Neocatecumenali, il papa si concentra su unità e liturgia. E non è un caso

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L’unità nella Chiesa e la liturgia. Sono i due passaggi che restano del discorso del papa alle comunità del Cammino neocatecumenale di venerdì 20 gennaio 2012. Unità e liturgia: non a caso due ambiti nei quali il Cammino, storicamente, ha avuto aspetti critici. Indicazioni per il futuro, raccomandazioni cruciali che il papa lascia alla riflessione dei neocatecumenali, come in un programma da realizzare per il bene stesso del Cammino e della Chiesa tutta.

Certo, dal papa è arrivato anche il ringraziamento per la testimonianza di fede visibile nel mondo e un nuovo riconoscimento del Cammino come “particolare dono che lo Spirito Santo ha dato ai nostri tempi”, ma è su quei due aspetti che Benedetto XVI insiste maggiormente, arrivando a fare una vera e propria lezione teologica sulla liturgia, con una serie di indicazioni nette e precise sul senso della celebrazione eucaristica e sulla necessità di agire sempre facendo attenzione all’unità della Chiesa. Benedetto XVI invita a dare attenzione all’unità e all’armonia dell’intero corpo ecclesiale: “Nella vostra preziosa opera – dice – ricercate sempre una profonda comunione con la Sede Apostolica e con i Pastori delle Chiese particolari, nelle quali siete inseriti: l’unità e l’armonia del Corpo ecclesiale sono un’importante testimonianza a Cristo e al suo Vangelo nel mondo in cui viviamo”. Il papa afferma che è vero che è necessario “un profondo rapporto personale con Cristo, nell’ascolto della sua parola e nel percorrere il cammino che ci ha indicato”, ma puntualizza e ricorda che questo “avviene anche inseparabilmente nel credere con la sua Chiesa, con i santi, nei quali si fa sempre e nuovamente conoscere il vero volto della Sposa di Cristo”. Non è una novità: il papa punta sull’unità, e la chiede non solo nelle situazioni ordinarie, ma anche nelle missio ad gentes, nell’evangelizzazione delle zone che sono diventate indifferenti alla fede: “Il vostro impegno e la vostra testimonianza siano come il lievito che, con pazienza, rispettando i tempi, con sensus Ecclesiae, fa crescere tutta la massa”. Con “pazienza”, dice il papa, “rispettando i tempi”, quindi non forzando nessuno, non cercando risultati immediati, avendo riguardo al bene di tutta la Chiesa.

Benedetto XVI ha fatto riferimento al decreto “con cui vengono approvate le celebrazioni presenti nel “Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale”, che non sono strettamente liturgiche, ma fanno parte dell’itinerario di crescita nella fede”, e ne parla come di un “altro elemento che vi mostra come la Chiesa vi accompagni con attenzione in un paziente discernimento, che comprende la vostra ricchezza, ma guarda anche alla comunione e all’armonia dell’intero Corpus Ecclesiae”. Non siete soli, dice in pratica: ci siete in quanto parte dell’intera Chiesa. E qui fa partire “un breve pensiero sul valore della liturgia” che in realtà è una vera e propria lezione: il papa dice che “passione, morte e risurrezione di Gesù non sono solo avvenimenti storici, ma trascendono la storia e nell’azione liturgica della Chiesa c’è la presenza attiva di Cristo risorto che rende presente ed efficace per noi oggi lo stesso mistero pasquale: “Questa opera del Signore Gesù, che è il vero contenuto della liturgia, l’entrare nella presenza del Mistero pasquale, è anche opera della Chiesa, che, essendo suo corpo, è un unico soggetto con Cristo”. Questo – precisa il papa – “vale in modo specialissimo per la celebrazione dell’Eucaristia, che, essendo il culmine della vita cristiana, è anche il cardine della sua riscoperta, alla quale il neocatecumenato tende”. E qui il papa, continuando la lezione, fa una disamina del senso e delle modalità della celebrazione Eucaristica, cioè della Santa Messa, così come viene celebrata nelle comunità neocatecumenali. Sull’oggetto del decreto di approvazione dei riti inseriti nel Direttorio catechetico il papa non spende parole, ma sul resto – su ciò che nel decreto non c’è – ci ricama sopra la parte più importante della sua omelia. Perché è cruciale, e perché è bene che in questo campo le cose siano chiare.

Anzitutto, perché i neocatecumenali celebrano il sabato in piccole comunità? Per un’unica ragione: “al fine di favorire il riavvicinamento alla ricchezza della vita sacramentale da parte di persone che si sono allontanate dalla Chiesa, o non hanno ricevuto una formazione adeguata”. Tale celebrazione si compie, ovviamente, “dopo i primi Vespri della domenica, secondo le disposizioni del Vescovo diocesano”. “Ogni celebrazione eucaristica – spiega Benedetto XVI – è un’azione dell’unico Cristo insieme con la sua unica Chiesa e perciò essenzialmente aperta a tutti coloro che appartengono a questa sua Chiesa: questo carattere pubblico della Santa Eucaristia si esprime nel fatto che ogni celebrazione della Santa Messa è ultimamente diretta dal Vescovo come membro del Collegio Episcopale, responsabile per una determinata Chiesa locale”. Nel concreto, dunque, “la celebrazione nelle piccole comunità, regolata dai Libri liturgici, che vanno seguiti fedelmente, e con le particolarità approvate negli Statuti del Cammino, ha il compito di aiutare quanti percorrono l’itinerario neocatecumenale a percepire la grazia dell’essere inseriti nel mistero salvifico di Cristo, che rende possibile una testimonianza cristiana capace di assumere anche i tratti della radicalità”. Insomma, la messa del sabato sera esiste perché c’è un fine esclusivamente pastorale e non le rende avulse dal resto della Chiesa. Infatti, dice il papa al Cammino, “la progressiva maturazione nella fede del singolo e della piccola comunità deve favorire il loro inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale, che trova nella celebrazione liturgica della parrocchia, nella quale e per la quale si attua il Neocatecumenato, la sua forma ordinaria”. Come dire: la messa del sabato sera nella singola comunità è funzionale a facilitare l’inserimento del singolo nella vita della parrocchia. Non deve diventare un luogo a parte rispetto ad essa, non deve separare, non deve favorire la divisione all’interno della parrocchia, ma deve inglobare, coinvolgere, dare una prospettiva realmente ecclesiale. Questo è il fine della possibilità di celebrare in piccole comunità. Benedetto XVI indica insomma al Cammino che non si può fare della Messa un momento di separazione ma che l’obiettivo deve essere “l’inserimento del singolo nella vita della grande comunità ecclesiale”, ad iniziare dalla “celebrazione liturgica della parrocchia”. E precisa, il pontefice, a scanso di equivoci, che questa cosa deve avvenire non una volta che il singolo abbia terminato il pluridecennale percorso di formazione che è il Cammino, ma subito, immediatamente: “Ma anche durante il cammino – afferma infatti Benedetto XVI – è importante non separarsi dalla comunità parrocchiale, proprio nella celebrazione dell’Eucaristia che è il vero luogo dell’unità di tutti, dove il Signore ci abbraccia nei diversi stati della nostra maturità spirituale e ci unisce nell’unico pane che ci rende un unico corpo”.

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