Il mondo ha ricordato Kim Jong-il e non Vaclav Havel

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Sabato 17 dicembre, come per un gioco della storia, sono scomparsi contemporaneamente l’ex presidente della Cecoslovacchia, Vaclav Havel, ed il dittatore della Corea del Nord, Kim Jong-il. Mentre per Havel si sono registrate poche reazioni giornalistiche e quasi nulle quelle istituzionali, forse perché si considerava ‘non violento’; invece il mondo, specialmente quello economico, appresa la notizia della morte del dittatore nordcoreano è andato in fibrillazione con un calo vertiginoso delle Borse in apertura di seduta: il mercato di Tokio ha ceduto l’1,26%. Tragicocomico destino di un mondo che aspira alla libertà ed alla democrazia, ma che molto spesso dimentica i ‘padri’ che difendono i principi universali dell’uomo ed ‘osannano’ i dittatori.

Vaclav Havel, scrittore e drammaturgo, è morto all’età di 75 anni (i funerali si svolgeranno venerdì 23 dicembre) ed era considerato l’eroe della sua Cecoslovacchia, che aveva efficacemente definito ‘Assurdistan’, durante la rivoluzione di Praga, mentre soffocava tra le ‘nubi’ del socialismo reale. Fin dalla fondazione di ‘Charta 77’ ha professato la cultura di una rivoluzione non violenta; infatti la sua rivoluzione di velluto, iniziata nel novembre 1989, ha rappresentato uno dei momenti più alti e vibranti del risveglio dell’Europa orientale dopo decenni di repressione comunista.

Una rivoluzione pacifica, che riuscì a piegare una dittatura alienante come quella cecoslovacca, che poco più di 20 anni prima aveva soffocato, con l’aiuto fondamentale dei blindati sovietici, la Primavera di Praga. L’impegno intellettuale e politico di Havel affondava le sue radici nel risveglio culturale del Paese negli anni Sessanta. Il suo impegno durante la Primavera di Praga provocò il suo allontanamento dal circuito culturale cecoslovacco, ma pochi anni dopo torna ad esplodere in tutta la sua rivoluzionaria efficacia con il documento ‘Charta 77’; il documento criticava il governo della Cecoslovacchia per la mancata attuazione degli impegni sottoscritti in materia di diritti umani, tra i quali la Costituzione dello Stato, l’atto finale della conferenza di Helsinki sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (1975) e gli accordi della Nazioni Unite sui diritti politici, civili, economici e culturali. Il libro più famoso e sconvolgente di Havel è stato ‘Il potere dei senza’, che nel 1983 l’ho letto tutto di un fiato in una ristampa ‘Outprints -CSEO’, acquistando tutta la collana che ‘Charta ‘77’ editò negli anni della repressione russa:

“Mi sono spesso interrogato, come intellettuale e come uomo di Stato, sul perché ci si comporta in modo corretto, perché si compiono azioni rette. A volte sono sceso a compromessi, a volte sono stato vittima di dubbi e pressioni, a volte non ho agito secondo convinzione; in ognuno di quei casi ho sperimentato un senso di fastidio, un’insoddisfazione che non mi abbandonava. Ma quando si fa il bene anche se si è soli, nessuno ci osserva e potremmo trarre vantaggi da una condotta diversa, allora si comprende che l’ordine morale ha radici metafisiche, che ciò che è compiuto rimane, a un livello più profondo di quello empirico, visibile”.

Inoltre, nelle lettere alla moglie Olga, scritte durante gli anni di prigionia, chiede opere dei suoi autori preferiti, da Brecht a Böll, da Beckett a Kafka, e chiede persino di avere una copia di ‘Introduzione al cristianesimo’ di Ratzinger.

Invece per il ‘caro leader’, come era chiamato Kim Jong-il, presidente della Corea del Nord morto a 69 anni per un attacco cardiaco, il mondo si è mobilitato per le possibili future ripercussioni: la Corea del Sud ha messo in allarme le forze armate e il governo giapponese si è immediatamente riunito e ha deciso di tenere contatti ‘serrati’ con Usa, Cina e Corea del Sud. Comunque al dittatore nordcoreano gli succederà il terzogenito Kim Jong-un, dall’anno scorso promosso generale e asceso ai vertici del Partito Comunista, pur non essendo praticamente mai comparso nella vita pubblica. Sarà lui a presiedere la commissione incaricata di allestire i solenni funerali di Stato, che si terranno il 28 dicembre a Pyongyang e ai quali non sarà invitata alcuna delegazione straniera, in armonia con le rigidissime consuetudini del regime. Il lutto nazionale è stato proclamato fino al 29 dicembre.

Da anni Amnesty International documenta l’abissale mancanza di rispetto dei diritti umani in Corea del Nord: “La libertà di espressione e di associazione è quasi inesistente. Centinaia di migliaia di persone che sono ritenute opporsi allo stato sono detenute in campi come la nota struttura di Yodok, dove si trovano famiglie fino a tre generazioni. I detenuti sono costretti a lavorare duro, fino a 12 ore al giorno. Allo stesso tempo, oltre un terzo della popolazione soffre per insufficienza di cibo e il sistema sanitario è in grave declino. Amnesty International ha appreso che ci sono persone che sopravvivono mangiando cortecce ed erbe, che vengono usati aghi non sterilizzati e che interventi chirurgici anche complessi vengono effettuati senza anestesia…

Dalla metà degli anni ‘90, quasi un milione di persone è morto per la grave mancanza di cibo. Milioni di nordcoreani, specialmente bambini e persone anziane, continuano a soffrire per la cronica malnutrizione. Questa situazione è in larga parte dovuta alle politiche fallimentari e controproducenti attuate sotto la leadership di Kim Il-Sung e Kim Jong-il”.

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