Iustitia et Pax lancia al G20 l’idea della autorità finanziaria mondiale

Il punto centrale è come e chi possono realizzare questa realtà. L’idea proposta è quella di riscoprire “la logica di fondo, di pace, coordinamento e prosperità comune che portarono agli Accordi di Bretton Woods” nel 1944 (sulla regolamentazione della politica monetaria internazionale, sospesi nel 1971). Accordi che portarono all’istituzione del Fondo monetario internazionale che oggi ha perso la sua capacità di garantire la stabilità della finanza mondiale. E’ necessario “un corpus minimo condiviso di regole” per gestire il “mercato finanziario globale, cresciuto molto più rapidamente dell’economia reale” grazie all’ “abrogazione generalizzata dei controlli sui movimenti di capitali” e alla “deregolamentazione delle attività bancarie e finanziarie”. “Sullo sfondo si delinea, in prospettiva, l’esigenza di un organismo che svolga le funzioni di una sorta di «Banca centrale mondiale» che regoli il flusso e il sistema degli scambi monetari, alla stregua delle Banche centrali nazionali”.
A livello politico l’idea era già presente nella Caritas in vertiate, ma nella nota presentata oggi si ente nel dettaglio riguardo la situazione finanziaria. Dopo una introduzione che ricorda la necessità del bene comune e la intenzione della Santa Sede di offrire “un contributo ai responsabili della terra e a tutti gli uomini di buona volontà” di fronte all’attuale crisi economica e finanziaria mondiale che “ha rivelato comportamenti di egoismo, di cupidigia collettiva e di accaparramento di beni su grande scala”. Si passa ad una analisi della cause della crisi, riscontrate “anzitutto” in “un liberismo economico senza regole e senza controlli”, e parla di “un’economia mondiale sempre più dominata dall’utilitarismo e dal materialismo. caratterizzata da un’espansione eccessiva del credito e da bolle speculative, che hanno generato “crisi di solvibilità e di fiducia”. La nota rilancia le parole di Benedetto XVI che parla della radici una crisi che “non è solamente di natura economica e finanziaria, ma prima di tutto di natura morale”.
E’ necessario allora colmare il divario tra “formazione etica e preparazione tecnica” evidenziando la sinergia tra “praxis” (agire morale) e “poièsis” (agire tecnico produttivo). Tra le proposte tecniche il documento vaticano propone “misure di tassazione delle transazioni finanziarie, mediante aliquote eque”, anche per “contribuire alla costituzione di una riserva mondiale, per sostenere le economie dei Paesi colpiti dalle crisi, nonché il risanamento del loro sistema monetario e finanziario”; “forme di ricapitalizzazione delle banche anche con fondi pubblici condizionando il sostegno a comportamenti «virtuosi» e finalizzati a sviluppare l’economia reale”; la “definizione dell’ambito dell’attività di credito ordinario e di Investment Banking. Tale distinzione consentirebbe una disciplina più efficace dei «mercati-ombra» privi di controlli e di limiti”. Alla base di tutto deve però esserci “un corpus minimo condiviso di regole” per gestire il “mercato finanziario globale, cresciuto molto più rapidamente dell’economia reale” grazie all’”abrogazione generalizzata dei controlli sui movimenti di capitali” e alla “deregolamentazione delle attività bancarie e finanziarie”. “Sullo sfondo si delinea, in prospettiva, l’esigenza di un organismo che svolga le funzioni di una sorta di «Banca centrale mondiale» che regoli il flusso e il sistema degli scambi monetari, alla stregua delle Banche centrali nazionali”. L’idea nasce da lontano, addirittura dalla Pacem in tersi che auspicava la creazione, un giorno, di un’Autorità pubblica mondiale”.
I Governi non dovranno “servire incondizionatamente l’Autorità mondiale. È piuttosto quest’ultima che deve mettersi al servizio dei vari Paesi membri, secondo il principio di sussidiarietà”, offrendo il suo “sussidio” nel rispetto della libertà e delle responsabilità di persone e comunità. Oggi esistono le condizioni per il definitivo superamento di un ordine internazionale basato sulla assoluta divisione tra gli stati, in una sorta di autarchia ormai anacronistica. Si tratta di “costruire soprattutto un futuro di senso per le generazioni a venire. Non bisogna temere di proporre cose nuove, anche se possono destabilizzare equilibri di forze preesistenti che dominano sui più deboli”. La nota si conclude con l’invito all’impegno al cambiamento come “missione al tempo stesso sociale e spirituale”. E’ passare dallo spirito di Babele, dove regna la divisione o l’unità di facciata, allo Spirito di Pentecoste, che è il “disegno di Dio per l’umanità, vale a dire l’unità nella diversità. Solo uno spirito di concordia, che superi divisioni e conflitti, permetterà all’umanità di essere autenticamente un’unica famiglia, fino a concepire un nuovo mondo con la costituzione di un’Autorità pubblica mondiale, al servizio del bene comune”.