Il Myanmar verso la democrazia?
I festeggiamenti per il centenario della cattedrale di Santa Maria a Yangon, il più importante luogo di culto cristiano del Myanmar, sono stati occasione per rilanciare i principi universali della libertà religiosa e l’importanza dell’educazione quale fattore primario dello sviluppo dell’uomo. Alla presenza del card. Renato Raffaele Martino, che ha presieduto il rito e recato un messaggio di Benedetto XVI, dell’arcivescovo di Yangon e Segretario Generale della Conferenza Episcopale del Myanmar, mons. Charles Bo, di vescovi birmani, stranieri e almeno 100 sacerdoti concelebranti da tutto il Paese, si sono svolte nel giorno della festa dell’Immacolata Concezione le celebrazioni per i 100 anni della cattedrale. Alla messa ha preso parte anche la leader dell’opposizione democratica Aung San Suu Kyi, insieme a diverse personalità di governo, fra cui un esponente del ministero degli Affari religiosi. A margine della cerimonia, Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace, ha incontrato il card. Martino e mons. Bo.
Nel messaggio inviato alla popolazione birmana papa Benedetto XVI ha invitato i cattolici a rimanere saldi nella fede: “E’ opportuno che con nuove forze ed un rinnovato impegno i fedeli mostrino una particolare dedizione alla Chiesa ed al Vangelo di Gesù Cristo ed ardano ogni giorno della virtù della fede”, ricordando che la libertà religiosa è il bene supremo della persona. Forte delle parole del Papa, mons. Charles Bo ha chiesto al Segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, che “inviti il governo a ordinare subito un cessate il fuoco, nel conflitto con il Kachin Independent Army; poi a liberare in modo incondizionato oltre 1.600 prigionieri politici”: il segretario generale della Conferenza episcopale del Myanmar ha ricordato la piaga del conflitto con le minoranze etniche che attraversa la nazione.
Mons. Bo ha ribadito che “è tempo che il governo promuova con prontezza il dialogo e un serio negoziato, riconoscendo diritti ed esigenze delle diverse comunità etniche per un piano globale di riconciliazione nazionale… Inoltre è necessario riannodare anche con l’Unione Europea, i paesi asiatici, la comunità e le istituzioni internazionali. E’ necessario, soprattutto, mantenere rapporti di amicizia con i paesi vicini, ma senza lasciare che vicini potenti, come la Cina, possano pensare di estendere il loro dominio sulla nostra nazione”.
Nei giorni precedenti sono giunti apprezzamenti per i progressi nel processo di riforme democratiche avviato dal governo del Myanmar e per lo stabilimento di relazioni diplomatiche più amichevoli da parte dell’amministrazione Obama, attraverso Hillary Clinton, segretario di stato americano in visita per la prima volta in 50 anni nel Paese. Infatti la visita della Clinton è percepita da buona parte dell’opposizione in esilio come una speranza per il futuro della nazione asiatica: secondo un’analista che scrive per il sito di informazione ‘Mizzima’, segna addirittura il ‘crepuscolo della dittatura militare’: “Tutti in Myanmar, inclusi i generali, vogliono l’aiuto americano. Le aspettative sono alte. È un’occasione unica in cui le due donne più rispettate del mondo possono portare cambiamenti positivi al Myanmar”.
Anche la leader dell’opposizione birmana Aung San Suu Kyi ha mostrato la sua soddisfazione: “Sono molto fiduciosa sul fatto che se lavoreremo insieme, e quando dico noi intendo il governo birmano, l’opposizione e i nostri amici degli Stati Uniti e del mondo intero, non ci saranno passi indietro sulla strada della democrazia. Credo che questo sia un momento storico per i nostri paese, auspichiamo che grazie a questo incontro saremo capaci di andare avanti per rinnovare le relazioni di amicizia e comprensione che ci legano dall’indipendenza”.
Infine Amnesty International ha giudicato il rilascio di almeno 120 prigionieri politici a seguito di un’amnistia un primo passo in avanti e ha sollecitato il rilascio immediato e incondizionato di tutti i restanti prigionieri di coscienza, che costituiscono la maggior parte delle persone ancora in stato di detenzione. Tra i prigionieri rilasciati figurano Zaw Htet Ko Ko, esponente del Gruppo studentesco Generazione 88, in carcere dall’ottobre 2007 e l’attore, comico e autore di commedie Zarganar, imprigionato nel giugno 2008 per aver portato i soccorsi alle popolazioni colpite dal ciclone Nargis.