Mal di Chiesa: un cristiano si interroga

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Mal di Chiesa come il mal d’Africa. Gianfranco Svidercoschi è un vaticanista di classe, ex vice direttore dell’Osservatore romano, biografo di e con Giovanni Paolo II, un paio di anni fa si mette a tavolino e tira giù qualche pagina di riflessione. Ma che cosa ha la Chiesa che non va, che sembra lontana dalla gente? Eppure Giovanni Paolo II, Benedetto XVI sono grandi personalità con gradi slanci ideali. Ci riflette e torna al Concilio Vaticano II, di cui è stato storico e cronista. Ne nasce un libro che interroga laici e chierici, un diario di un “cristiano in crisi”. Non è progressista o conservatore, è un fedele laico parte di quel popolo di Dio che sembra aver perso l’attenzione dei media e dei preti. Conosco Gianfranco da anni, il suo entusiasmo e la sua passione per il mestiere del giornalista e la sua fede. Abbiamo fatto due chiacchiere insieme. Eccone una parte.

Ho vissuto  tanti periodi di storia della Chiesa dal di dentro, e se c’è qualcosa che non va per quale motivo non bisogna leggere la storia in modo completo?

Quello che mi ha fatto impressione, è che io sono andato a leggere un po’ più a fondo di quello che stava accadendo e ho creduto di leggere il perchè, le cause di certi eventi e crisi.

Per troppo tempo sia le gerarchie che i fedeli hanno dato importanza alle crisi che emergevano solo come crisi in quanto tale, veniva scambiata la crisi per la causa che era all’origine della crisi stessa.

Un esempio. Nel post concilio ci fu una grande crisi, Paolo VI parlò di momento di “autodemolizione”, e tutti abbiamo pensato che dipendesse dalla contrapposizione tra progressisti e conservatori, e che questo bloccasse l’attuazione del Concilio, insieme ovviamente ad altri motivi.

In effetti in questi dibattiti poco riguardava il Popolo di Dio tranne la parte che riguardava la liturgia.

A lungo andare in effetti c’era un’altra spiegazione. Che è la stessa, secondo me, del dibattito attuale sulla liturgia. Si dice che siamo arrivato ad una messa sciatta di routine e bisogna educare i fedeli etc. Ma la responsabilità era della gente che si è “abituata” o la responsabilità non è piuttosto del clero che non ha saputo educare il popolo cristiano? E renderlo soggetto attivo?

Ecco il punto allora: c’è un ritorno di clericalismo che spaventa.

Quello che io ho fatto rileggendo i fatti ho cercato degli esempi precisi. Dimissioni i vescovi, un cardinale che critica un ex segretario di stato etc. Ho usato come esempio il problema dello scandalo degli abusi sessuali del clero.

Per prima cosa però bisogna sgomberare il terreno da tutte le interpretazioni sbagliate.

E soprattutto il fatto che è stata usata la Chiesa cattolica come il capro espiatorio di tutti i mali della pedofilia, che invece è drammaticamente in tanti ambienti. Molti dei giornali che accusano solo la Chiesa non accusano se stessi e la società di cui sono specchio, ricordando che la pedofilia è soprattutto un dramma familiare.

Poi bisogna ricordare che la Chiesa è sempre intervenuta, e al massimo livello con Benedetto XVI in modo eccezionale. La Chiesa ha avuto coraggio, il Papa ha detto parole coraggiose. La Chiesa ha capito che il problema non è mai finito anche se è in recessione perchè in genere i casi sono di parecchi anni fa. Ma la cosa grave è che per molti quando saltano fuori casi di 30, 40 anni fa sembra invece che siano successi adesso. Un equivoco da chiarire.

Benedetto XVI ha fatto grandi cose ed ha accettato di ammettere che non tutto è stato fatto come si doveva e che non bisogna abbassare la guardia. E così so chiedono le linee guida per le Conferenze episcopali. Insomma è un lavoro continuo.

Ma al di la di questo mi sono accorto che si è intervenuti bene dove la malattia era manifesta, ma non c’è stata una presa di coscienza collettiva della Chiesa universale. La gente è stata un po’ lasciata a se stessa, gli interventi sono stati presi caso per caso, è mancata la coscienza collettiva.

Allora mi sono chiesto: che cosa significa un fatto come questo, come lo scandalo della pedofilia, per la Chiesa cattolica in questo momento?

Per un credente se Dio ha lasciato che avvenisse questo male forse voleva dirci qualcosa alla sua Chiesa. Forse voleva indicare una china di allontanamento della Sua volontà?

Insomma uno scossone per evitare che si finisca nel baratro?

Uno degli aspetti gravi in questa vicenda è che i sacerdoti che si sono macchiati di questo crimine hanno in effetti abusato del suo potere sacro per convincere  una vittima di fare cose orrende. E il vescovo che ha coperto quel sacerdote (come purtroppo abbiamo scoperto hanno fatto alcuni vescovi ad esempio in Irlanda anche recentemente), apparentemente in buona fede per difendere l’istituzione, ma di fatto abusando della sua autorità che ha fatto? Ha rovesciato la logica della croce e ha dimenticato le vittime.

Questo mi ha fatto riflettere su di una cosa che è il grande male che la Chiesa si porta dentro da tempo, cioè il clericalismo.  Una mentalità che blocca la Chiesa stessa.

