Rivoluzione cinese sui figli
L’Assemblea Nazionale del popolo cinese ha adottato una legge, autorizzando le coppie alla possibilità ad avere due figli, con una norma entrata in vigore dal 1 gennaio 2016. Il via libera dei deputati a un emendamento alla Legge della Popolazione e pianificazione familiare ha messo fine a oltre tre decenni di una rigida, ma mal digerita politica demografica nel Paese più popoloso del mondo, assecondando la decisione presa dal Partito Comunista Cinese, lo scorso 29 ottobre.
Comunque già nel 2013 c’era stato un allentamento della politica del ‘figlio unico’, perché era stato ampliato il numero delle eccezioni alla regola generale. La misura anti-natalsita era stata adottata nel 1979 a pochi anni dalla morte di Mao Tse Tung da Deng Xiao Ping come metodo di controllo demografico.
Infatti il controllo demografico negli anni ha portato ad abusi come gli aborti forzati, imposti anche a donne in stato avanzato di gravidanza. La decisione cinese è stata presa dopo che gli esperti avevano segnalato un rallentamento della crescita della popolazione più rapida del previsto. Fra il 2013 e il 2014 il governo ha consentito ad alcune coppie di avere un secondo bambino.
Tuttavia su 11.000.000 di coppie che rientrano in questa casistica soltanto 1.045.000 hanno chiesto di poter accedere al privilegio concesso: invece dei 20.000.000 di neonati attesi da Pechino per il 2014 ne sono nati soltanto 16.900.000.
Questo squilibrio, spiegano gli esperti, nasce da decenni di influenza politica contraria alla natalità, dall’aumento del costo della vita e dalla difficoltà di trovare lavori dignitosi con stipendi in grado di sostenere una famiglia numerosa. Al punto che il tasso di natalità della Cina è oramai fermo a 1,18 figli per coppia contro la media mondiale di 2,5.
Questo abbassamento del tasso di natalità, secondo gli esperti cinesi, inciderà sicuramente sull’economia nazionale: il calo della forza-lavoro e il collasso del sistema pensionistico, che ‘sono ormai realtà con cui il governo deve fare i conti’.
Quindi il governo cinese, dopo quasi 40 anni di politica del ‘figlio unico’, ha compreso che il progresso economico è dovuto alla nascita dei figli, che garantiscono il futuro. Comunque nello scorso anno il Financial Times ha riportato che, sin dall’implementazione del controllo demografico in Cina, iniziato nel 1971, ci sono stati 336.000.000 di aborti e 196.000.000 di sterilizzazioni. Gli staff medici hanno anche inserito 403.000.000 di dispositivi intrauterini.
Negli ultimi decenni, in Cina il numero di aborti ha superato l’intera popolazione attuale degli Stati Uniti. Inoltre dal 1980 ad oggi lo Stato cinese ha incassato $ 380.000.000 per le multe comminate a chi aveva messo al mondo più di un bambino. Inoltre la politica del figlio unico aveva colpito soprattutto le femmine, soprattutto perché nelle zone rurali si preferiva le braccia forti dei figli maschi.
Il risultato di questo squilibrio è evidente: nel 2010 su 118 maschi c’erano solo 110 ragazze. A livello nazionale ciò significa che ci sono 37.000.000 di maschi in più rispetto alle donne. Allora la politica cinese ha deciso di ascoltare l’economia: se la Cina non inverte al più presto il trend di decrescita non potrà più sostenere il suo sviluppo economico.
Nel 2000 gli ultrasessantenni erano il 10,3%, oggi il 13,3%. Di converso i ragazzi sotto i 14 anni sono scesi dal 23 al 17%. Inoltre, oggi i cinesi lavoratori sono il 69,2% dell’intera popolazione e sono scesi dello 0,6% rispetto all’anno precedente. Ma Jiantang, direttore dell’Ufficio nazionale di statistica di Pechino lancia l’allarme:
“E’ la prima volta da molto tempo a questa parte che assistiamo a un calo così drastico della popolazione in età lavorativa. La popolazione in età da lavoro continuerà a diminuire gradualmente, almeno fino al 2030. La Cina deve studiare una politica appropriata per la pianificazione familiare”.