Bandiera della pace: per i cristiani simbolo da sventolare o da ripiegare? I toni si fanno più duri

Bandiera pace
Condividi su...

Bandiera paceSui terrazzi, nelle marce, alle manifestazioni e più di qualche volta anche in chiesa, intorno all’altare, dietro il crocifisso, sui muri degli oratori. La bandiera della pace: simbolo di fratellanza o di relativismo etico? Vessillo da portare con fierezza a testimonianza dei propri ideali di vita o da rifiutare per i suoi richiami a esoterismo e New Age? Soprattutto: simbolo anche cristiano, da offrire persino all’altare durante la Messa o simbolo da rifiutare perché, nelle sue origini e nei suoi significati profondi, sostanzialmente anti-cristiano?


Se non fosse che si parla di “pace”, si potrebbe dire che è “guerra aperta” fra i sostenitori delle tesi contrapposte. Alla recente presa di posizione dell’agenzia Fides risponde ora l’associazione “Beati i costruttori di pace”. E sono parole pesanti, con un attacco diretto al “mercato” che degli altri simboli (religiosi e non) si fa nei raduni come la Gmg o nelle chiese italiane. Un esempio? La recente esposizione della salma di Padre Pio, definita “un’operazione finanziaria in grande stile”…

L’agenzia vaticana aveva criticato tutti quegli uomini di Chiesa, laici o chierici che siano, che “per tutti questi anni ostentato la bandiera arcobaleno e non la croce, come simbolo di pace”, arrivando ad affiggere lo stendardo arcobaleno sugli altari, gli ingressi e i campanili delle chiese. Per Fides è “incontestabile che questo simbolo si presenta come il più adatto a rappresentare un idea, oggi molto in voga, secondo la quale non ci sarebbe alcuna verità assoluta”: un simbolo dunque di relativismo, legato al sincretismo, alla New Age, all’esoterismo, all’induismo, al buddismo e via orientaleggiando: tutti contenuti poco in linea con il catechismo della Chiesa Cattolica. Ne è sorto un dibattito che ha avuto eco anche sui mezzi di comunicazione, con tanto di quotidiani nazionali impegnati a criticare quegli uomini di Chiesa abituati ad accompagnarsi alla bandiera della pace (l’ultimo esempio è la dura requisitoria pubblicata su “Libero” contro il vescovo ausiliare di Roma e assistente ecclesiastico nazionale della Unitalsi monsignor Luigi Moretti, reo di aver fatto stendere la bandiera arcobaleno ai piedi della statua della Madonna di Lourdes nel corso di un pellegrinaggio nella cittadina della grotta di Massabielle.

Ora, un mese dopo il lancio Fides, arriva la risposta di una delle associazioni che più ha contribuito al diffondersi nel mondo cattolico della bandiera della pace: l’associazione “Beati i costruttori di pace”. Non sono parole tenere, e la difesa è un attacco a tutto campo: come detto, con la rassicurazione che mai la bandiera della pace è stata contrapposta o sostituita alla Croce, ci sono infatti considerazioni “scomode” sul redditizio “mercato” degli altri simboli religiosi, dalle candele fino alla recente iniziativa dell’esposizione della salma di Padre Pio, giudicata come “speculazione della pietà popolare”, “operazione finanziaria in grande stile”, “scandalosa campagna pubblicitaria, che sa più di idolatria che di devozione”.

 

 Bandiera pace nel Duomo di Montagnana - Padova
Una fotografia degli anni passati: la bandiera della pace nel Duomo di Montagnana (diocesi di Padova), Parrocchia Arcipretale di S. Maria Assunta.

LA DIFESA – Per “Beati i costruttori di pace” (qui il testo integrale) la presa di posizione di Fides è “fuori luogo e fuori tempo”, con un “impianto ideologico fondato su una realtà che non esiste proprio”: la ricerca di Fides “rispecchia paure ideologiche, ma certamente non coglie le motivazioni e il significato reale dato da chi in tutti questi anni ha esposto e ha portato sulle spalle la bandiera arcobaleno come espressione della sua volontà e del suo impegno di pace e di nonviolenza”. Secondo l’associazione “c’è un abisso tra la verità di Fides costruita per deduzione su una ipotesi smaccatamente falsa (quella che i cattolici avrebbero preferito la bandiera della pace al simbolo della croce perché quest’ultima sarebbe stata brandita come simbolo di sopraffazione) e la verità incarnata espressa dalla vita delle persone”. “Mai pensato, neanche lontanamente, di sostituire o contrapporre la bandiera arcobaleno al Crocifisso, ma nemmeno mai pensato di considerare la croce uno stendardo”, scrive l’associazione di Padova. “È troppo vitale e diretto il rapporto con Gesù, l’unico Dio che conosciamo, né cristiano né cattolico ma semplicemente uomo, troppo diretta la relazione di fede in Lui, il Vivente, che ci sembra blasfemo ridurre la Croce a simbolo da ‘ostentare’. Abbiamo portato il legno della croce in manifestazioni come ‘Via Crucis’ o ‘Veglie’, ma all’interno di una espressione comunitaria di fede: mai ci siamo permessi di paragonarla o, peggio, offuscarla con la bandiera della pace!”.

L’ATTACCO – E qui, terminato il gioco difensivo, parte il contropiede: “Perché ve la prendete tanto con la bandiera della pace e non con tutti gli altri simboli presenti nelle chiese? Se dovesse essere ‘ostentata’ solo la Croce, perché accettate tutto il resto fino al mercato delle immagini e delle candele, accese davanti a tante immagini e simulacri ma non davanti al Crocifisso? Con ‘offerta’, si vende di tutto nelle chiese: che ne pensate di tutto il folclore delle grandi adunate cattoliche, non solo bandiere ad hoc, ma anche magliette, cappellini, gadgets e sponsorizzazioni varie?”. E non finisce qui. “Nessun pronunciamento – continuano – per la scandalosa campagna pubblicitaria, che sa più di idolatria che di devozione, per la salma di san Padre Pio: una operazione finanziaria in grande stile, una speculazione della pietà popolare! A San Giovanni Rotondo non c’è la coda per il Crocifisso!”.

“Il volto dell’ultimo dei bambini rom – spiegano – vale più di tutte le cere e di tutte le salme del mondo, perché manifesta la presenza viva del Signore”: ecco perché “anche le nostre eucaristie, assieme al pane e vino, si arricchiscono di tanti altri simboli al momento delle offerte, per agganciare il rito all’attualità della vita e della storia”. “Se aveste l’onestà e il desiderio di conoscere le storie e le vicende vissute con quella bandiera – dice l’associazione rivolgendosi direttamente ai responsabili di Fides – potreste verificare di persona come è stata accolta dovunque come segno di speranza, di pace e di nonviolenza, come simbolo unificante e gioioso anche e soprattutto dentro alle sofferenze e alle crudeltà della guerra: a Sarajevo come a Pristina, a Gerusalemme come a Ramallah, a Butembo come a Bagdad; nei luoghi istituzionali come in quelli privati e in tutte le celebrazioni ecumeniche per la pace”. Proprio l’ingresso a Sarajevo di don Tonino Bello (“vescovo compatito e a volte vilipeso per il suo impegno per la pace quando era in vita, onorato ora da morto come profeta dei poveri e della pace”) è ricordato come esempio di “testimonianza della volontà di pace nel cuore della guerra”, perché “a volte contano più i fatti che le parole”.

151.11.48.50