il viceministro e l’identikit dello “sfigato”
Ci voleva un viceministro per consacrare la figura del “nerd”, il secchione occhialuto del college americano tutto studio e partite di scacchi. Peccato che però lui non lo sia. Ultratrentenne rampante con carrierone variegato (dall’ordinariato accademico all’avvocatura di primo piano sino al meno nobile ruolo di opinionista televisivo), Michel Martone non è certo uno sfigato. Sarà per l’area da intellettuale, un po’dandy, un po’ rockettaro (sul suo blog si professa fan di Jimi Hendrix), Martone arriva al Ministero del Lavoro con un curriculum invidiabile. Oggi la sua prima uscita pubblica in cui predica bene (razzolando altrettanto bene) così: “Bisogna dare messaggi chiari ai nostri giovani: se a 28 anni non sei ancora laureato, sei uno sfigato”. Ebbene, i fiumi di critiche erano prevedibili.
Certamente un viceministro, “alto rappresentante delle istituzioni” non dovrebbe esprimersi in modo così caustico ma il problema non sembra essere lo stile istituzionale quanto mai “l’esser figlio di”. E ci si risiamo. Blog, forum, utenti Facebook e Twitter, Vendola, l’Espresso, la Cgil (ma certamente tanti e tanti altri) si scatenano inscenando la solita commedia all’italiana del raccomandato che sputa nel piatto dove mangia. Non conosciamo (e sinceramente non ci interessano) gli anfratti reconditi e tenebrosi della vita del viceministro, certo è che siamo alle solite. Il senso critico va a farsi friggere surclassato dalla retorica “codapagliesca” del “che ne sa lui di cosa ho passato per laurearmi a 29 anni”. E giù con: “ho lavorato nel frattempo”, “nonna è stata male e non ho potuto studiare”, “mi sono iscritto in ritardo”. La prima cosa certa è che laurearsi dopo i 28 anni in Italia non è di sicuro un merito, anzi. In una normale condizione di studio (subito dopo la scuola superiore, nessun intoppo rilevante, nessuna concomitanza con il lavoro), bisognerebbe laurearsi molto prima. La maggior parte dei corsi di laurea (era così per il vecchio ordinamento, lo è adesso con il 3 più 2), durano non più di cinque anni.
Quindi, se la matematica non è un’opinione, i 28 anni appaiono davvero un’esagerazione e hanno il sapore di un fallimento in un paese dove trovare uno straccio di lavoro è sempre più complicato. Non c’è spazio, nostro malgrado, di quell’anno sabbatico post laurea, retaggio settecentesco del Grand Tour dei giovani nobili. Bisogna sbrigarsi, perché essere più giovani è, purtroppo, un valore competitivo non trascurabile soprattutto per chi decide (miracolosamente) di assumere. La seconda riflessione potrebbe, poi riguardare, l’altro vizio tutto italiano del puntare il dito contro colui che si considera il raccomandato di turno.
Martone certamente non è figlio di un “signor nessun” ma smettiamola con la convinzione intrisa di livore (e anche un po’ di invidia) di affibbiare a chi riveste ruoli prestigiosi (lo sono davvero?) l’etichetta di incapace e di sorretto sempre da papà e mammà o dallo zio d’America. L’ultima considerazione è nella comune certezza dell’indelicato modo di esprimersi di un soggetto che ha fatto delle sue doti comunicative (e autopromozionali) uno dei suoi cavalli di battaglia. Ma a scusarsi ci ha pensato lui stesso sul suo blog promettendo «in futuro di essere più sobrio ma sempre sincero».