Retinopera: lo sviluppo umano ha bisogno di cristiani

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Sabato 17 dicembre alla Pontificia Università Gregoriana di Roma si è svolta una ‘Giornata di riflessione sulla formazione sociale e politica di Retinopera’, che è una rete di collegamento tra una ventina di associazioni cattoliche, a cui sono intervenuti il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, e il prof. Mauro Magatti, docente all’università cattolica ‘S. Cuore’ di Milano. Il prof. Magatti  ha fatto una radiografia della situazione presente: “Dopo  Todi, non ci sono più alibi per non essere pienamente consapevoli e responsabili della ricchezza del nostro mondo e  della sua capacità di parlare al paese e del suo futuro”. Il prof. Magatti ha parlato di una nuova vitalità del mondo cattolico: “L’impressione è quella di essersi imbattuti in una forma innovativa di rappresentanza politica”. Però, ha concluso il suo intervento: “Perché tale nuova soggettività possa davvero svilupparsi occorrerà darsi un metodo di lavoro”.

Nella relazione iniziale il card. Bagnasco ha tracciato i ‘contenuti per un cammino’, perché non si può utilizzare la libertà di coscienza per eludere, ridurre o contraddire il magistero, al contrario ci vuole coraggio per non conformarsi allo schema del mondo e aderire alla fede cristiana, parlando della coscienza: “Ci poniamo dunque nel campo che è particolarmente vostro, di voi associazioni e movimenti di ispirazione cristiana che, mantenendo un legame esplicito con la comunità cristiana, guardate alla realtà secolare che costantemente interpella”.

Ma che cosa si intendie per coscienza? Si è domandato il card. Bagnasco: “E’ la voce di Dio dentro di noi, è una struttura antropologica fondamentale insita alla persona, che appartiene quindi alla nostra essenza… La parola coscienza ricorre spesso nel linguaggio corrente, sia in quello più colto sia in quello più popolare, per situazioni e contingenze le più diverse, e non sempre a proposito. La modernità ha individuato infatti nel tema della coscienza una delle sue frontiere più emblematiche… Non raramente, nel nostro contesto, si tratta di esperienze che hanno avuto nella religione cristiana e cattolica l’humus vitale propizio per interiorizzare l’ alfabeto di idealità e moralità”.

Di seguito ha messo in guardia l’associazionismo cattolico dall’ambiguità della parola nel tempo post-moderno: “Così nella cultura elaborata, non raramente si registra la perniciosa tendenza a svuotare questa parola del suo contenuto primordiale di crogiuolo discriminante il bene dal male, e farla così slittare a sinonimo di individualismo sofisticato. E può diventare un alibi alla propria ostinazione quando la caparbia indisponibilità alla correzione di sé viene giustificata con la fedeltà alla voce interiore”. Così c’è il rischio di ‘correre’ verso un’assenza di costrizioni, citando una lettera del beato card. Newmann, in cui scriveva che ‘La coscienza è una severa consigliera, ma in questo secolo è stata rimpiazzata da una sua contraffazione: è il diritto ad agire a proprio piacimento’: “In pratica, è lo stordimento attorno al falso concetto di autonomia ciò che fa entrare in profonda confusione la cultura odierna, quella secondo cui la persona si pensa tanto più felice quanto più si sente prossima a fare ciò che vuole”.

Quindi occorre sperimentare la coscienza “per imparare a scegliere sempre il bene concreto, tenendo presente che il bene dell’uomo coincide con la sua strutturale apertura al futuro. Nell’impianto dell’essere ci sono pilastri irrinunciabili o imprescindibili”. La tappa successiva consiste nell’educare e formare la coscienza: “Il silenzio della coscienza, per incuria e abbandono, può far scambiare l’istintività per spontaneità, il velleitarismo per pertinenza, l’ingiustizia per giustizia, la morte per vita, l’egoismo per amore. E’ il retaggio del peccato originale e dei peccati personali: retaggio che appesantisce e annebbia la luce della coscienza come eco di quella Voce che crea e salva, guida e libera con la sua Parola”.

Il passaggio finale consiste nell’esercitare la coscienza nel discernimento ecclesiale: “Per riuscire in una scelta concretamente buona serve il discernimento, che non è mai un’iniziativa solitaria perché include la comunità ecclesiale, nella quale il discrimine viene dalla Parola di Dio e dal Magistero. Abbiamo bisogno dell’una e dell’altro perché la coscienza sia ‘convenientemente formata’… Grazie anche per la vostra presenza intelligente e operosa là dove vivete. Ci auguriamo che cresca e maturi un soggetto interiormente coeso e diffuso che, come fermento capillare, stimoli ad una formazione dottrinale sempre più documentata e, al contempo, provochi alla lettura cristiana della realtà”.

 

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