Natale in Medio Oriente per una libertà dei popoli

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A poche ore dalla celebrazione del Natale il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, che nei giorni scorsi si è recato a Gaza per celebrare il Natale tra i circa 300 fedeli della locale comunità cattolica, la più provata tra quelle del Patriarcato latino di Gerusalemme, ha affermato che i cristiani, che hanno il diritto a recarsi a Betlemme per celebrare il Natale, patiscono le sofferenze di tutto il popolo palestinese che ancora non gode del diritto a vivere in uno stato indipendente, libero e pacifico.

 

 

Secondo quanto riferito dal Patriarcato Latino, impartendo i sacramenti della cresima e della comunione a dieci bambini, nell’omelia il patriarca Twal ha sottolineato: “un fanciullo, innocente e indifeso, viene al mondo a Betlemme, nella nostra amata Terra Santa. Egli porta la pace. In un mondo lacerato dai conflitti e dall’inimicizia, il piccolo Gesù è un segno straordinario di novità e di speranza. La pace parte dal nostro cuore. Si allarga alle nostre famiglie. Si diffonde silenziosa nelle nostre città e nella nostra terra”.

Inoltre ha sottolineato il diritto di ogni cristiano ad recarsi a Betlemme per celebrare il Natale: “Le religioni hanno una responsabilità tutta particolare per aiutare le persone a costruire la pace. Le religioni sono un fattore di pace. Condanniamo ogni violenza a danno dei luoghi di culto e così pure il disprezzo verso i simboli religiosi”. Infatti la lettera di Natale scritta dal patriarca ha messo in evidenza l’importanza del dialogo interreligioso: “Ciò che ci aspettiamo da questi incontri è un superamento dei pregiudizi e la crescita del rispetto reciproco per imparare a conoscere i nostri valori comuni e a costruire così ponti di buon senso e di buona volontà, senza dimenticare l’importanza del dialogo di vita che si svolge nel quotidiano, all’interno delle nostre scuole e nelle nostre diverse istituzioni”.

Proseguendo la lettura del messaggio, il Patriarca Twal ha mostrato un segno di attenzione anche alla ‘Primavera araba’ e della richiesta all’Onu di riconoscimento di uno Stato di Palestina: “Ho sempre difeso i cambiamenti in atto a favore della democrazia e della libertà, ho anche sottolineato che i cristiani non sono esclusi da tali movimenti. Detto questo, spero sinceramente che siano rispettati i diritti umani e la dignità di ogni singolo. Spero che le autorità competenti possano compiere ogni sforzo per calmare gli spiriti senza ricorrere alla violenza, proteggendo le minoranze che sono parte integrante di questi popoli. Dobbiamo saper cogliere questo momento per costruire una nuova società, basata sulla cittadinanza uguale per tutti”, riaffermando la posizione della Santa Sede, ‘due Stati con confini sicuri e internazionalmente riconosciuti’.

Anche in una terra vicine, in Irak, sarà difficile celebrare Natale per i cristiani, vittime di violenze, abusi e intimidazioni; per questo, il vicario patriarcale di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, ha annunciato che le messe di mezzanotte del 24 dicembre saranno anticipate al pomeriggio, mentre quelle del 25 dicembre saranno celebrate al mattino presto. Comunque il vescovo ha assicurato che “stiamo cercando di far vivere, almeno ai nostri bambini, un clima di festa, organizzando recite e feste con Babbo Natale che offre regali. È chiaro, però, che la situazione non è tranquilla.Da una parte non manca la speranza in Dio ma dall’altra, come uomini avvertiamo paura e insicurezza. Le nostre preghiere per il Natale che viene sono rivolte proprio a chiedere pace, sicurezza e stabilità, non solo per l’Iraq ma per tutto il Medio Oriente”.

Ed anche dall’Egitto il vescovo ausiliare del patriarcato di Alessandria dei copti, mons. Boutros Fahim Awad Hanna, invita i cristiani alla speranza attraverso l’assiduità della preghiera: “La nostra preghiera prende spunto dalle ultime parole della Sacra Scrittura, ‘Vieni Signore Gesù’. Abbiamo bisogno della presenza del Bambino tra noi, perché davanti ad un bambino tutti abbassano le armi e nessuno ha paura, tutti sorridono e si chinano. Non ci inginocchiamo davanti a un imperatore o a un dittatore ma a un bambino che porta la pace. E l’Egitto ha bisogno di pace”.

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