Ormai il clericalismo viene visto solo come vecchio termine da contrapporre al laicismo o è visto come ingerenza dalla Chiesa nel civile. Invece significa “dominio dei chierici”. Una radice antica dai tempi di Costantino, al Concilio di Trento, e come risposta alla Riforma che aveva attenuato il ruolo di mediazione tra i laici e Dio. La reazione fu salvare la sacramentalità del sacerdozio, ma si è reso il prete come persona una specie di super cristiano. Sono nati i seminari per la formazione, che ha creato una nuova “classe”. I sacerdoti avevano una autorità morale e culturale in molti paesi. Ed è stato utile per la crescita della società.

Ma con il tempo questo clericalismo è diventato un ostacolo alla crescita e il prete ha assunto una autorità che non gli competeva. In alcuni casi il prete è diventato solo un controllore delle coscienze, e ha trasformato il ministero di servizio in un ministero di autorità un autoritarismo clericale. E questo male ha contagiato anche alcuni laici che senza un mandato del prete non si muovono.

E pensare che il Concilio ricordava ai laici proprio questo, che dovevano prendere iniziative dirette nella vita sociale.

Ma i giovani preti subiscono anche gli influssi negativi della società, insomma se sono malati soffrono di una malattia diffusa tra la gente di oggi…

Certo, fragilità e incapacità di decidere. Nel 2000 uno studio della Cei spiegò proprio che le nuove generazioni di preti sono segnate dall’individualismo e dal clericalismo.

Quindi  mentre per secoli l’impegno dei sacerdoti era fondamentale anche nella società e sopperiva a certe carenze, oggi dopo il Concilio trovo che il clericalismo ha iniziato a bloccare lo sviluppo della Chiesa. E in effetti il documento più dimenticato del Concilio è il De Ecclesia. Che spiega la Chiesa. Chiesa mistero, che deve lasciare la troppo istituzionalità, troppo temporale ma deve essere lo specchio del volto di Dio. E questo non lo è ancora diventata.

La Chiesa popolo di Dio, un principio recuperato dalla Chiesa antica, in cui tutti siamo uguali. Una corresponsabilità in forza dello stesso battesimo, della stessa vocazione alla santità e alla missionarietà non c’è ancora. Non esiste ancora un’applicazione di popolo di Dio esatta.

E la Chiesa esempio di comunione e collegialità, ancora meno atteso. Manca un equilibrio tra Santa Sede e Chiese locali ad esempio, o tra le conferenze episcopali e i vescovi.

Insomma dall’autorità legittima si è arrivati all’autoreferenzialità. E si ha paura delle critiche. Si nascondono le cose, non si comunica nella Chiesa. Insomma la Chiesa non sa comunicare se stessa.

E questo perchè ognuno difende il suo piccolo orticello di autorità.

Allora il clericalismo è di fatto un uso indebito dell’autorità ?

Si, ed è a diversi livelli. Tanto che anche i sacerdoti giovani sono così, perchè c’è un uso distorto della autorità che Cristo ha dato agli Apostoli. Una mentalità del clericalismo.

Come si combatte?

Ad esempio Papa Benedetto dice frasi fortissime sulle quali si potrebbe costruire una intera riforma.

Mette in guardia dal rischio che la Chiesa si trasformi in un “centro di produzione, di una impresa finalizzata al profitto”, e ancora Ratzinger parla di  “ una burocrazia ecclesiastica ormai consumata e stanca”.  Allora per cominciare a cambiare bisogna attuare davvero il Concilio, a cominciare ad esempio dal De Ecclesia.

E secondo te nessuno lo ha fatto ancora?

Giovanni Paolo II ha iniziato a farlo. Diceva che bisogna dare una spallata alla “unilateralità clericale”. Nel primo discorso ai sacerdoti nel 1979 in Polonia dice: “non siamo mai stati clericali.”

Ha dato spazio ai carismi, lasciando che lo Spirito Santo operi. Ad esempio con i movimenti che stanno cambiando al di dentro la Chiesa nonostante i difetti.

E poi il ruolo delle donne che fanno tantissimo nelle parrocchie.

E i giovani, che pur con dei limiti, hanno una grande attenzione alla Chiesa, al Papa.

E poi c’è una base forte nelle parrocchie, nei gruppi di preghiera, nel volontariato. Poi ci sono le persone un po’ più distanti ma interessate, sensibili.

Ad esempio c’è la bellissima enciclica di Benedetto XVI Deus Caritas est che butta a mare una sessuofobia di secoli. Ma nessuno la studia, non se ne parla nelle parrocchie. Manca uno scatto.

Perchè si trova sempre un prelato che blocca tutto con un abuso di autorità.

Insomma non è venuto il momento di applicare la realtà del popolo di Dio?

Lasciar fare ai laici quello che compete loro e liberare il prete per poter avere i suoi compiti spirituali e parlare di Dio?

Del libro “Mal di Chiesa, dubbi e speranze di un cristiano in crisi” edizione Kindle

si parla oggi 1 febbraio presso la sede della Comunità cristiana di base di San Paolo in via Ostiense alle 18.00. Tra i relatori Carlo Di Cicco attuale vicedirettore dell’Osservatore Romano.

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