Il cardinale giornalista che amava l’onestà intellettuale

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L’ultima cronaca in diretta è stata per la radio della sua città, Philly, ed è stata la Messa di beatificazione di Giovani Paolo II. John Patrick Foley è stato forse il primo a dedicarsi ai media in Vaticano con totale dedizione. Come sempre ha avuto avversari e sostenitori. Il Vaticano in questo non è diverso da qualunque altro luogo dove si prendono decisioni e si fanno scelte. “Sono felice di poter fare questo servizio per Papa Giovanni Paolo II. E’ un privilegio essere in grado di fare questo commento sulla sua beatificazione dopo aver avuto il triste compito di fare commenti al momento della sua morte e sepoltura “. Così aveva detto al collega che conduceva il programma. Collega perché anche il cardinale era stato un giornalista. Aveva diretto il Catholic Standard and Times, il giornale della diocesi di Filadelfia.

Aveva preso la laurea in giornalismo alla Columbia, e naturalmente quella in teologia e filosofia all’Angelicum. Per 25 anni, dall’ inizio del 1984 ,fino al 2009 è stata la voce che la Notte di Natale accompagnava i cattolici degli Stati Uniti nella Messa di Mezzanotte da San Pietro. Anche per questo lo scorso 18 novembre è stato nominato “ Uomo dell’ Anno” dai Broadcast Pioneers of Philadelphia, la associazione che riunisce tutti i broadcaster della città. Un riconoscimento minore magari rispetto ai tanti che ha avuto come uomo di Chiesa, ma particolarmente gradito dal cardinale che aveva lasciato anche il suo incarico di Gran Maestro dell’ Ordine del Santo Sepolcro. Niente di cavalleresco, ma un vero lavoro di carità e di mediazione per la pace in Terra Santa. Dopo uno dei suoi ultimi viaggi aveva rilasciato diverse interviste. Il tema era sempre lo stesso, perché da comunicatore sapeva “insistere”. “Dovremmo essere più coscienti della situazione dei cristiani in Terra Santa, che sono i successori dei primi seguaci di Cristo, che vivono oppressi e soffrono una doppia minoranza: in Israele sono una minoranza all’interno della popolazione ebraica e di quella palestinese, che per la stragrande maggioranza è costituita da musulmani”. E per questo, diceva:“Aiutateli, aiutate le loro scuole, le loro parrocchie, l’Università di Betlemme, che è una università cattolica sorta in una società a forte maggioranza musulmana. Tra l’altro le scuole cattoliche accettano anche musulmani contribuendo così alla compresione interreligiosa e, speriamo, a una possibile pace tra musulmani, ebrei e cristiani”.

La prima apparizione in tv è stata nel 1954 con Edward R. Murrow a See It Now : “Ero un 10-secondsoundbite, ma in termini ecclesiastici si potrebbe dire che ora sono una reliquia “. Ecco un’altra delle sue caratteristiche più forti: l’umorismo. Aveva sempre il sorriso sulle labbra, i suoi grandi occhi blu ti fissavano con lo stupore di un fanciullo. Il suo era sempre un grande impatto televisivo. Per 23 anni ha diretto il Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali. Non era facile gestire i media con Giovanni Paolo II che ha rivoluzionato il sistema, con la tecnologia che avanzava e il giornalismo che cambiava in tutto. I suoi discorsi erano sempre in stile americano asciutti e chiarissimi. Una volta durante una conferenza nella Sala Stampa della Santa Sede criticò la cattiva usanza di alcuni uomini di curia fare dichiarazioni in anonimato come “fonte Vaticana”. Ognuno, diceva, se parla doveva assumersi la propria responsabilità. Un’onestà che viene troppo spesso “dimenticata”.

Media e Terra Santa non lo tenevano certo lontano dai problemi della sua Chiesa statunitense. In particolare per quello gravissimo dello scandalo della pedofilia. In un’intervista di un paio di anni fa diceva che la Chiesa “Soffre ancora in vari modi…almeno sei diocesi statunitensi hanno dichiarato di essere in bancarotta a causa degli indennizzi dovuti alle vittime di preti pedofili. Qui la Chiesa dovrebbe fare ancora qualcosa per le vittime di questi terribili abusi: dare la possibilità di ricostruire vite rovinate, aiutare sotto l’aspetto psicologico…Il problema è molto grave. Anche l’immagine del sacerdote viene ricostruita con pazienza, tra mille difficoltà; e non sono pochi i sacerdoti innocenti travolti dal clima di sospetto diffuso in quei mesi. Certamente molti sacerdoti, con la loro azione pastorale fondata sulla dottrina sociale della Chiesa, stanno contribuendo in misura rilevante a ridare credibilità ai ministri del culto. E del resto la Chiesa resta amata da molti per il suo grande impegno nei settori educativo e sanitario. Ma, ripeto, soffre ancora.”

La sua passione più profonda è stata comunicare. Lo scorso 23 novembre l’ha detto al Seminario di San Carlo Borromeo dove è stato nominato titolare ad honorem della cattedra di omiletica e di comunicazione sociale. Una cattedra creata a suo nome, uno degli ex allievi più illustri che “cerca di perpetuare il suo elevato standard di comunicazione del messaggio evangelico nella vita e nel ministero delle future generazioni di sacerdoti”. Ecco la sua eredità. Insieme al suo sorriso.

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