La memoria del nome

Memoria, ricordo, e realtà di qualcosa che non può più cambiare perché è già stato. Il 27 gennaio si ricorda un fatto che non si può cambiare: un genocidio. Ma non solo una tragedia fatta di violenza e abbrutimento, di offuscamento della ragione e di perdita di ogni umanità. Una violenza fatta della perdita del bene prezioso della memoria. Anche della memoria del nome di milioni di persone. I Pontefici lo hanno capito benissimo.
“Noi ricordiamo” è il titolo della riflessione che nel 1998 la Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo offrì al mondo in preparazione al Giubileo del 2000. Nella lettera di Giovanni Paolo II che l’accompagnava c’era l’augurio che questo testo potesse “abilitare la memoria a svolgere il suo necessario ruolo nel processo di costruzione di un futuro nel quale l’indicibile iniquità della Shoah non sia mai più possibile.”
Memoria, memoria di un nome, che è identità. Lo ha spiegato con una vera “teologia del nome” Benedetto XVI allo Yad Vashem l’ 11 maggio del 2009. Molto più di una condanna e del monito “Sono giunto qui per soffermarmi in silenzio davanti a questo monumento, eretto per onorare la memoria dei milioni di ebrei uccisi nell’orrenda tragedia della Shoah. Essi persero la propria vita, ma non perderanno mai i loro nomi.” Il nome è ciò che ci rende indimenticabili, come profetizzava Isaia : “Darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato”.
Parole pronunciate da Benedetto XVI. “Uno può derubare il vicino dei suoi possedimenti, delle occasioni favorevoli o della libertà. Si può intessere un’insidiosa rete di bugie per convincere altri che certi gruppi non meritano rispetto. E tuttavia, per quanto ci si sforzi, non si può mai portar via il nome di un altro essere umano.” La chiave della cassaforte della memoria, è il nome. E nella tradizione ebraica la memoria è il senso stesso dell’identità e della storia. Per questo Benedetto allo Yad Vashem ripetè con forza: “Possano i nomi di queste vittime non perire mai! Possano le loro sofferenze non essere mai negate, sminuite o dimenticate! E possa ogni persona di buona volontà rimanere vigilante per sradicare dal cuore dell’uomo qualsiasi cosa capace di portare a tragedie simili a questa!” Perché la memoria non è solo ricordo del passato, ma monito per il futuro.
Ricordare per non ricadere negli stessi errori, ricordare per smascherare il male che si nasconde tra le pieghe dell’oblio. E ricordare anche quel silenzio che libera la nostra memoria dalle scorie di un frastuono fatto di banalità. “Un silenzio per ricordare, un silenzio per pregare, un silenzio per sperare.” Come disse Benedetto XVI allo Yad Vashem, il luogo della memoria dei nomi, cioè dell’uomo.