L’amore per il creato a lezione da Wojtyla

Un Papa montanaro che conosceva bene le meraviglie e i pericoli delle vette, che faceva passeggiate, e spesso si fermava ore a pregare e ad ammirare lo spettacolo imponente del Creato a quelle altezze, che lui spesso paragonava a grandi cattedrali a cielo aperto, dove il colloquio con il Divino era più vicino. Questa l’immagine di Giovanni Paolo II nel convegno “L’amore per il creato a lezione da Wojtyla” promosso dall’associazione onlus Greenaccord, che si è svolto alcuni giorni fa a Genzano in provincia di Roma. Un percorso di ricordi e testimonianze per raccontare l’amore per la natura del compianto pontefice. “Io ho avuto l’onore di seguire spesso il papa durante le sue vacanze – ha spiegato il fotografo pontificio, Arturo Mari – e quello che conservo dentro di me sono ricordi indimenticabili. Quando si parlava di vacanze, io dicevo sempre che era in realtà il doppio lavoro, perché il Santo Padre apriva veramente la sua mente; lì sono nate diverse Encicliche e i vari messaggi per l’uomo, per la famiglia, per la donna, per i giovani. Penso che questo fosse il punto più sostanziale del Papa: non era riposo, ma era il contatto con Dio, a questa altezza, con quell’aria, ma bisogna andare lì per comprendere meglio queste cose” e il racconto man mano che prosegue diventa confidenziale.
Mari ricorda le cene informali con il papa e tutti loro collaboratori, il clima familiare che si creava “Quando eravamo in viaggio, non c’era più il rapporto papa-fotografo, ma si viveva in famiglia… Naturalmente io avevo sempre chiaro in mente chi c’era davanti a me , lui era il Papa, ma era sempre una famiglia. Era di un’umiltà disarmante, ed è quella che poi gli ha permesso di toccare il cuore di tante persone e di parlare con i potenti della terra in un dialogo sincero e lontano da tanti formalismi”. E le giornate di Giovanni Paolo II durante le sue vacanze in montagna, ma soprattutto nella residenza di Castel Gandolfo seguivano ritmi tranquilli e cadenzati, come ha raccontato mons. Emery Kabongo, suo secondo segretario: “La sua giornata cominciava con la Messa, poi dopo una piccola colazione il santo padre cominciava a lavorare. Riceveva alcune persone che volevano salutarlo, e che non riusciva ad incontrare durante l’anno. Di solito erano gli amici di sempre , quelli degli anni della scuola di teatro a Cracovia e dell’ università. Poi facevamo delle passeggiate, ci fermavamo a pregare ,la recita del Santo Rosario a lui tanto cara, leggeva il Breviario e poi si intratteneva a parlare con noi. Io ho avuto l’onore di seguirlo per sei anni e ho vissuto con il Santo Padre sentendomi a casa: era anzitutto un padre!”.
E all’incontro era presente anche il prefetto Enrico Marinelli, che è stato per molti responsabile della sicurezza di Giovanni Paolo II “Il Papa si è subito fidato di me, sin dal nostro primo incontro- ha spiegato con la voce piena di emozione – lui amava la montagna, ci è andato tante volte, e io l’ho accompagnato sempre. La montagna lo riossigenava. Camminava tanto, correva quasi!. Spesso lui ci precedeva di molto, poi si fermava per aspettarci. Quando trovava una croce si fermava a pregare, rimaneva assorto in silenzio, in una clima quasi irreale. Di solito la giornata del Papa cominciava alle 5.30 del mattino e prima di mezzanotte non si ritirava nella sua camera da letto. Era l’uomo della preghiera, l’uomo dell’azione: il Papa era completo! E soprattutto viveva la parola di Dio, si occupava dei più poveri, agli ammalati, erano i suoi prediletti. Quando poi si è ammalato anche lui ha sopportato in silenzio con eroicità, ed è stato l’espressione vivente della sofferenza di Cristo”.
E Andrea Masullo presidente del comitato scientifico di Green Accord citando l’Enciclica “ Centesimus annus “ scritta dal papa nel 1991, dove tra le altre cose erano stati affrontati con particolare attenzione i temi ambientali , ha ricordato che ”Giovanni Paolo II ci lascia un grande insegnamento. L’uomo scoprendo la sua capacità di trasformare e in un certo senso di creare il mondo con il proprio lavoro, crede di poter tiranneggiare la terra e di allontanarsi così dal disegno originario del Creatore. E così facendo finisce solo col provocare la ribellione della natura, e i grandi disastri di quest’ultimo decennio ne sono al dimostrazione. Quindi, sta a noi scegliere se cooperare o meno, in fondo Giovanni Paolo II ci insegna proprio che amare il Creato vuol dire amare l’uomo e sperare in un domani dove la terra accolga ancora con amore e generosità le nuove generazioni.”
Foto: Cristiano Proia