Aspettando papa Francesco a Lesbo

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Al termine dell’udienza generale papa Francesco ha chiesto di pregare per la sua visita a Lesbo: “Sabato prossimo mi recherò nell’isola di Lesbo, dove nei mesi scorsi sono transitati moltissimi profughi. Andrò, insieme con i miei fratelli il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo e l’Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Hieronymos, per esprimere vicinanza e solidarietà sia ai profughi sia ai cittadini di Lesbo e a tutto il popolo greco tanto generoso nella accoglienza. Chiedo per favore di accompagnarmi con la preghiera, invocando la luce e la forza dello Spirito Santo e la materna intercessione della Vergine Maria”.

Così, dopo la visita a Lampedusa, sabato 16 aprile papa Francesco visiterà un’altra piccola isola nel mar Mediterraneo, strategica della sua teologia della vicinanza: Lesbo. Secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), oltre 22.000 bambini migranti e rifugiati sono rimasti bloccati in Grecia e devono far fronte a un futuro incerto, segnato anche da violenze e sfruttamento.

Padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, ha definito la visita un gesto di misericordia per svegliare l’Europa: “è un gesto di solidarietà e di prossimità cristiana al grande problema dei rifugiati, dei profughi, dei migranti, che viene compiuto ecumenicamente dai rappresentanti delle Chiese cristiane.

Questo è naturalmente un invito alla responsabilità e all’impegno per tutti: il Papa non fa degli atti di carattere direttamente politico; fa degli atti di carattere umano, morale e religioso estremamente significativi che richiamano però la responsabilità di ognuno, a seconda del suo compito e della sua situazione nella società e nei rapporti con gli altri”.

Il segretario della Cei, mons. Nunzio Galantino, ha definito la visita come un gesto di grane coraggio: “Capisco la fatica di dover affrontare in maniera decisa questi eventi; però se ognuno pensa di chiudere le porte o al contrario, di aprirle da solo, verremo travolti da questo fenomeno, perché il dramma e la disperazione delle persone non si fermano né con il filo spinato né con i muri”.

Mentre mons. Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, ha definito il viaggio un pellegrinaggio della misericordia: “Oltre che una tappa dei viaggi della speranza, la visita del Papa a Lesbo è anche una tappa importante nel cammino ecumenico, che negli ultimi decenni ha sempre trovato una rinnovata forza a partire da temi e attenzioni sociali come le migrazioni, la pace, la salvaguardia del creato…

L’augurio è che questa visita contribuisca a portare l’attenzione di migliaia di persone, tra cui molti bambini, ammassati alla frontiera greca e promuova un’azione nuova dell’Unione europea, perché esca da una grave battuta d’arresto nella gestione dei rifugiati e stimoli la disponibilità di ogni paese all’accoglienza di numeri significativi di richiedenti asilo e rifugiati”.

E molte organizzazioni umanitarie, nelle scorse settimane, avevano lanciato un allarme riguardo i profughi nell’area balcanica. Save the Children aveva espresso profonda preoccupazione riguardo alla detenzione dei richiedenti asilo e alle condizioni deplorevoli del centro di detenzione di Moria sull’isola greca di Lesbo, dove più di 1.000 bambini, molti in viaggio da soli, sono rinchiusi in seguito all’accordo UE-Turchia:

“La situazione all’interno del centro di detenzione di Moria si sta deteriorando rapidamente. Ci sono famiglie e bambini che stanno dormendo all’aperto, stendendo coperte sottili sulla terra fredda, perché non c’è posto per loro nei centri di ricezione sovraffollati. Il campo era stato inizialmente predisposto per accogliere qualche centinaio di persone in transito per un giorno al massimo.

Ora ne ospita circa 3.300 e molti di loro vi sono rinchiusi da oltre una settimana. La gente continua ad arrivare sull’isola e il numero di famiglie detenute nel centro continua a crescere ogni giorno. Si tratta di una situazione estremamente pericolosa per i bambini e siamo preoccupati per il loro benessere fisico e mentale, specialmente per i minori che viaggiano soli”.

Anche Amnesty International, dopo aver visitato i due centri (Moria a Lesbo e Vial a Chio, dove si trovano attualmente 4200 detenuti, in gran parte arrivati in Grecia dopo il 20 marzo, giorno dell’entrata in vigore dell’accordo, ha affermato: “Sulle rive dell’Europa, i rifugiati sono intrappolati senza luce alla fine del tunnel. Un piano così pieno di difetti, precipitoso e male impostato che è maturo per una serie di errori, calpesta i diritti e il benessere delle persone fra le più vulnerabili…

Queste persone non hanno praticamente alcun accesso all’assistenza legale. Quello ai servizi è scarso così come sono carenti le informazioni su quale potrà essere il loro destino. La disperazione è palpabile”.

Infine il Consiglio Italiano per i Rifugiati è allarmato dalla Comunicazione della Commissione Europea relativa alla riforma del sistema d’asilo: “L’insieme delle proposte tradisce una posizione della Commissione secondo la quale i colpevoli della crisi sono i rifugiati.

E partendo da questo presuposto li si vuole punire, istituendo, più di quanto già non sia previsto, strumenti obbligatori per tutti gli Stati membri per facilitare il veloce respingimento alla frontiera, per confinare vita natural durante il rifugiato in uno solo Stato europeo, per limitare i diritti sociali dei richiedenti asilo e dei beneficiari della protezione sussidiaria…

E’ davvero deprimente constatare che in questo documento si propongano regole comuni e obbligatorie solo quando si tratta di imporre misure restrittive, mentre c’è una totale assenza di regole ferree quando si tratta di interventi positivi, in grado di offrire reali soluzioni. Molte delle proposte, inoltre, contraddicono gli orientamenti espressi, anche recentemente, dal Parlamento europeo”.

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