Il papa a Sydney. Dialogo con i cristiani e con le altre religioni
Mattinata intensa per Benedetto XVI, che in due momenti differenti ha incontrato i rappresentanti del mondo cristiano e delle altre religioni e comunità. Il primo momento nelle prime ore del giorno. Sono circa 50 gli ospiti del Santo Padre, per un incontro carico di significato nell’ottica del dialogo ecumenico.
Nella cripta della cattedrale di St. Mary, tra il mosaico sulla storia della creazione e le immagini della Vergine, il papa mette immediatamente in evidenza l’importanza della libertà religiosa come “diritto fondamentale che, se rispettato, consente ai cittadini di agire sulla base di valori radicati nelle loro più profonde convinzioni, contribuendo così al benessere dell’intera società”.
Anglicani, luterani, siriani ortodossi, maroniti, cinesi metodisti e melchiti: a loro il papa offre la riproposizione in terra australiana (paese “contrassegnato da grande diversità etnica e religiosa” che “riconosce l’importanza della libertà religiosa”) di un punto di vista più volte espresso nei suoi scritti e nei suoi viaggi, anche i più recenti. Per il papa, un “buon servizio al movimento ecumenico” è stato possibile in Australia grazie alla capacità di portare avanti una “discussione franca e cordiale”.
Benedetto XVI cita l’Accordo siglato nel 2004 dai membri del Consiglio Nazionale delle Chiese, documento che “riconosce un comune impegno, indica degli obiettivi, dichiara punti di convergenza, senza passare frettolosamente sopra alle differenze”: insomma, sottolinea il papa, “un approccio che dimostra non solo che è possibile trovare risoluzioni concrete per una collaborazione fruttuosa nel presente, ma anche che abbiamo bisogno di continuare pazienti discussioni sui punti teologici di divergenza”.
Ed ecco che, citando San Paolo e la sua azione di evangelizzazione, Benedetto XVI mette al primo posto fra gli obiettivi la celebrazione comune dell’Eucaristia: “Anche se vi sono ancora ostacoli da superare – scandisce – noi possiamo essere sicuri che un giorno una comune Eucaristia non farà che sottolineare la nostra decisione di amarci e servirci gli uni gli altri a imitazione del nostro Signore”. Dal papa arriva dunque l’incoraggiamento ad andare avanti sul terreno intrapreso, particolarmente nel momento attuale: “Cari amici in Cristo – dice – penso sarete d’accordo nel ritenere che il movimento ecumenico sia giunto ad un punto critico: per andare avanti, dobbiamo continuamente chiedere a Dio di rinnovare le nostre menti con la grazia dello Spirito Santo”.
Fra i suggerimenti del papa c’è quello a “stare in guardia contro ogni tentazione di considerare la dottrina come fonte di divisione e perciò come impedimento a quello che sembra essere il più urgente ed immediato compito per migliorare il mondo nel quale viviamo”. La promozione dei valori cristiani, compito che ricade su tutti i cristiani, deve essere fatto – ammonisce il papa – non temendo di proclamare che la fonte di quei valori è in Gesù Cristo: testimonianza comune dunque, vissuta sulla via – per quanto “ardua” – verso “la piena unità”.
L’INCONTRO CON LE ALTRE RELIGIONI. Subito dopo Benedetto XVI ha incontrato i rappresentanti delle altre religioni, nella sala capitolare di St. Mary, il più antico edificio del comprensorio della cattedrale. Qui una quarantina di rappresentanti di tutte le fedi di antica e nuova tradizione. Nel suo discorso ai presenti, il papa prima loda l’Australia come terra capace di rispettare il diritto alla libertà di religione e poi allarga subito lo sguardo, mettendo in evidenza l’importanza di un simile atteggiamento in un’epoca “nella quale alcuni sono giunti a ritenere la religione causa di divisione piuttosto che forza di unità”.
La relazione fra religione e vita pubblica – fa notare il pontefice – si connota anche nella capacità della religione di “offrire una visione della persona umana che evidenzi la nostra innata aspirazione a vivere con magnanimità, intessendo legami di amicizia con il nostro prossimo”: le relazioni umane cioè “non si possono definire in termini di potere, dominio e interesse personale. Al contrario, esse riflettono e perfezionano l’inclinazione naturale dell’uomo a vivere in comunione e in armonia con gli altri”.
Il papa traccia uno dei punti comuni delle religioni: “Il senso religioso radicato nel cuore dell’uomo – afferma Benedetto XVI – apre uomini e donne verso Dio e li guida a scoprire che la realizzazione personale non consiste nella gratificazione egoistica di desideri effimeri. Esso, piuttosto, ci guida a venire incontro alle necessità degli altri e a cercare vie concrete per contribuire al bene comune”. A rafforzare e al tempo stesso ad incarnare questo ruolo positivo della religione sono tutti coloro che, con il loro spirito religioso, sanno “dimostrare che è possibile trovare gioia in una vita semplice e modesta, condividendo con generosità il proprio superfluo con chi è nel bisogno”: parole che debbono parlare soprattutto ai giovani, così “sovente tentati di considerare la vita stessa come un prodotto di consumo”.
Il papa sottolinea la capacità di numerosi giovani di accogliere “ideali elevati”, con il rispetto di sé, l’attenzione verso gli altri, il fascino per il trascendente e anche l’ascetismo e pone in rilievo soprattutto il ruolo fondamentale delle scuole nel fare ai giovani una “adeguata formazione”: “Sia le scuole confessionali che le scuole statali possono fare di più per sviluppare la dimensione spirituale di ogni giovane”, dice. Del resto, per Benedetto XVI “la religione, nel rammentarci la limitatezza e la debolezza dell’uomo, ci spinge a non riporre le nostre speranze ultime in questo mondo che passa”: essa conduce verso la pace ma è anche e soprattutto capace di suscitare nello spirito umano la sete della verità e la fame della virtù. “Ci sia dato di incoraggiare tutti, specialmente i giovani, -prega il papa – ad ammirare con stupore la bellezza della vita, a ricercarne il significato ultimo e ad impegnarsi a realizzarne il sublime potenziale!”.
Tre i discorsi che hanno preceduto quello del papa. Oltre a quello del cardinale Pell, che ha rivolto un saluto, apertura e dialogo sono stati espressi dal rappresentante ebreo e musulmano. “Le nostre fedi insegnano che siamo figli di un unico corpo a immagine di Dio – ha detto il rabbino Jeremy Lawrence, della Grande Sinagoga di Sydney – Le nostre due fedi rivelano quel momento di 3500 anni fa, quando il popolo di Israele ha sentito la voce di Dio sul Sinai. In quel momento si è fidato di noi, con la missione e il messaggio di una vita santa, oltre alla celebrazione di Dio in tutti gli aspetti della nostra vita, condividendolo con il nostro mondo.” “Possiamo essere profondamente differenti nei dettagli dell’interpretazione – ha spiegato – ma i nostri punti originali in comune ci uniscono con un’amicizia che è più grande della discordia tra i nostri punti di partenza e i nostri punti di disaccordo”.
Apertura anche dallo sceicco Mohamadu Saleem, della moschea di Sydney. “I musulmani dovrebbero diventare più universali nella comprensione delle altre religioni. Allo stesso momento anche significativi settori dei cristiani e delle altre comunità religiose dovrebbero superare le loro concezioni sbagliate e pregiudiziali sull’Islam e i mussulmani”. “Se i mussulmani, cristiani e le comunità delle altre fedi entrano in contatto l’uno con l’altro – ha aggiunto – e costruiscono ponti invece di costruire bandiere, l’intera umanità sarà gioiosa per sempre”.