Io, Asia Bibi, muoio: ascoltate la mia voce!

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“La missione universale coinvolge tutti, tutto e sempre. Il Vangelo non è un bene esclusivo di chi lo ha ricevuto, ma è un dono da condividere, una bella notizia da comunicare. E questo dono-impegno è affidato non soltanto ad alcuni, bensì a tutti i battezzati”. Così si è espresso papa Benedetto XVI nel messaggio della giornata missionaria, celebrata domenica scorsa. Nel mese dedicato alla missione è fondamentale per i cristiani ricordare quanti hanno perso la vita per annunciare Cristo, come è accaduto pochi giorni fa a padre Fausto Tentorio, 59 anni, originario del lecchese, perché lavorava con gli indigeni del luogo, i Manobos, nella formazione e organizzazione delle loro piccole comunità montane. Ma questo impegno voleva dire anche affrontare forze molto potenti, interessate a spazzare via gli indigeni dalle loro terre. Infatti la popolazione di Mindanao si è mobilitata per chiedere ‘giustizia per padre Tentorio’. Secondo l’agenzia Fides oltre 20.000 persone si sono radunate in tre città di Mindanao: Davao, Makilala e Kidapawan, promuovendo cortei all’insegna di slogan come ‘giustizia e trasparenza’.

Oppure chi è costretto a subire torture e pressioni, perché testimonia la propria fede nella sua terra di origine, come Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte ingiustamente per blasfemia ed in attesa del giudizio d’appello dopo la condanna a morte comminata in prima istanza nel novembre 2010, che continua a subire maltrattamenti in carcere, nonostante che il ministro di stato federale del Pakistan, il cattolico Akram Gill, abbia ripetuto che il ‘caso’ è “in cima ai nostri pensieri”. Infatti il ministro pakistano  ha scritto una lettera e contattato il Sovrintendente del Carcere di Sheikupura (in Punjab), nonché il Ministro degli interni in Punjab, per chiedere precise garanzie sulla tutela della salute fisica e psicologica di Asia Bibi.

Intanto secondo fonti locali riportate dal quotidiano pachistano The Express Tribune, Asia Bibi, sarebbe stata sottoposta a ‘tortura’ da una guardia del carcere di Shaikhupura dove la donna si trova in una cella di massima sicurezza per timore che diventi vittima degli estremisti religiosi. Pretesto dei maltrattamenti sarebbe stato il possesso di oggetti non consentiti che la guardia afferma di avere trovato nella cella della donna. Inoltre in un rapporto basato su un interrogatorio di Asia Bibi si sostiene che l’episodio è dovuto alla negligenza dell’amministrazione carceraria, ma vi si legge anche il timore che la situazione di Asia Bibi, madre di cinque figli che vivono in clandestinità assieme al padre per timore di ritorsioni, possa sfuggire di mano, con rischi concreti per la sua vita.

Però da alcuni mesi, forse è questo il motivo delle persecuzioni di questi giorni, è uscito un libro scritto in collaborazione con la giornalista francese Anne-Isabelle Tollet, ‘Blasfemia. Condannata a morte per un bicchier d’acqua’. Due uomini che hanno difeso la donna cristiana, il governatore del Punjab Salman Taseer ed il Ministro per le Minoranze Shahbaz Bhatti, sono stati uccisi. Noi riportiamo piccoli frammenti del libro, edito da Mondadori.

“Sono colpevole di avere manifestato solidarietà. Il mio torto? Solo quello di avere bevuto dell’acqua proveniente da un pozzo di alcune donne musulmane usando il ‘loro’ bicchiere, quando c’erano 40 gradi al sole. Io, Asia Bibi, sono condannata a morte perché avevo sete. Sono in carcere perché ho usato lo stesso bicchiere di quelle donne musulmane. Perché io, una cristiana, cioè una che quelle sciocche compagne di lavoro ritengono impura, ho offerto dell’acqua a un’altra donna. Voglio che la mia povera voce, che da questa lurida prigione denuncia tanta ingiustizia e tanta barbarie, trovi ascolto. Desidero che tutti coloro che mi vogliono vedere morta sappiano che ho lavorato per anni presso una coppia di ricchi funzionari musulmani.

Voglio dire a chi mi condanna che per i membri di quella famiglia, che sono dei buoni musulmani, il fatto che a preparare i loro pasti e a lavare le loro stoviglie fosse una cristiana non era un problema. Ho passato da loro 6 anni della mia vita, ed è per me una seconda famiglia, che mi ama come una figlia! Sono arrabbiata con questa legge sulla blasfemia, responsabile della morte di tanti ahmadi, cristiani, musulmani e persino indù. Da troppo tempo questa legge getta in prigione degli innocenti, come me. Perché i politici lo permettono? Solo il governatore del Punjab, Salman Taseer, e il ministro cristiano per le Minoranze, Shahbaz Bhatti, hanno avuto il coraggio di sostenermi pubblicamente e di opporsi a questa legge antiquata.

Una legge che è in sé una bestemmia, visto che semina oppressione e morte in nome di Dio. Per avere denunciato tanta ingiustizia questi due uomini coraggiosi sono stati assassinati in mezzo alla strada. Uno era musulmano, l’altro cristiano. Tutti e due sapevano che stavano rischiando la vita, perché i fanatici religiosi avevano minacciato di ucciderli. Malgrado ciò, questi uomini pieni di virtù e di umanità non hanno rinunciato a battersi per la libertà religiosa, affinché in terra islamica cristiani, musulmani e indù possano vivere in pace, mano nella mano. Un musulmano e un cristiano che versano il loro sangue per la stessa causa: forse in questo c’è un messaggio di speranza. Supplico la Vergine Maria di aiutarmi a sopportare un altro minuto senza i miei figli, che si chiedono perché la loro mamma sia improvvisamente sparita di casa. Dio mi dà ogni giorno la forza di sopportare questa orribile ingiustizia. Ma per quanto ancora?”

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