Chiesa italiana e tasse: facciamo chiarezza

La ferocia che in questi giorni – a proposito del pagamento dell’Ici – viene riservata alla Chiesa appare spropositata e soprattutto frutto di una non corretta informazione. Alcuni giornali hanno provato a spiegare – con estrema chiarezza – i confini concordati dallo Stato italiano che riguardano l’esenzione dal pagamento Ici per determinate strutture, ma nonostante ciò si continua ad accusare gli enti ecclesiastici. Il giurista e rettore della Lumsa, Giuseppe Dalla Torre, in una intervista aveva dichiarato infatti che: “L’esenzione dall’Imposta comunale sugli immobili – beneficio fiscale di cui gode non solo la Chiesa, ma anche la pluralità di organizzazioni ed enti ‘laici’, pubblici o privati, non commerciali e riconducibili al no profit – ha la sua ragione di essere nel servizio sociale che la Chiesa garantisce attraverso le sue diverse realtà e che si traduce in mense per indigenti, scuole materne, case famiglia e di riposo, strutture di accoglienza per studenti e lavoratori fuori sede.
Tutti servizi di alta rilevanza sociale che lo Stato non è in grado di gestire e, se lo facesse, li sosterrebbe a costi certamente più elevati di questi enti nei quali è attiva anche una forte presenza di volontariato, o addirittura in alcuni casi si svolge tutto su base volontaria”; e ancora: “L’esenzione dall’Ici è riconosciuta solo per gli immobili non commerciali. Per gli altri la Chiesa o gli enti religiosi proprietari sono assoggettati, come tutti, a tassazione. A Roma, ad esempio, a causa del suo consistente patrimonio immobiliare spesso locato a fine di reddito, uno dei maggiori contribuenti dell’Ici è il Vaticano attraverso la Congregazione di Propaganda Fide”.
Questo, però, non è bastato però a placare le polemiche, e d’altra parte non possiamo non tenere in dovuto conto che, spesso, i luoghi comuni generano sciocche e fragili interpretazioni, soprattutto se pensate e messe artificiosamente in circolo da altri! Diciamoci la verità, in questo momento di difficoltà economica per l’Italia, qualcuno cerca di metterci l’uno contro l’altro creando aspre contraddizioni persino in quelle situazioni dove il bene comune è “di solito” riconosciuto cosa buona un po’ da tutti. Qualcuno potrebbe addirittura – rasentando l’assurdo ma in perfetta e coerente sintonia con le sciocchezze di questi giorni – chiedere alle suore di Madre Teresa di Calcutta gli arretrati riguardanti l’Ici non pagata in oltre 50 anni di attività rivolta ai poveri e ai bisognosi del territorio italiano! “Chi riaccende ciclicamente la campagna di mistificazione sull’«Ici non pagata» – afferma il direttore del quotidiano Avvenire, Marco Tarquinio – non lo fa per caso, ma perché intende creare confusione e, nella confusione, colpire e sfregiare un doppio bersaglio: la Chiesa e l’intero mondo del non profit. Non sopportano l’idea che ci sia un «altro modo» di usare strumenti e beni.
Vorrebbero riuscire a tassare anche la solidarietà, facendo passare l’idea che sia un business, un losco affare, una vergogna. E vogliono farlo nel momento in cui la crisi fa più male ai poveri, ai deboli, agli emarginati, alle persone comunque in difficoltà. Sono militanti del Partito radicale e politicanti male ispirati e peggio intenzionati. Battono e ribattono sullo stesso falso tasto, convinti che così una menzogna diventi verità. E purtroppo trovano anche eco. Ma una menzogna è solo una menzogna. È questa la «vergogna dell’Ici»”. Non dimeno, il Presidente della Cei, Angelo Bagnasco, a margine di un incontro promosso dal gruppo ligure dell’Ucid (Unione cristiana imprenditori dirigenti) sul tema “Elite di potere ed etica” offre l’opportunità di un chiarimento circa la questione Ici (che toglie il sonno a molti!).
Bagnasco dichiara: “In linea di principio, la normativa vigente è giusta, in quanto riconosce il valore sociale delle attività svolte da una pluralità di enti no profit e, fra questi, degli enti ecclesiastici. Questo è il motivo che giustifica e al tempo stesso delimita la previsione di una norma di esenzione”. “E’ altrettanto giusto – ha aggiunto il Presidente della Cei – se vi sono dei casi concreti nei quali un tributo dovuto non è stato pagato, che l’abuso sia accertato e abbia fine. In quest’ottica non vi sono da parte nostra preclusioni pregiudiziali circa eventuali approfondimenti volti a valutare la chiarezza delle formule normative vigenti, con riferimento a tutto il mondo dei soggetti non profit, oggetto dell’attuale esenzione”. Basterà questo gesto a placare le aspre polemiche?