La storia di Perogatt. Raccontata da lui.
Quelli che disegnano i fumetti, sembrano persone irraggiungibili. Si cresce insieme ai loro personaggi, ma non si vede mai la mano che li ha creati. Resta un mondo misterioso, affascinante, fatto di creatività. Un mondo che non riesci mai ad avvicinare. E invece, Carlo Peroni Perogatt si faceva avvicinare. Se bussavi alla porta del suo mondo, ti lasciava entrare. Con lui, si esploravano mondi sconosciuti, una miriade di personaggi perché lui era fatto così: mentre scriveva, gli veniva una nuova idea, e poi un’altra ancora.
A volte ti raccontava delle ingiustizie che aveva subito. Di come, ad esempio, nessuno dei suoi datori di lavoro gli avesse pagato i contributi, e così lui era costretto a lavorare a ritmi folli per la sua età. O di come i fratelli Pagot si fossero appropriati di Calimero, l’ormai celeberrimo pulcino nero, che lui aveva inventato, disegnato, animato, e al quale aveva dato il nome, ispirato da via San Calimero, che era quella dove passava sempre per andare a lavorare come animatore alla Pagot Film. “I fratelli Pagot non mi riconobbero mai la paternita’ di questo personaggio… Solo qualche anno fa, in una mostra presso Cartoomics a Milano, dove venivano esposti i disegni originali, il figlio di uno dei due fratelli scrisse il mio nome sotto i ‘miei’ disegni, ma si limito’ a questo: mai nessun riconoscimento e… niente guadagni! Anche oggi, nelle serie animate (realizzate per la maggior parte in Corea per motivi economici), vengono riusati in continuazione i miei disegni, senza alcun compenso!”
Carlo Peroni Perogatt (si pronuncia Perogàtt, ci teneva a precisare) è morto lo scorso 13 dicembre, ad 82 anni. In una lunga intervista – rimasta inedita – aveva raccontato un po’ della sua storia. E’ il caso di lasciare a lui la parola.
Da quando è che hai cominciato a disegnare fumetti? E come mai una passione come questa è diventata un mestiere?
Penso di aver cominciato a disegnare fin da prima di nascere… ho il sospetto di essere nato con la matita in mano. Praticamente, mentre i miei amici giocavano con le automobiline, io disegnavo…
Come è venuto fuori il tuo stile? Sei sempre stato così amante del paradosso, della comicità diciamo “intelligente”, dei non sense?
Eh, l’umorismo è sempre stato al primo posto a casa mia: mio padre, anche se faceva un altro mestiere, era uno scrittore ma soprattutto un umorista. Per cui… era quasi inevitabile che anche io ne fossi “contagiato”. Ma l’inizio vero e proprio non è avvenuto su un fumetto, ma in teatro: avevamo una compagnia di riviste ed ogni settimana presentavamo delle scenette umoristico-satiriche, con un grosso successo da parte del pubblico. E proprio lì io avevo iniziato a proporre delle scenette “nonsense” e la gente allora non era preparata a quel genere, ma ben presto tutti ne furono entusiasti. Io ero un autore ed attore, quindi… mi divertivo moltissimo!
Da grande, poi, ho provato a tradurre quel tipo di umorismo nei fumetti e spesso ero criticato, ma poi finalmente la gente capiva che quella era una maniera diversa di ridere. E ridevano veramente in tanti: dai ragazzi agli adulti.
Come mai secondo te questo particolare stile piace? Spesso è uno stile quasi colto, e non tutti mi sembrano in grado di coglierlo.
Devo dire che una volta era un po’ più difficile far ridere con quel tipo di umorismo, ma ora il pubblico mi sembra pronto. L’ho constatato anche con la TV. Qualche anno fa avevamo fatto, con mia figlia (che era produttrice) un programma TV chiamato “Slurpiamo”. Beh, abbiamo introdotto quel tipo di umorismo anche in televisione e gli ascoltatori capivano e seguivano moltissimo! Anche alla RAI, nella trasmissione di qualche anno fa chiamata “Solletico” io mi presentavo in prima persona e facevo disegnare (e colorare) ai ragazzi delle scuole disegni super umoristici e loro si divertivano moltissimo!
