Paolo Dall’Oglio: c’è ancora uno spiraglio perché io resti in Siria
Dall’inizio delle proteste in Siria sono morti 307 bambini, di cui 56 solo a novembre. Lo ha denunciato l’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, aggiungendo che nel Paese vi sono più di 14.000 persone detenute. E dal rapporto di Amnesty International emerge che più di 3250 persone sono state uccise in Siria da metà marzo, inclusi più di 200 bambini. Oltre 160 sarebbero morti in detenzione in circostanze fortemente sospette. Intanto il gesuita italiano, padre Paolo Dall’Oglio, di cui Damasco vuole l’espulsione spiega i motivi della decisione e quali sono i margini per una trattativa. Padre Dall’Oglio vive da 30 anni in Siria, dove ha fondato la comunità monastica di Mar Musa e da mesi impegnato negli sforzi di riconciliazione interna, deve essere espulso dal Paese: “La decisione riguardo alla mia persona è stata già presa ed è stata comunicata dal ministero degli esteri (siriano) al mio vescovo. Già nei giorni scorsi mi era stata comunicata la decisione, ma vi è ora stata una fuga di notizie di cui non sono responsabile e che mi rammarica molto perché toglie spazio alla mediazione”.
In questi mesi di ‘rivoluzione araba’, padre Paolo Dall’Oglio si era fatto promotore di un tentativo di mediazione nella difficile situazione nel Paese scosso da otto mesi e mezzo da proteste anti-regime e dalla conseguente repressione. Nel suo testo, proponeva l’approdo a un sistema politico democratico basato sul consenso tra le varie comunità confessionali, etniche, ideologiche e sociali della Siria.
Ed in un colloquio con i gesuiti italiani ha ribadito che: “La mia espulsione è stata decisa ma non è ancora stata stabilita la data, inoltre c’è ancora spazio per un intervento del vescovo, attualmente all’estero. L’autorità civile, per rispetto dell’autorità ecclesiastica e dello status religioso del sottoscritto, ha affidato l’applicazione del decreto di espulsione al vescovo siro-cattolico di Homs. Ma il vescovo è in Brasile, non si sa ancora quando tornerà, forse tra una settimana, e questo per ora mi ha salvato. Si sta cercando una via di uscita. Io sono disposto a ridurmi al silenzio pur di restare. Ripeto quello che ho sempre detto in questi mesi: se è utile un servitore del dialogo io sono pronto, se no sto zitto, ma voglio restare per amore verso la Siria”.
Padre Dall’Oglio, che dal 2007 tiene una rubrica su Popoli, il mensile internazionale dei gesuiti, chiarisce anche i dettagli sui motivi dell’espulsione, dopo che alcuni organi di informazione hanno ipotizzato come causa la pubblicazione sul sito di Popoli (www.popoli.info) del suo Appello di Natale: “In realtà, l’articolo che non è piaciuto è un altro, pubblicato alcuni mesi fa e citato esplicitamente nella nota con cui il governo ha comunicato l’espulsione: si tratta di un testo sulla ‘Democrazia consensuale’ come via di uscita alla crisi siriana”. Il testo è stato pubblicato sia sul sito della comunità in cui vive Dall’Oglio, di cui Korazym nei mesi scorsi aveva informato.
Inoltre il gesuita ha rivolto anche un appello al ministro della Cooperazione internazionale del governo italiano, Andrea Riccardi: “Non è solo e tanto un appello per il sottoscritto, ma per la Siria: il nuovo governo ha dimostrato una sensibilità mediterranea tale da far pensare che possa rendersi protagonista di un’iniziativa per aprire un tavolo negoziale”. Comunque la situazione siriana è sempre più incandescente, tanto che anche Amnesty International ha esortato gli Stati ad agire in base al rapporto delle Nazioni Unite che conferma che quest’anno le forze di sicurezza siriane hanno commesso crimini contro l’umanità durante la violenta ondata di repressione sui manifestanti.
Il rapporto della Commissione internazionale di inchiesta indipendente delle Nazioni Unite ha lanciato un appello al governo della Siria per far partire ‘indagini indipendenti e imparziali su queste violazioni e consegnare alla giustizia i responsabili’. Il governo siriano è stato richiamato a porre immediatamente fine “alle continue e gravi violazioni dei diritti umani”, come le esecuzioni sommarie, gli arresti arbitrari, le sparizioni forzate e la tortura, inclusa la violenza sessuale: “Questo rapporto conferma ciò che abbiamo raccontato per mesi, che le forze di sicurezza siriane hanno commesso crimini contro l’umanità, ha dichiarato Philip Luther, direttore ad interim di Amnesty International per il Programma per il Medio Oriente e il Nord Africa. Tuttavia, gli eventi dei mesi passati danno pochi motivi per credere che le autorità siriane indagheranno e perseguiranno i colpevoli di questi crimini. Le Nazioni Unite e i suoi stati membri devono intervenire per garantire l’accertamento delle responsabilità”.
Il 25 novembre, la Commissione delle Nazioni Unite contro la tortura ha dichiarato di essere allarmata dal fatto che “le notizie di gravi violazioni dei diritti umani sono emerse in un contesto di totale e assoluta impunità, ma indagini rapide e accurate non sono state portate avanti su questi casi”. La Commissione ha sollecitato il governo della Siria a farlo e a presentare un rapporto speciale entro il 9 marzo 2012. Il rapporto segna un ulteriore passo delle pressioni internazionali sulla Siria, perché sia posta fine alla sanguinosa repressione in atto.
In questo quadro sempre più critico per le sue sorti, il regime conta ancora sul sostegno diplomatico della Russia, porta avanti la repressione, dà ampio risalto a manifestazioni filogovernative tenute in diverse città del paese e manda qualche timido segnale di distensione. L’ultimo è stata, 30 novembre, la liberazione di 912 persone “implicate nei recenti avvenimenti” ha riferito l’agenzia di stampa ‘Sana’. Si tratta della terza iniziativa di questo tipo: 1180 detenuti erano stati liberati il 15 novembre, 553 il 5 novembre.