Egitto: la persecuzione dei cristiani nel silenzio dell’Occidente
Al termine dell’udienza generale di mercoledì 12 ottobre Papa Benedetto XVI ha espresso il suo rammarico per le violenze scoppiate domenica 9 ottobre a Il Cairo, invitando a pregare per la pace nella società egiziana: “Sono profondamente rattristato dagli episodi di violenza, che sono stati commessi a Il Cairo domenica scorsa. Mi unisco al dolore delle famiglie delle vittime e dell’intero popolo egiziano, lacerato dai tentativi di minare la coesistenza pacifica fra le sue comunità, che è invece essenziale salvaguardare, soprattutto in questo momento di transizione. Esorto i fedeli a pregare affinché quella società goda di una vera pace, basata sulla giustizia, sul rispetto della libertà e della dignità di ogni cittadino. Inoltre, sostengo gli sforzi delle autorità egiziane, civili e religiose, in favore di una società nella quale siano rispettati i diritti umani di tutti e, in particolare, delle minoranze, a beneficio dell’unità nazionale”.
Prendendo spunto dalle parole del Papa ill gesuita egiziano, padre Samir Khalil Samir, docente di Teologia ed islamologia al Pontificio Istituto Orientale, intervenendo ad un convegno organizzato da Aiuto alla Chiesa che Soffre, si è detto ottimista sulle elezioni di novembre, sebbene “ci vorranno anni per imparare la democrazia e la libertà religiosa. Il fanatismo islamico non è il vero Islam anche se molti musulmani violenti credono lo sia. Preghiamo che il sangue degli innocenti sia seme di giustizia”.
Intervenuto sulla strage perpetrata dall’esercito egiziano, ha affermato: “In un momento in cui libertà, dignità, uguaglianza e democrazia sembravano traguardi più vicini, i cristiani perdono nuovamente la speranza”, sottolineando come i gruppi fondamentalisti, specie i salafiti, non più ostracizzati come nel regime di Mubarak, “escano oggi alla luce del sole approfittando del vuoto di potere per perseguire con la forza i propri fini politici. I locali seguaci del salafismo sono più radicali dei Fratelli Musulmani e negli ultimi mesi sono stati spesso autori di violenze contro cristiani e musulmani moderati. Spero che le vittime non siano morte invano e che la gente si schieri contro un modello inaccettabile di società”.
Sulla situazione dei cristiani coopti è intervenuto anche il card. Péter Erdő , presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee): “Cittadini come tutti gli altri, i cristiani sono anch’essi impegnati nella costruzione di una società improntata sulla libertà, sulla giustizia, sulla verità e sull’amore. In questo amato Paese, l’amicizia esistente e dimostrata in diversi avvenimenti recenti fra persone di diverse confessioni religiose è segno di una speranza reale… Chiediamo ai Governi dei Paesi europei di prendere posizione in difesa di tutti coloro che, come i cristiani, subiscono aggressioni per la loro appartenenza religiosa, etnica o sociale. Chiediamo al Signore per tutti i cristiani in Egitto la forza per continuare ad essere dei testimoni autentici di Cristo e della fraternità con tutti gli uomini, senza la quale non ci sarà un futuro migliore né per i singoli Paesi né per l’umanità”.
Ed all’Agenzia Fides padre Luciano Verdoscia, missionario comboniano che vive da molti anni nella capitale egiziana, ha sottolineato: “Negli anni di Mubarak si è approfondito il divario e l’odio tra le varie fazioni… Prima di Sadat non è che ci fossero le profonde divisioni che troviamo ora. A cominciare dalla presidenza di Sadat nei primi anni ’70 si sono prodotte le divisioni settarie. Questa tendenza si è approfondita sotto Mubarak anche per l’influenza dei wahabiti provenienti dall’Arabia Saudita. Il governo dell’epoca ha giocato con questi gruppi, a volte reprimendoli, altre volte lasciandoli liberi di agire, soprattutto a livello sociale. La situazione è quindi complessa… A tutto questo si aggiungono le strumentalizzazioni politiche, soprattutto in vista delle prossime elezioni…
L’occidente ha ben chiaro il principio del rispetto delle minoranze, ma rimango stupito che nessuno intervenga quando vi sono predicatori islamici che diffondono proclami che istigano alla violenza e che sono contro la libertà di coscienza. Questo naturalmente vale anche nel caso contrario, di chi, proclamandosi cristiano, alimenta l’odio contro i musulmani. Purtroppo temo che i governi occidentali siano interessati a preservare i loro interessi economici a scapito dei diritti delle persone. Quindi non hanno la forza etica di denunciare le discriminazione nei confronti delle minoranze dei Paesi medio-orientali”.
Ed il sito www.medarabnews.com ha sottolineato che “esistono in Egitto spezzoni del vecchio apparato di potere securitario, politico e finanziario, di cui, del resto, lo stesso esercito attualmente al governo era un pilastro essenziale, il cui obiettivo è quello di sabotare la transizione democratica, anche fomentando le tensioni confessionali”. Infine Amnesty International ha sollecitato il Consiglio supremo delle forze armate egiziane a spiegare come mai una manifestazione contro la discriminazione religiosa sia finita in un bagno di sangue, che ha causato almeno 25 morti e oltre 200 feriti. Inoltre l’organizzazione per i diritti umani ha chiesto al “Consiglio supremo delle forze armate di istruire le forze di sicurezza a non usare forza eccessiva e di avviare immediatamente un’inchiesta indipendente”.
I medici dell’Ospedale copto del Cairo hanno riferito ad Amnesty International che i corpi dei manifestanti uccisi presentavano segni di proiettili e fratture causate dal deliberato investimento da parte dei blindati dell’esercito. Amnesty International si è detta inoltre preoccupata per il comportamento della televisione di stato, che ha incitato gli egiziani a sostenere e ‘difendere’ le forze armate dagli attacchi dei manifestanti. Gli studi di due emittenti televisive che stavano facendo la cronaca delle proteste in modo evidentemente diverso, 25TV e Al Hurra, sono stati oggetto di un’irruzione dei militari.
I copti costituiscono il 10% della popolazione e subiscono una discriminazione ufficiale, che comprende la negazione di luoghi di culto. Dopo gli scontri interreligiosi di maggio e giugno, il governo aveva annunciato l’introduzione di una legge sui luoghi di culto insieme all’intenzione di riaprire, dopo un esame della situazione, tutte le chiese precedentemente chiuse. La legge non è mai entrata in vigore e solo il 10 ottobre il governo ha annunciato che sarà emanata entro due settimane, ma sono in pochi a crederci.