Quando gli orizzonti si restringono…

Beppino Englaro
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Ci sono due concetti contrapposti nell’immaginario che ruota intorno alla vicenda di Eluana Englaro, la giovane donna in stato vegetativo, per cui la Corte di Appello di Milano ha considerato legittima la sospensione dell’alimentazione e idratazione artificiale. Due immagini forti: un sondino da staccare e una bottiglietta d’acqua. La morte e la vita. Il tutto inserito in una prospettiva ideologica che, specie sui media, tende a semplificare ogni ragionamento complesso.

Come avvenuto nel caso Welby, si ripresentano così il fronte della libertà di scelta e quello del sì alla vita ad oltranza, con giudizi ambivalenti e rimandi di ogni sorta. Chi è favorevole ad interrompere l’alimentazione è ora un alfiere della dignità, ora un assassino; chi lotta per la vita di Eluana, ora un paladino dei valori, ora un cinico che pretende di far soffrire la gente.

E’ il gioco delle letture unilaterali, che spostano l’attenzione e creano conflitto su singole situazioni, mettendo da parte le questioni generali. Del resto, i casi di Welby o di Eluana trascendono se stessi: sono storie delicatissime sul piano umano che richiedono tutta la comprensione e la delicatezza possibili, ma che non possono essere trattate come fatti privati.

Quando si parla dei grandi temi della fine della vita è pericoloso prescindere da norme etiche condivise. Perché se oggi l’alimentazione artificiale viene considerata indegna per una persona in stato vegetativo, domani potrà esserlo per un malato terminale di Alzheimer o di Parkinson, così come per un malato psichico non autosufficiente. Un paradosso? Per nulla, ma solo la constatazione che una volta affermato un principio e un precedente, diventa estremamente difficile non consegnare un’intera materia al legittimo arbitrio di ciascuno.

E’ questo il nocciolo della questione, la vera posta in gioco nel polverone mediatico di questi giorni. Dilemmi etici che non possono essere relegati nella polemica posticcia tra laici e cattolici, tra gruppi di pressione agli antipodi, tra sostenitori del sondino da staccare e della bottiglietta da bere. La vita e la morte ci riguardano tutti e interpellano, prima che le leggi e la politica, la cultura di un popolo. Cultura intesa come bagaglio di conoscenza e di valori condivisi, collante di una comunità, codice di comportamento di una collettività.

Al di là della sorte di Eluana e delle tante persone come lei, la domanda diventa quindi una sola: cosa vogliamo essere? In cosa vogliamo credere? E soprattutto: la vita merita ancora di essere difesa?

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