Mattarella al Sermig: Bambini, i pregiudizi per la diversità non hanno motivo
Lunedì 26 novembre il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, ha visitato per la terza volta il Sermig, luogo simbolo della città proprio nell’anno in cui ricorre il centenario della fine della Prima Guerra Mondiale. Un incontro non solo con le istituzioni, ma anche con ragazzi e giovani che sono l’anima di questi luoghi i cui muri hanno ospitato armi e munizioni, ma che dal 1983 racconta un’altra storia, fatta di solidarietà e di pace, di testimonianza di fede e di servizio agli altri a chi ha più bisogno.
Alle domande dei ragazzi il presidente ha risposto che non è venuto per dare consigli: “Non ho consigli da dare, ma vi lascio il tema di come accrescere il numero delle proprie amicizie e rinforzarle, perché aiutare chi è in difficoltà e chiedere aiuto quando se ne ha bisogno è la cosa più importante”.
Il presidente Mattarella ha invitato i bambini ad aiutarlo, perché ‘recuperi la sua freschezza’: “La guerra è irrazionale, nel mondo degli adulti ci sono delle barriere anche mentali, dei pregiudizi, ostilità preconcette prive di senso. Voi bambini dovete aiutare i grandi ad abbattere queste barriere e dovete mantenere la vostra indignazione verso la guerra. E questo è possibile con una grande rete di amicizia, si può fare breccia anche nei cuori più insensibili”.
Ed ha risposto senza nessun problema alle domande dei ragazzi e delle ragazze, che il Sermig ospita, soprattutto sull’atrocità della guerra: “La guerra è un’ingiustizia, una condizione disumana. Voi dovete aiutare questo bambino, stargli vicino e aiutarlo a superare le ferite che la guerra ha inferto nei suoi affetti, nel suo cuore e anche nella sua mente.
La guerra semina sempre distruzione, fa morire persone, distrugge abitati, ma lascia poi tracce pesanti sulla vita di ciascuno che è coinvolto nella guerra. Dovete quindi aiutarlo molto perché recuperi in pieno la freschezza della sua età. Perché avviene? La risposta non è facile, perché la guerra è irrazionale, non c’è una ragione e, per quanto nei libri di storia ogni tanto si spieghino le ragioni delle guerre, non sono mai sufficienti.
La verità è che nel mondo gli adulti sorgono delle barriere che non sono soltanto fisiche, sono anche mentali. Le barriere che nascono nella mente di alcune persone, dall’avversione verso altre, dai pregiudizi, dalla ostilità preconcetta nei confronti di altri, di altre persone, di altri popoli, di altre etnie sono una cosa priva di senso. Ma che avviene”.
Ed ha proposto loro di farsi ‘ambasciatori’ della pace con gli adulti: “Ecco, io credo che bisogna aiutare anche i grandi a capire l’irrazionalità di questo atteggiamento; bisogna abbattere queste barriere. E voi bambini dovete stare attenti, crescendo, a mantenere questa indignazione e questo stupore indignato nei confronti della guerra.
Questo si può realizzare, ed è possibile realizzarlo, mantenendo i rapporti di amicizia e di disponibilità reciproca ad aiutarsi nei momenti difficili. Cioè capire che, anziché combattersi, cercare di dominare l’uno sull’altro, aiutarsi vicendevolmente è molto più non soltanto gradevole ma anche conveniente. E voi saprete farlo, ragazzi, ne sono convinto”.
Un’altra domanda ha chiesto concretamente in quale modo impegnarsi per la pace a 100 anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale: “E’ vero: 100 anni fa si chiudeva la grande guerra, con milioni di morti, ma tanti milioni di morti, con distruzioni immani. E quella lezione non è stata sufficiente, perché dopo neppure vent’anni vi è stata la seconda guerra con atrocità e episodi di violenza consapevole, praticata con pervicacia perversa ancora maggiore. All’improvviso vi è stata una svolta e questo mi fa collegare a quanto dicevamo prima.
Dopo gli orrori della seconda guerra mondiale, dopo le due esperienze, alcune persone che reggevano alcuni Stati d’Europa hanno capito che occorreva voltare pagina e che, anziché pensare al futuro ognuno per sé contro gli altri, fosse per tutti conveniente mettere insieme il futuro e crearsi prospettive comuni di carattere politico, economico, sociale, di collaborazione, insomma.
Questa è la scelta dell’integrazione europea. E’ bastata intuizione, visione di alcune persone e buona volontà. Il che dimostra che è possibile. Certo ci sono nel mondo tante guerre, in tutti i continenti, persino il nostro. Ve ne è qualcuna ormai di natura quasi endemica. Ma vi sono anche alcuni segni importanti, perché l’esperienza dell’integrazione europea -che pure qui in Europa qualcuno critica e di cui qualcuno si lamenta (può avere anche delle lacune e dei difetti, ma è una grande svolta storica positiva che si è realizzata)- viene guardata con ammirazione, per imitarla in tanti altri continenti.
In Africa cominciano le collaborazioni, l’integrazione fra paesi di alcune regioni; nel sud-est asiatico da anni è cominciata una collaborazione economica tra paesi della regione; nell’America del sud vi è una collaborazione intensa che si sta sviluppando. Cioè quel modello di convivenza, anziché di contrasto, sta avendo nel mondo una forte capacità di esempio, di indicazione che viene percorso dagli altri”.
Ed ha invitato ad evitare i nazionalismi: “La speranza e la volontà è che si prosegua su questa strada senza pensare al ritorno di nazionalismi che fanno tornare indietro la storia e i rapporti tra i popoli. Ma il fatto che in molte parti del mondo si segua quell’esempio, lo si guardi come un modello cui ispirarsi, non per ripeterlo uguale, identico, uniforme -perché il mondo è diverso nelle sue varie parti- ma come integrazione, come collaborazione, è una cosa confortante. Dobbiamo insistere, ma le premesse ci sono”.
Al termine dell’incontro il fondatore Ernesto Olivero lo ha invitato al prossimo appuntamento dei Giovani per la pace che si terrà l’11 maggio a Bergamo: “E speriamo di avere con noi il presidente”. E la risposta del Presidente della Repubblica è un invito ai giovani italiani di recarsi all’Arsenale della Pace: “Questo è un luogo in cui fino a qualche decennio fa si costruivano armi per la guerra; è diventato un luogo in cui non si annunzia ma si pratica la pace. Perché questo vostro messaggio è convincente?
Perché non vi limitate a proclamare l’esigenza della pace, ma praticate nei comportamenti di ogni giorno comportamenti coerenti; negli atti di ogni giorno mettete in pratica comportamenti coerenti con questo obiettivo. E’ facile proclamare l’esigenza di pace. Solidarizzare con chi è lontano geograficamente è importante, ma è più impegnativo ed è indispensabile anche impegnarsi nella pace di ogni giorno con chi è vicino, con chi vive accanto a noi, a scuola, nel palazzo in cui viviamo, nel paese in cui siamo, nel quartiere in cui abitiamo. Perché in questo modo si è credibili e convincenti”.