Benedetto XVI esorta le università ad essere “laboratori di umanità”. Dove studenti di diverse culture si incontrano e magari trovano una risposta. In Gesù.

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“Laboratori di umanità”, ponti per lo scambio culturale, luoghi dove gli studenti siano stimolati nella ricerca “nono solo di una qualificazione professionale, ma anche della risposta alla domanda di felicità, senso e pienezza che abita nel cuore dell’uomo”. Benedetto XVI incontra i partecipanti del Congresso Mondiale del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti. Il tema è “Studenti internazionali e incontro tra culture”. E Benedetto XVI da una parte chiede agli studenti di non cadere preda della “fuga dei cervelli”. Dall’altra affida una missione importantissima alle università e istituzioni cattoliche di educazione superiore.

 

Le quali sono richiamate dal Papa ad essere “laboratori di umanità”. Come? “Offrendo programmi e corsi che stimolino i giovani studenti nella ricerca non solo di una qualificazione professionale, ma anche della risposta alla domanda di felicità, di senso e di pienezza, che abita il cuore dell’uomo”.

Perché – continua il Papa – “gli atenei di ispirazione cristiana, quando si mantengono fedeli alla propria identità, diventano luoghi di testimonianza, dove Gesù Cristo può essere incontrato e conosciuto, dove si può sperimentare la sua presenza, che riconcilia, rasserena e infonde nuova speranza. La diffusione di ideologie ‘deboli’ nei diversi campi della società sollecita i cristiani a un nuovo slancio nel campo intellettuale, al fine di incoraggiare le giovani generazioni nella ricerca e nella scoperta della verità sull’uomo e su Dio”.

Benedetto XVI porta l’amato John Henry Newman ad esempio degli studenti. La sua vita – dice – “così legata al contesto accademico, conferma l’importanza e la bellezza di promuovere un ambiente educativo nel quale la formazione intellettuale, la dimensione etica e l’impegno religioso procedano insieme”. Non è un caso che si chiama Cardinal Newman Society l’associazione che monitora la situazione delle università cattoliche negli Stati Uniti. E che – proprio sul fronte della libertà per le scuole cattoliche di portare avanti un proprio progetto educativo – ha lanciato lo scorso febbraio un allarme: l’Higher Education Act dell’amministrazione Obama apre la porta ad una possibile intrusione dello Stato nei curriculum, politiche studentesche e decisioni di assunzione delle università cattoliche.

Ma c’è anche un problema più ampio, di università cattoliche dall’identità sempre più annacquata. Per questo Giovanni Paolo II – nella Costituzione Pastorale Ex Corde Ecclesia del 1990 – sottolineava che l’obiettivo di una università cattolica era di “aiutare gli studenti a pensare rigorosamente, agire rettamente e servire la causa dell’umanità in maniera migliore”. Per questo Benedetto XVI, nel suo discorso nel 2008 all’Università Cattolica di America aveva affermato che “insegnanti e amministratori, nelle università e nelle scuole, hanno il dovere e il privilegio di assicurare che gli studenti ricevono un’istruzione nella dottrina cattolica e nella pratica. Questo richiede che la pubblica testimonianza di Cristo, come insegnata nel Vangelo e recepita dal Magistero della Chiesa, determina tutti gli aspetti della vita di un’istituzione, sia dentro che fuori le classi”.

Ed è nell’identità di una istituzione cattolica l’essere “laboratorio di umanità”, un ponte tra le diverse culture dove “l’incontro fra gli universitari – dice il Papa – aiuta a scoprire e valorizzare il tesoro nascosto in ogni studente internazionale, considerando la sua presenza come un fattore di arricchimento umano, culturale e spirituale. I giovani cristiani, provenendo da culture diverse, ma appartenendo all’unica Chiesa di Cristo, possono mostrare che il Vangelo è Parola di speranza e di salvezza per gli uomini di ogni popolo e cultura, di ogni età e di ogni epoca, come ho voluto ribadire anche nella mia recente Esortazione apostolica postsinodale Africae munus”.

Una esortazione nella quale è contenuto anche un appello ad arginare la fuga dei cervelli. Anche di fronte ai membri del Congresso, Benedetto XVI sottolinea il tema. Ed insiste affinché la mobilità degli studenti non diventi lo scivolo per la “fuga dei cervelli”, ma sia occasione per formare persone “in prospettiva del loro rientro come futuri responsabili nei Paesi di origine” dove potranno “costituire dei ‘ponti’ culturali, sociali e spirituali con i Paesi di accoglienza”.

“Cari giovani studenti – conclude il Papa – vi incoraggio ad approfittare del tempo dei vostri studi per crescere nella conoscenza e nell’amore di Cristo, mentre percorrete il vostro itinerario di formazione intellettuale e culturale. Conservando il vostro patrimonio di sapienza e di fede, nell’esperienza della vostra formazione culturale all’estero, potrete avere una preziosa opportunità di universalità, di fratellanza e anche di comunicazione del Vangelo”.

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