Un mondo tormentato da squilibri logici, morali, sociali
In una società in cui per protestare contro la crisi economica si distruggono beni pubblici e si oltraggiano i simboli religiosi, la proclamazione di un Anno della Fede sembra un richiamo all’umanità dell’uomo. Ed è proprio questo che Benedetto XVI vuole fare: riportare l’uomo verso se stesso, cioè verso Dio. Solo così l’uomo può ritornare alla vera civiltà, la civiltà dell’amore. Per farlo però la Chiesa deve sapere bene cosa fare. I laici, i religiosi, i sacerdoti, le gerarchie devono abbandonare ogni clericalismo e diventare missionari, cioè nuovi evangelizzatori.
Il Papa lo ha spiegato nella omelia della messa dedicata alla Nuova Evangelizzazione. Espressione coniata da Giovanni Paolo II alla scuola del Concilio Vaticano II. E propria la Concilio si riallaccia Benedetto XVI, perché l’ Anno della Fede si aprirà a 50 anni dall’apertura della grande assise. Un Anno della Fede lo dichiarò anche papa Paolo VI nel 1967. Il Concilio era appena finito, il mondo era alle soglie dell’anno spartiacque, il ’68, e il Papa colse l’occasione dell’anniversario del martirio di Pietro e Paolo per lanciare questa iniziativa. C’era, per dirlo con parole dell’ allora professore di Teologia Joseph Ratzinger, “ un certo disagio, un’atmosfera di freddezza e anche di delusione, quale segue solitamente i momenti di gioia e di festa”. Paolo VI ne è cosciente e scrive la Esortazione Apostolica: Pietro e Paolo Apostoli.
É il 22 febbraio del 1967 e nel testo si legge: “È pur noto a voi, Venerati Fratelli e Figli carissimi, come, nella sua evoluzione, il mondo moderno, proteso verso mirabili conquiste nel dominio delle cose esteriori, e fiero d’una cresciuta coscienza di sé, sia incline alla dimenticanza e alla negazione di Dio, e sia poi tormentato dagli squilibri logici, morali e sociali, che la decadenza religiosa porta con sé, e si rassegni a vedere l’uomo agitato da torbide passioni e da implacabili angosce: dove manca Dio manca la ragione suprema delle cose, manca la luce prima del pensiero, manca l’indiscutibile imperativo morale, di cui l’ordine umano ha bisogno.”
Parole di assoluta contemporaneità. E nonostante la grande testimonianza del Beato Giovanni Paolo II, sembra che il cammino dell’umanità sia ruzzolato sempre più su sentieri lontani dalla logica, dalla fede, da Dio. I politicanti prevalgono sugli educatori, la protesta sulla progettualità. L’Anno della Fede potrà essere una nuova occasione per ogni cattolico, ogni cristiano, di ricreare una teologia della storia che metta al centro l’uomo e la sua più intima verità: essere immagine di Dio.