Chi offende davvero il volto di Cristo?
Si chiama “Il Nemico”, e annuncia l’Apocalisse. Non è l’ultimo romanzo di Dan Brown, ma un thriller di Michael O’Brien. Pubblicato nel 1996 ha un merito e una colpa per il mercato internazionale. Il merito: parla dell’Apocalisse, un tema che piace ed affascina tutti. La colpa: parla bene della Chiesa cattolica, e l’Apocalisse non è fatto di terremoti e alluvioni come nelle migliori trame da blockbuster hollywoodiano. Si tratta, piuttosto, di un lento, dolce e deciso avvelenamento della società organizzato dal Nemico. I principi vengono annacquati, il clero sfiduciato, la religione ridotta a liti sterili tra tradizionalisti e modernisti, e la fede umiliata in pubblico da chi si ritiene “razionale”. Tragicamente attuale.
Così attuale, che gli stessi meccanismi sono stati messi in moto per lo spettacolo “Sul concetto di volto nel Figlio di Dio” di Romeo Castellucci, in cartellone al teatro Parenti di Milano. Una piéce che ha portato alla mobilitazione di alcuni gruppi cattolici (il neo costituito Comitato San Carlo, e siti come “Riscossa cristiana”, “Messa in latino”, “Basta cristianofobia”, “La bussola quotidiana”, e altri ) che chiamano alla “reazione”, fatta di preghiere riparatorie e di proteste pacifiche, di fronte a uno spettacolo accusato di blasfemia.
La pièce è stata rappresentata in Francia, ed ha suscitato polemiche. E anche in Italia non sembra essere da meno. Tanto che l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola, quasi a placare gli animi, ha fatto diramare un comunicato dalla diocesi in cui si domanda “che sia riconosciuta e rispettata la sensibilità di quanti cittadini milanesi, e non sono certo pochi, vedono nel Volto di Cristo l’Incarnazione di Dio, la pienezza dell’umano e la ragione della propria esistenza” e si chiede di “evitare che un’esaltazione unilaterale della dimensione individuale della libertà di espressione conduca ad tutti contro tutti ideologico che divenga poi difficilmente governabile”, bacchettando al contempo i contestatori: “La preghiera per manifestare il dissenso non può accompagnarsi a eccessi di qualunque tipo, anche solo verbali”.
Perché una pièce teatrale suscita così tante polemiche? La trama l’ha fornita lo stesso Romeo Castellucci, per difendersi da quella che lui definisce una “fatwa cristiana”. “Un piano sequenza – racconta – questo padre incontinente e il figlio che gli cambia il pannolone tante volte. Sullo sfondo il famoso Cristo di Antonello da Messina. A poco a poco il salotto è invaso da pannoloni. C’è un aspetto iperrealista con anche l’odore. L’equazione: feci=Gesù ha scatenato reazioni violentissime”. Anche perché la medesima immagine viene poi bersagliata dalle “granate” lanciate da alcuni bambini. La performance si chiude con un inchiostro nero che scende sul Volto e un messaggio definitivo: “Tu non sei il mio pastore”. Scene, assicurano dal teatro, tagliate nella versione italiana.
A farsi carico dei contenuti della nota della diocesi di Milano è stato il Comitato San Carlo Borromeo, che aveva chiesto una lettera di sostegno alla Segreteria di Stato e aveva indetto persino una conferenza stampa per il 21 gennaio. La lettera è arrivata, e il Comitato l’ha divulgata ai media. Si trattava di una risposta “ufficiale”, educata e generica. Tanto che padre Federico Lombardi, presidente della Sala Stampa della Santa Sede, ci ha tenuto a sottolineare che la lettera “allarga il discorso ed auspica che ogni mancanza di rispetto di questa natura incontri la reazione ferma e composta della comunità cristiana, illuminata e guidata dai suoi Pastori” .
Il dibattito però si è inasprito. Il Comitato San Carlo Borromeo ha fatto retromarcia, e annullato la conferenza stampa del 21 gennaio. Nel frattempo, i pareri in favore della pièce di Castellucci si sono moltiplicati, anche in ambito cristiano. A partire da Giuseppe Frangi, nipote di Giovanni Testori, che fondò il teatro Parenti. “Dovessi spiegare perché la pièce mi interessa, direi innanzitutto questo: è uno spettacolo che rimette inaspettatamente il volto di Gesù al centro della scena”. E poi Antonio Socci, che fa sua l’esperienza della pièce ricordando quella che fa con sua figlia Caterina, in riabilitazione: “Macchè blasfema, la pièce è una preghiera”.
Ma forse c’è da guardare più a fondo, a quel circo mediatico che si innesta per ogni “fenomeno Dan Brown”. Allora “il Codice da Vinci” fu improvvidamente attaccato pubblicamente anche da uomini di Chiesa, e questo generò il successo di un libro che era un romanzo senza pretese di storicità, ma che fu gonfiato dal circo mediatico fino a farlo diventare una verità assoluta. Risultato: grande successo editoriale, pubblicità gratuita, e un mondo capovolto senza chiedersi nemmeno perché. E senza fare una critica “letteraria” al romanzo. Lo stesso sta succedendo con la piéce di Castellucci. Che gode di pubblicità gratuita, e in fondo sa anche giocare con il circo mediatico. Altrimenti, perché parlare di “fatwa cristiana” e attribuire al Papa una lettera – tra l’altro formale – dell’assessore della Segreteria di Stato?