Montini e Mazzolari, un rapporto profetico

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Stiamo vivendo i giorni del Natale e forse in questo momento siamo più disposti a pensare, a riflettere, a leggere su grandi temi e grandi questioni. Perciò potremmo affrontare una lettura più impegnativa e ricca di spunti  come quella proposta da Anselmo Palini nel suo saggio dal titolo. , (edizioni Messaggero, Padova novembre 2010, pp. 160, euro 16,00), con la prefazione di Bruno Bignami, presidente della Fondazione Mazzolari di Bozzolo e la postfazione di Pierantonio Lanzoni, vice postulatore della causa di beatificazione di Paolo VI.

Il libro, infatti, pone a confronto e intreccia due grandi protagonisti della vita della Chiesa del Novecento come Giovanni Battista Montini, diventato poi pontefice con il nome di Paolo VI,  e don Primo Mazzolari. Due persone che, per formazione e carattere, erano molto diverse, quasi agli antipodi. Ma accomunati dall’amore per la Chiesa e dalla fedeltà ad essa. Giovanni Battista Montini (1897-1978) proviene da una famiglia della ricca borghesia bresciana. Primo Mazzolari (1890-1959) è invece figlio di una umile famiglia contadina. Eppure le loro esistenze si sono intrecciate più e più volte, come l’autore riesce a  ben ricostruire.  Abitando in paesi fra loro vicini, hanno avuto comuni amici e si sono ritrovati entrambi a frequentare, in alcuni periodi, gli stessi ambienti e realtà ecclesiali. La loro conoscenza iniziale risale probabilmente alla metà degli anni Venti del Novecento e da allora i rapporti tra i due non si sono mai interrotti, anche se condizionati dai diversi cammini seguiti in ambito ecclesiale.

Primo Mazzolari e Battista Montini si sono infatti trovati, ad un certo punto della loro vita, agli estremi della scala gerarchica della Chiesa: l’uno parroco di un piccolo paese della Bassa padana, l’altro arcivescovo della diocesi più grande del mondo. Non solo. Montini diventa Pontefice, capo della Chiesa universale. Eppure, il loro dialogo non si è mai interrotto. Anche quando nascevano perplessità, dubbi sull’operato di Mazzolari, giudicate troppo rivoluzionarie, troppo aperte al nuovo. Contro ogni guerra, contro ogni violenza, per una “chiesa dei poveri”, fece il partigiano, scrisse libri controversi, fu osteggiato a lungo dalle gerarchie. Paolo VI  rappresentava la più alta autorità ecclesiastica, e doveva avere un altro passo. Il Pontefice dichiarò infatti, dopo la morte del parroco di Bazzolo:

Destino, quello dei profeti, di essere quasi sempre inascoltati, emarginati, persino combattuti.  Nella esemplarità di questa vicenda, infatti, si rispecchia l’eterna questione del rapporto fra del rapporto fra autorità e profezia all’interno della Chiesa. Un rapporto difficile, spesso doloroso, come ricordava papa Paolo VI, ma anche ricco e fecondo.  Da una parte, dunque, le spinte forti, propulsive, ma percepite come fughe in avanti troppo incontrollate, che spaventano, che risultano incomrpensibili, ma  che gettano semi germinati poi nel tempo. Sono tantissime le figure che hanno vissuto questa parabola: prima guardate con sospetto, persino condannate, poi non solo riabilitate ma addirittura beatificate e canonizzate. Fu così, in qualche modo, anche per San Francesco d’Assisi, considerato pazzo e osteggiato  (ma non dal Papa), o san Filippo Neri, e per tanti altri, fino al caso Antonio Rosmini o queelo, più ancora recente, di  Padre Pio, oggi San Pio e quindi anche per Primo Mazzolari. Ma nessuno di loro abbandonòla Chiesa o volle fomentare disobbedienza. Tutti sapevano di appartenere ad unica storia, quella della salvezza.

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