazie ai moderni acceleratori di particelle forse siamo vicini a chiarire il mistero dell’origine della materia. Ma siamo solo al punto di partenza e non ancora di ‘arrivo’ in tali ricerche”.
Sempre con gli occhi al cielo, la Specola Vaticana cerca anche altre forme di vita fuori dallo spazio. Recentemente, lo stesso Funés ha dato conto sull’ Osservatore Romano che “un gruppo di ricercatori della Nasa ha scoperto, nel Mono Lake in California, il primo microrganismo conosciuto capace di crescere e riprodursi utilizzando una sostanza tossica come l’arsenico”. Affermava poi Funés che “questa nuova scoperta sicuramente contribuirà ad allargare i nostri orizzonti concettuali in materia. E chissà se, in una lontanissima galassia ellittica, qualcuno che abita su una ‘super terra’ orbitante intorno a una ‘nana rossa’ e respira arsenico, in questo momento si sta facendo le stesse domande”.
Mentre sulla vita extraterrestre, la Chiesa ha mantenuto una sorta di patto di prudenza. Fu padre Corrado Balducci, nel 1998, a romperlo. Balducci, teologo molto ascoltato, della Congregazione per
l’Evangelizzazione dei Popoli, spiegò al Times che “è ragionevole affermare che gli alieni esistono”, e che lo prova il Vangelo, quando proclama Cristo “re dell’Universo e non re del mondo”, e questo significa che “ogni cosa nell’universo, compresi gli extraterrestri, sono conciliabili con Dio”.
Ma quanto ci vuole perché l’uomo vada su Marte? Uno scienziato dell’Infn spiega che “le difficoltà maggiori per far giungere l’uomo su Marte non sono al momento attuale legate ai sistemi di trasporto quanto piuttosto alla protezione degli astronauti dalla radiazioni contenute nei raggi cosmici. Se si giungerà a adeguate protezioni, che evitino i rischi connessi all’esposizione di 6 mesi nel viaggio di andata e di altri 6 mesi in quello di ritorno, con rischi molto elevati di cancro, è possibile che l’uomo possa giungere su Marte”.
La Specola fu invece indiretta protagonista del viaggio sulla Luna. La sera dell’allunaggio, il 20 luglio 1969, Paolo VI aveva raggiunto la Specola Vaticana. Dopo aver guardato la Luna attraverso il telescopio della Specola, il Papa seguì per televisione le fasi principali della missione dell’Apollo 11. Al termine registrò un messaggio nel quale rendeva onore agli “uomini artefici della grande impresa spaziale! Onore agli uomini responsabili, agli studiosi, agli ideatori, agli organizzatori, agli operatori! Onore a tutti coloro che hanno reso possibile l’audacissimo volo! A voi tutti onore, che vi siete in qualche modo impegnati! Onore a voi, che, seduti dietro i vostri prodigiosi apparecchi, governate, a voi, che notificate al mondo l’opera e l’ora, la quale allarga alle profondità celesti il dominio sapiente e audace dell’uomo. Onore, saluto e benedizione!”