Una proposta di riforma del Sistema Monetario sul tavolo del G20
La prima bozza è stata affidata a Michel Camdessus, uno dei consultori del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e membro delle delegazione francese al prossimo G20 che si terrà il 3 e 4 novembre a Cannes. E poi il testo è stato rivisto e limato per circa quattro mesi dai tecnici della Santa Sede. Nasce così la proposta di riforma del Sistema Monetario Internazionale elaborata dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. La linea è chiara: serve un’autorità mondiale con competenze universale, che sappia regolare l’economia e la tenga più ancorata all’economia reale.
D’altronde, lo stesso presidente francese Nicolas Sarkozy aveva parlato di una moneta internazionale di riferimento. “La Francia – ha affermato il presidente francese – supporta l’idea di modificare lo status del Fondo Monetario Internazionale per espandere le sue capacità di sorveglianza”. Questo può contrastare quello che lui vede come una “proliferazione di misure unilaterali durante la crisi che vengono dal nuovo protezionismo finanziario nel quale tutte le economie soffrono”.
Il documento va oltre. Più volte la diplomazia vaticana ha espresso riserve riguardo l’operato dei vari G (G7, G20), consessi internazionali considerati poco più di un club di amici, senza alcun potere risolutivo. La richiesta di una grande autorità mondiale viene proprio dalla consapevolezza che serve un’autorità che vada oltre la sovranità degli Stati nazionali, e sia diretta verso il bene comune.
Un bene comune cui avevano pensato le delegazioni che si erano riunite a Bretton Woods, nel 1944. Lì i delegati decisero di abbandonare il Gold Standard – il sistema monetario basato sulla convertibilità di tutte le monete in oro secondo una parità fissa – e di abbracciare un nuovo sistema più rispondente al capitalismo. Due furono i progetti presentati per il futuro sistema monetario internazionale. Tra l’idea di una Banca Centrale Mondiale che avrebbe avuto il potere d’intervenire sui mercati e la proposta di un semplice fondo di stabilizzazione dei tassi di cambio, si decise per un compromesso: le politiche economiche degli Stati nazionali sarebbero state coordinate dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, mentre il dollaro avrebbe avuto un ruolo centrale, come unica moneta che poteva essere convertita in oro.
Ma la crescita dell’Europa, e in particolare della Germania, portarono sempre più i creditori a chiedere la conversione in oro del dollaro. A quel punto, nel 1971, il presidente americano Nixon sospese unilateralmente la conversione di dollari in oro. Era l’inizio di un mondo dall’economia variabile, in cui l’oro giallo veniva sostituito dall’oro nero.
Il Fondo Monetario Internazionale, invece, creò già nel 1969 l’embrione di un nuovo tipo di moneta, i Diritti Speciali di Prelievo. Non sono crediti che gli Stati hanno con il fondo monetario internazionale. Ma gli Stati lo possono utilizzare per venderli e sostenere la propria moneta. Una valuta internazionale, come quella auspicata da Sarkozy, avrebbe lo stesso scopo dei Dsp.
Il documento guarda oltre e punta – più che ad una valuta internazionale – a istituire una authority internazionale, con meccanismi di controllo, e a ri-ancorare il sistema monetario internazionale all’economia reale. D’altronde – è il ragionamento che si fa nei Sacri Palazzi – non è stata la globalizzazione a fare sì che le multinazionali e gli interessi privati prendessero in mano il controllo dell’economia. Sono stati gli Stati che – dopo Bretton Woods – hanno abdicato a parte della loro sovranità in nome del profitto, e che ora si trovano come accartocciati in un sistema dal quale è difficilissimo uscire.