Tra tutti i personaggi che hai disegnato, qual è quello a cui sei più affezionato? (so che è come chiedere a un padre a quale figlio vuole più bene… se sei più affezionato a tutti, rispondi a tutti, ma raccontami perché).
Hai “quasi” ragione… ma ho i miei personaggi preferiti: Gervasio, Gianconiglio e soprattutto Slurp!
Mi racconti come sono nati Slurp, Gianconiglio, Perogatt?
Vuoi che ti dica anche come sei nato tu? Allora, i fiori, le farfalle, i cavoli… Insomma, ogni personaggio ha una maniera tutta sua di nascere. Per esempio, Gervasio era nato per caso a Roma, in una pizzeria mentre ero con degli amici e, mentre stavamo aspettando che arrivasse la pizza, io ho preso un tovagliolo ed ho cominciato a disegnarci sopra “qualcosa”: era un tipo con un cappello altissimo e con la barba che gli arrivava fino ai piedi. Alla fine gli altri amici mi dissero di non buttare via quello schizzo. Ed avevano avuto ragione: poco tempo dopo lo proposi ad un giornale: “Capitan Walter”, un settimanale del “Vittorioso”. Il personaggio piacque al redattore capo ed iniziai subito a realizzare una serie di fumetti con quel personaggio che decisi di chiamare “Gervasio”. Poi lo continuai, ma con qualche “aggiustamento” sul settimanale “Jolly”. Così realizzai in totale diverse centinaia di storie con questo personaggio che aveva la caratteristica di starnutire quando si trovava di fronte al denaro… Lui faceva di tutto per disfarsene ed ogni volta gliene arrivava sempre di più. Gervasio era stato definito dai critici “l’anti-Paperone”, cioè era esattamente il contrario di Paperon De Paperoni: invece di accumulare denaro, Gervasio desiderava disfarsene, ma non ci riusciva… Poi, a Milano, al “Corriere dei piccoli” nacque Gianconiglio: un personaggio dedicato ai bambini. La cosa non mi piaceva tanto, all’inizio, ma poi riuscii a “costruirlo” in una maniera particolare e cominciai ad amarlo. In seguito ebbe molto successo in Germania, ma lì mi chiesero di fare delle storie dedicate ad un pubblico di lettori un po’ più grandi. Loro lo chiamarono “Sonny” ed era prodotto dal più grande Editore tedesco, l’Editore del quotidiano “Bild” (con oltre 5 milioni di copie al giorno!). Sonny ebbe una lunga vita, ma ad un certo punto, con la morte improvvisa del figlio dell’Editore, questi decise di chiudere il settore fumetti, quindi chiuse anche Sonny… Allora io consegnavo mensilmente tutto il materiale per il periodico e, per poter fare questo, avevo assunto una moltitudine fra i migliori disegnatori italiani; ma poi mi chiesero anche di realizzare un trimestrale tascabile chiamato “Sonny Parade”.
Quindi nacque la rivista “Slurp!” per l’Editoriale Domus. Il successo di pubblico fu enorme ed intenso: si era creato un legame strettissimo fra i lettori e noi. Insomma, c’era una intesa intensa. Ma lo strano era che i lettori andavano dai 6 anni fino ai 40/50… Questo personaggio stranamente piaceva a tutte le età! Avevo anche creato, per scherzo, un partito: il “Partito Slurpista”. Era uno scherzo, ma moltissimi lettori adulti scrissero che avevano votato proprio per quel partito inesistente!…
Quante lettere hai ricevuto per parlare di fumetti?
Compresa la tua? Circa un milione… Ma non scherzo tanto: quando realizzavo la rivista “Slurp!” ricevevo circa 2000 lettere ad ogni numero e rispondevo a tutti!
