Quel silenzio in cui si sente la voce di Dio
«Silenzio e parola: cammino di evangelizzazione». Sceglie un apparente paradosso linguistico Benedetto XVI per dare titolo al tema della prossima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, la XVIª in programma il 20 maggio 2012, nella domenica che precede la Pentecoste. Una scelta coraggiosa, quella del Papa, espressa in una contemporaneità chiassosa fatta immagini e contenuti che spesso si perdono nel frastuono generato dai media. Con l’avvento della radio prima e della televisione poi, i mezzi di comunicazione hanno sempre più stimolato l’udito e hanno perso quell’originario disegno di riflessione, di meditazione, di intimità che, ad esempio, la stampa proponeva come propri sigilli specifici. La cultura digitale, continua in questa direzione, garantendo però all’utente molteplici espressioni del pensiero. Essa stimola sempre più sensi offrendo all’individuo maggiori opportunità di scelta.
Digitale significa, infatti, leggere, ma anche vedere, ascoltare, parlare, scrivere. L’uomo digitale è, nello stesso tempo, reattivo e ricettivo, generativo e accogliente. Egli vive in una dimensione dell’essere in cui il rapporto uomo/macchina diventa condizione paritaria, simbiotica e quindi più controllabile. Sono molte le barriere concettuali che ancora contraddistinguono l’essere digitale. L’atteggiamento verso il web 2.0., infatti, non è ancora del tutto ospitale. Colpa di chi – e non sono pochi purtroppo – lo tratteggiano come qualcosa di estraneo all’uomo, capace di deviarne gli aspetti positivi e scaraventarlo in una sorta di male(ssere) globale. I media digitali (come tutti i media) sono ingranaggi perversi se chi li costruisce ed adopera, è perverso. La loro scelleratezza (pornografia, violenza, ecc.) dipende dalla mano di uomini e donne che scelgono di essere colpevoli di tali misfatti. La Chiesa non è insensibile a questi rischi. L’insidia è evidente ed è data da alcune condizioni ontologiche del mezzo digitale. L’anonimato, la spazio infinito (in cui il controllo dei contenuti è certamente più complesso), la gratuità sono presupposti innegabili di una cultura che si innerva sempre più nelle nostre esistenze, che costruisce identità e percezioni e che ci pone continuamente di fronte ad un bivio: (fare) il bene o (fare) il male.
È questa la scelta che ci accompagna non solo nei territori nel digitale ma in ogni anfratto della nostra esistenza. E come ogni scelta anche questa presuppone una tregua, una sosta da ogni rumore ed una riscoperta del silenzio. Un silenzio che può condurci alla Verità, quella verità che è Parola evangelizzatrice e che partorisce sempre dall’uomo. Si racconta che Cartesio rimase in silenzio davanti al camino della sua casa per molti giorni e da quell’esperienza scaturì il suo “Discorso sul metodo”. Sant’Agostino raccomandava di cercare la “gloria di Dio nel silenzio”, un silenzio che è, per il Santo d’Ippona, la condizione indispensabile per il colloquio con Dio. «La nostra anima ha bisogno di solitudine. Se l’anima è attenta, – scriveva Agostino – Dio si lascia vedere. La folla è chiassosa: per vedere Dio è necessario il silenzio». Per questo egli chiede con intensità a Dio di liberarlo: «Liberami, o mio Dio dalla moltitudine di parole di cui soffro nell’interno della mia anima… Infatti non tace il pensiero anche quando tace la lingua» (preghiera conclusiva de il De Trinitate).
Non sappiamo ancora se Benedetto XVI nel suo messaggio declinerà il silenzio in questo modo. Quello che è certo è che il silenzio può essere riscoperto come quel luogo in cui rifugiarsi anche nella manifesta e illusoria rumorosità mediale in cui certamente «dovrà emergere il volto di Cristo e udirsi la Sua voce, perché se non c’è spazio per Cristo, non c’è spazio per l’uomo» (Verbum Domini, 2009).