Mons. Nosiglia e l’azione educativa di don Bosco
Celebrando la festa di san Giovanni Bosco l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, ha sottolineato l’azione educativa del Santo torinese: “E’ questo uno dei tratti più caratteristici dell’azione educativa di don Bosco, che lo rende imitatore di Gesù e suo discepolo.
Dal suo Maestro divino, egli impara a trattare con i ragazzi e giovani scapestrati e rifiutati, quelli meno considerati, scorgendo in essi un fondo di bontà e di forza capace di farli risorgere dalla loro situazione. Si tratta di ‘ragazzi difficili’, come vengono anche oggi chiamati, e di cui sentiamo sempre più parlare nei mass media, ma pur sempre ragazzi che attendono da noi segnali concreti di prossimità, di amore nella verità e di dialogo sincero e attento alle loro esigenze più profonde, che manifestano a volte anche con modi, linguaggi, scelte e comportamenti giudicati paradossali e trasgressivi da noi educatori.
Don Bosco ascolta questi ragazzi che parlano, anche quando sembrano assenti e indifferenti. Essi lo fanno con linguaggi inusuali, forse, ma molto chiari per chi sa interpretarli e se ne fa carico. Solo accogliendo ed intercettando questi linguaggi si può sperare di entrare nel loro mondo interiore e stabilire un contatto non solo esteriore, ma profondo ed amicale”.
Inoltre mons. Nosiglia ha messo in luce l’azione sociale messa in atto da don Bosco per alleviare le ‘sofferenze’ delle famiglie dei suoi ragazzi: “La voce di Don Bosco si è levata forte anche su questo piano e per questo egli si è preoccupato di dare vita a scuole professionali e a nuovi lavori, che permettessero ai giovani di formarsi e operare attivamente nella società… Don Bosco sapeva bene, perché stava con loro ogni giorno, che la fonte prima del loro risveglio è in loro stessi.
E per questo faceva leva sulle loro risorse interiori, per ridare la voglia di vivere, di amare, di gioire. Questo è il grande e attuale insegnamento del Santo dei giovani; questa deve essere anche la nostra convinzione profonda che ci anima: non ci sono solo ragazzi difficili; ci sono, e siamo noi, adulti difficili e complicati, incerti nella nostra testimonianza, indecisi e tiepidi nella fede e paternalistici nell’amore”.
Ed anche il Rettor Maggiore, don Angel Fernandez Artime, ha consegnato il titolo e le linee guida per il messaggio della Strenna 2017: ‘Siamo Famiglia! Ogni casa, scuola di Vita e di Amore’ con il proposito di riflettere sul tema della famiglia, in quanto tale richiesta è scaturita dalla Consulta della Famiglia Salesiana, che all’unanimità ha chiesto di trattare l’argomento della famiglia, guardando alle sfide che essa affronta nelle nuove congiunture, alle riflessioni dei due Sinodi e all’Esortazione Apostolica Di Papa Francesco ‘Amoris Laetitia’.
Come ha specificato il Rettor Maggione, la Strenna del 2017 non pretende di essere una riflessione che chiude la discussione, piuttosto intende proporre diversi aspetti che consentano ai membri della Famiglia Salesiana di sviluppare il tema nei rispettivi contesti: “Tutti abbiamo la forte esperienza personale che siamo nati in una famiglia e ‘nascemmo famiglia!’, con la bellezza e i limiti di ogni famiglia, ma in definitiva nel seno di una famiglia, che è quella realtà umana molto concreta dove si impara l’arte della Vita e dell’Amore.
La famiglia è fatta di volti, di persone che amano, parlano, condividono e si sacrificano per gli altri, difendendosi e difendendo la vita propria e dei loro cari ad ogni costo. Uno si fa persona vivendo in famiglia, crescendo, generalmente, con i genitori, respirando il calore della casa.
E’ nella famiglia, nella casa dove si riceve il nome e pertanto la dignità, dove si sperimentano gli affetti; dove si gusta l’intimità, dove si impara a chiedere permesso, a chiedere perdono e a ringraziare. La famiglia è la prima scuola per i ragazzi, gruppo di appartenenza imprescindibile per i giovani e il miglior asilo per gli anziani”.
Così, dopo aver esaminato i capitoli dell’esortazione, ha chiesto ai propri confratelli di far proprio il sistema preventivo di don Bosco per fare del mondo una casa ed essere aperti all’accoglienza di chi ha il ‘cuore infranto’ con empatia: “Con visione salesiana non potremmo parlare del valore educativo e vitale delle famiglia senza chiedere, in primo luogo, che ciascuno faccia riferimento alla propria esperienza personale e, allo stesso tempo all’esperienza di famiglia del Fondatore della nostra Famiglia Salesiana, don Bosco.
Egli perdette suo padre quando era ancora fanciullo; sua mamma, Margherita, fu la sua prima decisiva e trascendentale educatrice. Sappiamo bene anche che don Bosco fu quel che fu perché ebbe la madre che ebbe. Questa è una delle chiavi della proposta. Aiutare affinché le famiglie prendano coscienza che, anzitutto, sono scuole di Vita, e che in questa missione ci sono persone, gruppi e istituzioni che cercano di essere loro vicino e aiutarle, mai però supplendo ciò che non può essere rimpiazzato: quel calore di focolare che è ogni famiglia e che prepara alla vita, come autentica scuola, e che insegna con l’Amore a vivere l’Amore”.