Ma se mi parli di interviste, beh… una miriade… e non mi ricordo nemmeno l’ultima…
Tu sei un punto di riferimento per tanti fumettisti. Ma i tuoi punti di riferimento quali sono stati?
Penso che quasi tutti, agli inizi della loro carriera, si ispirino a qualcuno: chi a Disney, chi a personaggi famosi americani, chi a Jacovitti… Ebbene io ero stato vicino di casa, amico, collega ed anche quasi parente… di Jacovitti… Quindi era inevitabile che lo stimassi moltissimo, e ne fui certamente influenzato… E feci anche molta fatica a “liberarmene”, ma dentro di me una parte di “follia Jacovittiana” è rimasta…
A quali degli altri sceneggiatori, autori, disegnatori ti senti più legato?
Io sono amico di moltissimi colleghi, ma devo dire che stimo molti sceneggiatori (come ad esempio Alfredo Castelli), ma io ho sempre preferito realizzare tutto da solo, testi e disegni… Praticamente non ho disegnatori “viventi” ai quali sono più legato: sono amico di tutti ed ogni mese ci incontriamo tutti piacevolmente a mangiare una pizza assieme, approfittando di scambiarci le nostre esperienze, le nostre gioie, i nostri dispiaceri… Insomma, siamo veramente una bella compagnia! Diciamo che io, da sempre ho avuto la “vocazione” di insegnare una bella parte del mio “mestiere” a molti ragazzi e la maggior parte di questi, poi, sono diventati dei miei… piacevoli concorrenti… Ed io sono soddisfatto dei loro successi, come se fossero i miei! Gli ultimi, in ordine di tempo, sono i due “Dentiblù”, ai quali ho insegnato tante cose, ma loro poi mi hanno superato: hanno creato una loro casa editrice e producono un loro albo di successo: “Zannablù” che tra l’altro è anche tradotto in inglese e distribuito negli Stati Uniti con un buon successo! Penso siano gli unici italiani che producano fumetti in Italia e che li distribuiscano anche nella “patria dei fumetti, gli Stati Uniti.
Per il mondo del fumetto, sarebbe un dramma se…
Se i lettori smettessero di leggere. Secondo me, però, i lettori leggono meno perché oggi non trovano niente di bello in edicola!
Per il mondo “reale”, sarebbe un dramma se…
Se la gente smettesse di apprezzare il mondo della fantasia: con la fantasia il mondo può essere migliore.
Qual è la cosa che nella vita ti emoziona di più?
Per me la cosa più importante nella vita è l’amicizia. Io sono contentissimo di avere tantissimi amici! E la cosa mi emoziona sempre moltissimo!
Le cose che ti emozionano, emozionano anche i personaggi dei tuoi fumetti?
Certo. Quasi sempre per fare i miei fumetti mi ispiro a fatti veri che succedono. Ovviamente li “deformo” un pochino, ma parto sempre da fatti realmente accaduti. Per esempio, per i Flintstones, spesso ho creato storie da fatti accaduti in famiglia o a miei amici o a me personalmente… E ne sono venute fuori delle storie molto più credibili!
Ma tu, da bambino, avresti letto i fumetti di Perogatt? E che cosa preferivi leggere edisegnare da “piccolo”?
Da piccolo leggevo moltissimo, ma… mi divertivo anche a fare un mio giornale che poi vendevo (per pochissimi centesimi) ai miei amici. Lo avevo chiamato “il fumettino” e ai miei amici piaceva molto ed io mi divertivo a farlo! Poi lo regalavo anche ai parenti, per esempio lo spedivo sempre a mio fratello che era militare in Grecia. Ma un brutto giorno mi ritornò indietro il pacchetto e non sapemmo più niente di lui per moltissimo tempo. Sapemmo poi che era stato fatto prigioniero e si trovava in Austria, a Vienna e lo vedemmo solo dopo diverso tempo dopo la fine della guerra…