Gli italiani non riescono più a risparmiare

Condividi su...

Nei giorni scorsi le Borse di tutto il mondo, ed in particolar modo quelle europee, sono state in fibrillazione tantoché il nuovo presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ha abbassato il principale tasso d’interesse, quello di rifinanziamento all’1,25% con una riduzione dello 0,25% per dare ossigeno alle economie degli Stati europei, non più sottoposte alla finanzia. Ma il pericolo di un ‘prospettato’ default è sempre dietro l’angolo. Intanto, in tutto questo ‘movimento finanziario’ è passata quasi inosservata la giornata mondiale dedicata al ‘risparmio’, celebratasi il 31 ottobre, da sempre organizzata in Italia dall’Acri, l’Associazione che rappresenta collettivamente le Fondazioni di origine bancaria e le Casse di Risparmio.

Dall’indagine risulta che per gli Italiani il risparmio è una virtù soprattutto privata, una propensione che è loro propria: un obiettivo a cui tendono ancor più nell’attuale congiuntura, quantunque nella realtà facciano ancora più fatica a risparmiare. Se da un lato aumentano coloro che non riescono a vivere tranquilli se non risparmiano (il 44% contro il 41% del 2010), ad esserci riusciti effettivamente sono poco più di un terzo degli Italiani (il 35% contro il 36% del 2010). Al Sud sono meno (il 25%, 5 punti percentuali in decremento rispetto allo scorso anno) e, soprattutto, aumenta il numero di famiglie in saldo negativo di risparmio, ovvero che necessitano di risorse superiori a quelle che guadagnano e che per ‘tirare avanti’ hanno dovuto decumulare i risparmi passati o ricorrere a prestiti: sono il 40% (34% nel 2010) contro un dato nazionale, comunque alto, del 29% (26% nel 2010).

Inoltre sono il 42% (36% nel 2010) gli Italiani che temono di non riuscire a risparmiare nel prossimo anno come in passato e solo il 13% spera di risparmiare di più: il dato più basso mai registrato al riguardo da questa indagine (nel 2010 era il 15%, nel 2009 il 19%). La difficoltà di risparmio sembra poi colpire maggiormente nel pieno dell’età lavorativa, fra i 31 e i 64 anni. Sulla volontà di risparmiare convergono vari elementi: il desiderio di ricostruire le proprie scorte per dare maggiore sicurezza all’avvenire, il timore per l’incertezza sul futuro economico personale e del Paese, insieme alle preoccupazioni circa il proprio reddito dopo la pensione. Infatti i preoccupati per il futuro dopo la pensione in dieci anni crescono dal 38% all’80%. Forse anche per questo gli Italiani ritengono che le famiglie stiano risparmiando assai meno del dovuto (per il 37% stanno risparmiando poco e per il 16% persino troppo poco).

Questo dato si lega alla sensazione diffusa (6 italiani su 10) di aver ridotto negli ultimi anni le riserve di risparmio accumulate nella propria vita. Per gli italiani risparmiare è quindi fondamentale soprattutto per la sicurezza economica dopo la pensione (47%) e per la possibilità di programmare il proprio futuro (44%); ma pensano anche che abbia una valenza etico-pedagogica e che educhi a un consumo più responsabile e sostenibile. Inoltre, sembrano attribuire al risparmio pari importanza per la crescita economica e per quella sociale, anche se le virtù pubbliche del risparmio sembrano essere considerate secondarie rispetto a quelle private: è ritenuto fondamentale per la crescita economica di una nazione dal 24% degli italiani (7% in meno rispetto al 2010). Insomma, quello che si va a chiudere si presenta come un anno di scoramento e di preoccupazione per la maggior parte degli Italiani: il peggiore dal 2001.

Anche i più positivi dubitano di una ripresa, non solo a breve termine, ma neanche prossima e l’attendismo prudente e preoccupato del 2010 ha lasciato il posto a un crudo realismo. Sono in continuo decremento coloro che riescono a migliorare la propria situazione: ormai non superano il 5% della popolazione, a conferma della percezione che il Paese sia statico e stia lentamente scivolando in una situazione di crisi sentita come strutturale, che richiederà lente, e dolorose, vie d’uscita.  La crisi è assai grave per l’86% degli Italiani, e il dato è in crescita (83% nel 2010, 78% nel 2009). L’uscita dalla crisi appare sempre più lontana anno dopo anno e ormai 3 Italiani su 4 si attendono che duri almeno altri 3 anni. Se nel 2009 l’aspettativa media di durata era di poco superiore ai 2 anni e nel 2010 ai 3 anni, ora è intorno ai 4 anni, anziché scendere. Ciò vuol dire che gli Italiani si aspettano di tornare ai livelli pre-crisi soltanto nel 2015.

Chi avverte la crisi come particolarmente grave e teme una lunga fase prima dell’uscita sono soprattutto le persone nella ‘pienezza lavorativa’, fra i 31 e i 64 anni (il 50% di loro ritiene la crisi più grave di quel che si pensa); più ottimisti sono i giovani. Considerando tutti gli aspetti, sia personali sia legati all’Italia e al resto del mondo, il 50% degli italiani è pessimista rispetto al futuro, il 36% ottimista, il 14% attendista.  La crisi è assai grave per l’86% degli italiani, e il dato è in crescita (83% nel 2010, 78% nel2009). Nel solo Nord Est coloro che ritengono la crisi più grave di quel che si pensa aumentano di 8% in un solo anno (dal 33% del 2010 al 41% del 2011). L’uscita dalla crisi appare sempre più lontana anno dopo anno e ormai 3 Italiani su 4 si attendono che duri almeno altri 3 anni.

In sintesi, per la prima volta dal 2005, in Italia gli insoddisfatti superano i soddisfatti, e per la prima volta in assoluto il numero di coloro che sono fiduciosi circa il proprio futuro personale è superato dagli sfiduciati. Sono in continuo decremento, ormai dal 2004, coloro che, anno dopo anno, riescono a migliorare la propria situazione: non superano il 5% a conferma della percezione che il Paese sia statico e stia lentamente scivolando in una situazione di crisi sentita come strutturale, che richiederà lente – e dolorose – vie d’uscita. Rimane stabile sia il numero di famiglie direttamente colpite dalla crisi (23%, quasi una su quattro) sia il numero di quelle che, più o meno facilmente, riescono a mantenere il proprio tenore di vita (74% nel 2011 vs 76% nel 2010); invece sono sempre meno le famiglie che riescono a migliorare il proprio tenore di vita (5%, mentre per il 21% il tenore di vita peggiora).

Infine, chi è riuscito a risparmiare si trova soprattutto nel Nord del Paese (43%), dove le percentuali si discostano in misura trascurabile dai valori dello scorso anno. Sono, invece, sempre più in affanno i risparmiatori del Sud (risparmia il 25% delle famiglie, 5 punti percentuali in meno rispetto allo scorso anno). Nel Centro è un po’ aumentato il numero di coloro che sono riusciti effettivamente a risparmiare (il 36% nel 2011 contro il 32% nel 2010), ma c’è un’attesa negativa sul 2012: la percentuale di coloro che pensano di risparmiare meno l’anno successivo è passata dal 29% del 2010 al 45%.

 

151.11.48.50