Egitto: i militari hanno distrutto le speranze della primavera

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La violenza non si ferma al Cairo, dopo il terzo giorno consecutivo: a Piazza Tahrir i manifestanti chiedono a gran voce le dimissioni dei vertici militari e il trasferimento del potere a un esecutivo civile. Nel frattempo si aggrava il bilancio degli scontri; sono almeno 40 i morti solo a Il Cairo, la maggior parte dei quali è stata uccisa da colpi di arma da fuoco; mentre i feriti sono oltre 1.800. Su internet ci sono appelli per donare sangue e gli ospedali sono pieni di feriti. E si racconta che sempre più persone si scrivono sulle braccia il numero dei genitori nel caso fossero uccisi. I militari al potere in Egitto sono venuti completamente meno alla promessa di migliorare i diritti umani e si sono resi invece responsabili di un catalogo di violazioni che in alcuni casi hanno persino superato quelle dell’era di Hosni Mubarak. Nel frattempo il governo egiziano si è impegnato a far svolgere le elezioni legislative lunedì 28 novembre.

 

E’ quanto ha denunciato Amnesty International in un rapporto dal titolo ‘Promesse mancate: l’erosione dei diritti umani da parte dei militari al potere’, che descrive i miseri risultati ottenuti in materia di diritti umani dal Consiglio supremo delle forze armate (Scaf), che governa l’Egitto dalla caduta del presidente Mubarak a febbraio. Il rapporto è diffuso all’indomani delle ultime giornate di sangue, che hanno causato molti morti e centinaia di feriti quando l’esercito e le forze di sicurezza hanno tentato con metodi violenti di disperdere le manifestazioni contro lo Scaf convocate al Cairo in piazza Tahrir.

Philip Luther, direttore ad interim di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord, ha dichiarato: “Attraverso l’uso delle corti marziali per processare migliaia di civili, la repressione delle proteste pacifiche e l’estensione dello stato d’emergenza in vigore all’epoca di Mubarak, lo Scaf ha perpetuato la tradizione di governo repressivo da cui i manifestanti del 25 gennaio avevano lottato così duramente per liberarsi. La brutale e pesante risposta alle proteste degli ultimi giorni ricorda in pieno l’era di Mubarak. Chi sfida o critica il Consiglio militare, come i manifestanti, i giornalisti, i blogger o i lavoratori in sciopero, viene represso senza pietà, nel tentativo di sopprimerne la voce. Il bilancio dello Scaf in materia di diritti umani dopo nove mesi mostra che gli scopi e le aspirazioni della rivoluzione del 25 gennaio sono stati fatti a pezzi”.

Nella sua analisi sul rispetto dei diritti umani in Egitto, Amnesty International rileva che lo Scaf ha rispettato pochi dei suoi impegni pubblici e ha peggiorato la situazione in alcune aree. Ad agosto, lo Scaf aveva ammesso che circa 12.000 civili erano stati processati dai tribunali militari, con procedure gravemente inique. Almeno 13 persone erano state condannate a morte. Tra i reati contestati agli imputati, ‘banditismo’, ‘violazione del coprifuoco’, ‘danneggiamento di proprietà’ e ‘offesa alle forze armate’. Il caso del prigioniero di coscienza Maikel Nabil Sanad, un blogger condannato a tre anni di carcere ad aprile per aver criticato le forze armate e aver fatto obiezione di coscienza al servizio militare, è diventato un simbolo. Ad agosto, ha iniziato uno sciopero della fame e la direzione del carcere gli ha negato le medicine necessarie per curare problemi cardiaci. Continua a rimanere in carcere, in attesa dell’esame dell’appello contro la condanna, presentato a ottobre.

Il 9 ottobre, 28 persone sono state uccise dopo che le forze di sicurezza avevano disperso una manifestazione dei copti. I medici hanno riferito ad Amnesty International di ferite da arma da fuoco e di corpi stritolati dai veicoli blindati che erano passati sopra ai manifestanti. Anzichè ordinare un’inchiesta indipendente, l’esercito ha annunciato che avrebbe avocato a se’ le indagini e ha cercato in tutta fretta di tacitare ogni critica. Amnesty International ha ricevuto resoconti credibili sull’uso di ‘baltagiya’ armati (‘banditi’) per assalire i manifestanti, una ben nota tattica risalente all’era di Hosni Mubarak. Le torture in carcere sono proseguite anche sotto lo Scaf.

Amnesty International ha intervistato detenuti che hanno denunciato di essere stati torturati in custodia militare. A settembre, è circolato un video in cui soldati e agenti di polizia picchiavano due detenuti. Dopo aver sostenuto di aver condotto un’indagine, la procura militare ha dichiarato che il video era falso, senza fornire ulteriori dettagli. Lo Scaf, si legge nel rapporto di Amnesty International, annuncia d’impegnarsi a svolgere indagini, per sviare le critiche sulle gravi violazioni dei diritti umani. Promessa mancata anche in questo caso, dato che non è noto un solo caso in cui un responsabile sia stato portato di fronte alla giustizia.

Inoltre padre padre Luciano Verdoscia, missionario comboniano che vive al Cairo, ha spiegato all’agenzia Fides: “Sono due le questioni poste dai manifestanti che si sono scontrati con polizia ed esercito a Piazza Tahrir. In primo luogo gli arresti compiuti dalle forze armate e le condanne inflitte dai tribunali militari a diversi militanti che in questo periodo hanno partecipato a manifestazioni e ad altre attività politiche. Inoltre la polizia della sicurezza di Stato, formalmente smantellata subito dopo la caduta di Mubarak, ha ripreso invece le sue attività ed ha contribuito a creare ulteriori disordini. I manifestanti chiedono prima di tutto il rilascio delle persone arrestate in questi mesi a causa del loro impegno politico.

L’altro aspetto è quello dei cosiddetti princìpi sovra-costituzionali, che hanno creato un acceso dibattito. Il Consiglio Superiore delle Forze Armate ha cercato di trovare delle mediazioni con i Fratelli Musulmani e con i gruppi salafiti, che a volte, sono stati usati dai militari per interferire con le manifestazioni di piazza, in modo da controbilanciare le altre componenti della protesta”.

Intanto, il governo ha rilasciato Bothaina Kamel, unica candidata donna alle elezioni del 28 novembre, fermata dalla polizia durante le manifestazioni dei giorni scorsi.

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