Il card. Scola indica a Milano l’esempio di Sant’Ambrogio
Martedì 6 dicembre, nella Basilica di Sant’Ambrogio, il cardinale Angelo Scola ha tenuto il suo discorso alla Città e alla Diocesi, in occasione della celebrazione vigiliare del compatrono. Il Discorso è un appuntamento tradizionale per l’Arcivescovo di Milano: per il cardinale Scola si è trattato della prima occasione da quando si è insediato sulla Cattedra di Ambrogio. Nel rivolgere il saluto di accoglienza, l’abate di sant’Ambrogio, mons. Erminio De Scalzi, ha ricordato che “comunità civile e comunità ecclesiale si ritrovano nel ricordo di Ambrogio, quell’uomo che mentre deteneva il potere politico e amministrativo della città, venne scelto, per la sua rettitudine, come pastore della nostra chiesa. Questa sera è qui simbolicamente raccolta tutta la città; rappresentata da chi la abita, da chi in essa lavora, da chi la governa, da chi la difende e da chi la orienta a Dio… Milano ha bisogno di segni di speranza e di ripresa. Milano è capace di sperare e di generare speranza! Lo ha dimostrato tante volte nel corso della sua storia e ancora lo farà”.
Il card. Angelo Scola ha ricordato la tradizione che l’Arcivescovo di Milano si rivolga alla città per proporre alcune considerazioni su aspetti particolarmente urgenti della vita comune, partendo da una riflessione del Card. Montini il 6 dicembre 1962: “Siamo ormai così abituati noi moderni a considerare questa distinzione del profano dal sacro, che facilmente pensiamo i due campi non solo distinti, ma separati; e sovente non solo separati, ma ciascuno a sé sufficiente e dimentico della coessenzialità dell’uno e dell’altro nella formula integrale e reale della vita, quando per di più non avvenga che ci si consideri facilmente l’uno all’altro in contrasto per incomprensione delle rispettive competenze, per gelosia di potestà, per triste ricordo di antiche avversioni, per opposizioni di differenti e irriducibili ideologie. Ecco perché questo è per me, e spero lo sia per voi, Autorità e popolo di Milano, un momento felice…”.
Parole di grande attualità in una situazione di crisi economico –finanziaria, che deve essere letta in termini di transizione, in quanto “il Vescovo è chiamato a porgere ai cristiani il suo insegnamento su quelle di principio che concernono il senso (significato e direzione) della vita umana”, in modo da favorire un confronto utile sulla città come fece sant’Ambrogio: “Con un elevato senso dello Stato, Ambrogio sprona tutti a concorrere insieme al bene pubblico, denuncia senza timore ingiustizie e soprusi (trattandolo come un fedele qualsiasi, vieta l’accesso in questa gloriosa basilica all’imperatore Teodosio perché aveva violato la legge morale e divina).
Per questa sua autorevolezza egli veniva ascoltato da tutti, anche da eretici, ebrei e pagani. In questo quadro l’azione di Ambrogio è in grado di offrire preziose indicazioni per il delicato momento storico in cui versiamo. Ambrogio richiama con forza il senso autentico della proprietà privata: i beni ci sono dati in uso e in primis in funzione del bene comune. Fa sentire alto il suo monito contro la cupidigia e l’avidità, in particolare presso coloro che ricoprono cariche pubbliche. Da qui consegue l’attenzione ai poveri (soprattutto ai poveri ‘vergognosi’, che non avevano il coraggio di manifestare la propria situazione di indigenza), ai malati, ai condannati a morte, ai prigionieri, ai forestieri, agli affamati, alle vedove e agli orfani…”.
E come in quel tempo di grave crisi, il card. Scola ha sottolineato la validità dell’insegnamento ambrosiano di uscire uniti insieme dalla crisi, in quanto bisognosi dell’altro: “Con questo sguardo fiducioso diventiamo capaci di assumere compiti e di fare, se necessario, sacrifici. Da qui è bene ripartire per ricostruire un’idea di famiglia, di vicinato, di città, di paese, di Europa, di umanità intera, che riconosca questo dato di esperienza, comune, nella sua sostanziale semplicità, a tutti gli uomini”. Per superare insieme la crisi, secondo il card. Scola, occorre favorire pratiche virtuose, rivalutando la responsabilità personale dei lavoratori e degli imprenditori, degli adulti e dei giovani, come richiama l’enciclica papale ‘Caritas in veritate’:
“Finora il rapporto tra le diverse generazioni all’interno di una stessa famiglia ha consentito, laddove la circolazione equa di risorse veniva interrotta a livello sociale, che essa si riattivasse attraverso il codice della reciprocità e della solidarietà delle reti familiari. La famiglia, in altri termini, ha sostenuto i costi prevalenti del ricambio generazionale: occorre domandarsi fino a quando potrà continuare a farlo ed agire, di conseguenza, in favore della famiglia e della crescita demografica attraverso decise e adeguate politiche specifiche. Un’attenzione del tutto particolare va riservata, quindi, alle giovani generazioni, le più colpite dall’odierna situazione economica”.
La visione del nuovo cardinale di Milano non ha escluso dalla città gli immigrati, perché “magnanimità ed equilibrio non si escludono a vicenda, come insegna la grande tradizione di ospitalità che ha sempre fatto onore alla nostra Milano”. Mentre il pensiero finale del card. Scola è stato rivolto all’incontro mondiale delle famiglie a giugno proprio nella città ambrosiana: “Questo evento avrà delle positive ricadute su tutta la società civile milanese e lombarda”, comunicando “le nuove linee per dare continuità e sviluppo all’importante progetto del Fondo Famiglia e Lavoro”, istituito dal card. Dionigi Tettamanzi.