Salute e migrazioni: quale cura per la mobilità?
Salute e migrazioni: quale cura per la mobilità?
Da alcuni anni le Nazioni Unite hanno istituito la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, fissandola al 18 dicembre, perché nel 1990 l’Assemblea Generale dell’ONU ha approvato quasi all’unanimità la ‘Convenzione sui diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie’. Un documento ampio e impegnativo per il quale anche la Santa Sede ha dato il suo valido contributo, entrando a far parte dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (O.I.M.) come Stato membro.
L’Arcivescovo Silvano Maria Tomasi, Osservatore Permanente presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate a Ginevra, ha affermato in un’intervista concessa alla Radio Vaticana: “In questo momento, mentre vediamo nel mondo un continuo crescere di migranti, di rifugiati, di gente in movimento per varie ragioni, è importante essere presenti e partecipare agli sforzi della Comunità internazionale per apportare qualcosa di specifico, tipico della Santa Sede: una voce etica che dia una interpretazione di queste nuove situazioni, nelle quali non è tanto la politica che prevale, quanto piuttosto la necessità di andare incontro alle esigenze umane di queste persone, che si trovano in cammino nelle varie regioni del mondo… E’ la dignità della persona umana che conta e che spesso è messa a rischio nelle situazioni di marginalità che vengono a crearsi nel movimento da un Paese all’altro, per queste persone che cercano lavoro o che cercano una forma nuova di sopravvivenza”.
Ed in Italia? Oggi nel nostro Paese sono presenti oltre 5 milioni di persone di 198 nazionalità diverse. Le dimensioni del fenomeno migratorio rendono indispensabile coniugare salute e migrazioni in vista dei processi di integrazione e di costruzione del bene comune. Quindi non si può restare indifferente rispetto alle persone in condizione di maggiore fragilità ma siamo chiamati a prendercene cura, specialmente in tema di accesso ai servizi, salute mentale e tutela della maternità, come ha affermato mons. Mariano Crociata, Segretario Generale della CEI, aprendo mercoledì 14 dicembre il seminario ‘Salute e Migrazioni. Quale cura per la mobilità?’, organizzato dall’Ufficio Nazionale per la pastorale della sanità e dalla Fondazione Migrantes:
“Guardando alle icone evangeliche del Giudizio finale e del Buon Samaritano, dobbiamo imparare a riconoscere il volto di Cristo in coloro che soffrono, spendendoci personalmente e comunitariamente per contrastare diseguaglianze, solitudine e abbandono. In questa prospettiva, la nostra cura pastorale diventa anche promozione umana: riconoscimento della dignità delle persone migranti, aiuto nell’accesso ai servizi, tutela dei più deboli”. Durante l’intervento il segretario generale della Cei ha evidenziato alcuni importanti aspetti: “I dati provenienti dai medici di famiglia ci ricordano la lentezza con cui gli immigrati accedono ai servizi sanitari, anche dopo aver ottenuto un titolo di soggiorno. La mancata conoscenza delle istituzioni, l’ignoranza della lingua, la diffidenza naturale portano spesso anche gli immigrati regolari a non avvalersi del medico di famiglia e dei servizi. Questo richiede un accompagnamento che può essere facilitato da un lavoro di rete sociale e sanitaria…”.
Però l’aspetto più importante per la tutela del migrante riguarda la tutela della vita e della maternità: “I dati drammatici degli aborti e del consumo di “pillole del giorno dopo” da parte di donne migranti indicano come spesso esse non siano supportate e tutelate nell’affrontare una gravidanza. Uno degli indicatori più importanti dell’efficacia nella tutela della salute di una nazione è proprio la cura della maternità e della vita nascente”. Tutelando tali aspetti, illuminati dal Vangelo, si aprono secondo mons. Crociata nuovi percorsi di cittadinanza inclusiva e di cura:
“I gesti della cura e la cultura dell’ospitalità dicono la qualità delle relazioni di prossimità di una comunità e costruiscono percorsi educativi. Una comunità attenta alle persone migranti e ai problemi connessi alla mobilità umana è una comunità che investe sul futuro, che sa donare e ricevere speranza, che si arricchisce e si sviluppa spiritualmente, moralmente e anche economicamente. La cura rende ospitale la città e la città ospitale rende utili e proficui i gesti di cura. Come Chiesa, fedeli al mandato di Cristo, ‘andando curate i malati’, riprendiamoci il compito di educare all’ospitalità e alla cura, condizioni irrinunciabili di una cittadinanza inclusiva e di vera giustizia sociale, nonché vie efficaci di evangelizzazione”.