Il Papa all’udienza generale: “Alla fine vince l’amore”

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“Oracolo del Signore al mio Signore: siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi”. È il salmo 110 (il 109 secondo la tradizione greco-latina) il centro del commento di Benedetto XVI all’udienza generale del mercoledì. Un salmo dove “il Re cantato dal salmista è Cristo, il Messia che instaura il Regno di Dio e vince le potenze del mondo, è il Verbo generato dal Padre prima di ogni creatura, il Figlio incarnato morto e risorto e assiso nei cieli, il sacerdote eterno che, nel mistero del pane e del vino, dona la remissione dei peccati e la riconciliazione con Dio, il Re che solleva la testa trionfando sulla morte con la sua Risurrezione”.

 

 

Benedetto XVI si è interrogato più volte, nel corso del suo pontificato, sul senso del male e sulla battaglia tra bene e male. E sempre ha rassicurato che il male non avrebbe prevalso. Lo afferma anche nella catechesi sul salmo 110 – l’ultima dedicata ai salmi, che il Papa ha invitato a conoscere e usare per la preghiera. Perché – afferma fiducioso – “nonostante tutte le cose che ci fanno dubitare sull’esito della storia, alla fine vince l’amore, vince Cristo”. Il male – è vero – può sembrare più forte. Ma non è così. “In realtà – dice il Papa – il più forte è il Signore”. Benedetto XVI parla a braccio. Ricorda che Gesù Cristo “è il nuovo Davide, che ha vinto la morte e partecipa alla gloria di Dio, è il nostro Re, che ci dà la vita eterna, il mediatore di santità e di salvezza, che realmente viene da Dio, è la luce che porta divina al mondo”.

 

Nel salmo 110, ci sono due signori. Il primo è il re, il secondo è considerato dall’esegesi il Messia. È Dio che “intronizza il re nella gloria” ricorda il Papa. Che riflette poi sull’esercizio del potere, “un incarico che il Re riceve direttamente dal Signore, una responsabilità che deve vivere nella dipendenza e nell’obbedienza diventando così segno, all’interno del popolo, della presenza potente e provvidente di Dio. Il dominio sui nemici, la gloria e la vittoria sono doni ricevuti, che fanno del sovrano un mediatore del trionfo divino sul male”.  “Dobbiamo guardare a Cristo – esorta infine il – per comprendere il senso della vera regalità, da vivere nel servizio e nel dono di sé, in un cammino di obbedienza e di amore portato fino alla fine”.

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