Con sant’Ambrogio nella strada della Misericordia
E’ stata una festa di popolo, alle soglie dell’apertura della porta dell’anno giubilare della Misericordia, che si è raccolto con il cardinale Scola, presiedendo il Pontificale nella Solennità di sant’Ambrogio. Per il card. Scola sant’Ambrogio è stato per il suo popolo l’ ‘uomo della misericordia’:
“Fu trovato perfetto e giusto, al tempo dell’ira, come è in parte il nostro, fu segno di riconciliazione… Giustizia e riconciliazione, frutti della misericordia, sono, infatti, un messaggio-chiave per noi, per la nostra città e per il nostro tempo, perché rendono possibile quell’esperienza dell’unità, personale e comunitaria, senza la quale l’uomo non può guardare con serenità al suo presente e non può prospettare il futuro per i propri cari, per gli amici, per gli altri”.
Il cardinale ha invitato i fedeli a percorrere la strada aperta dal santo milanese: “Sotto la crosta del quotidiano come sotto la pelle del nostro corpo è celato, ma pulsa attivamente, il senso pieno della vita. Senza nessun merito da parte nostra, per pura misericordia, ci è stata fatta la grazia di conoscere Cristo e il disegno di salvezza della Trinità…
Proprio in tutto questo, consci delle nostre fragilità e dei nostri peccati ancora Ambrogio può essere guida sicura che attraversa i secoli, con la sua preghiera: ‘la debolezza del corpo non soffochi il desiderio del nostro spirito’. Come a dire, le paure, pur comprensibili, non siano di ostacolo allo sperare, al tendere al domani con fiducia e certezza nel Dio vicino. Il nostro Padre Ambrogio illumina questo mistero in modo molto acuto. La Chiesa non esiste per se stessa, ma per la risurrezione del mondo”.
Ed ha concluso l’omelia con un commento di sant’Ambrogio sulla misericordia: “Siamo deboli nel compiere la tua volontà, ma devoti nel crederti. E allora, Signore, stendi la tua misericordia su quanti credono in te, affinché anche le nostre azioni corrispondano alla fede e alla devozione, e la debolezza del corpo non soffochi il desiderio del nostro spirito”.
Il tema della misericordia e della giustizia sociale è stato affrontato dal presule milanese nei giorni precedenti anche nel discorso alla città: “Talora percepiamo, sia a livello personale, sia a livello sociale, la tensione tra giustizia e misericordia, che si fa forte di fronte all’esperienza del male, alla necessità di espiare la pena per riparare al danno inferto e alla pratica del perdono.
Vi sono inoltre delitti efferati, come i terribili casi di terrorismo, in cui sembra non esserci alcuna possibilità di riparare. Il male, in questo caso, appare come assolutamente irrimediabile. Giustizia e misericordia sarebbero in tal modo in conflitto. E tuttavia dalla correlazione di questi due fattori deriva una serie di conseguenze che incidono in termini decisivi sulla qualità della vita dei singoli e della società civile”.
Quindi occorre una nuova visione della realtà per garantire a tutti una ‘vita buona’: “A nessuno può sfuggire che le rivendicazioni di diritti, di libertà e di risorse da parte dei diversi attori sociali oggi non sono affatto univoche. Le istituzioni sociali e politiche se ne trovano di fronte di assai disparate e spesso in contrasto tra di loro. Come si tenta di rispondere a questo stato di cose?
Riducendo sempre più le politiche a mera richiesta di diritti: la nostra società sta progressivamente passando da un sistema uniforme di diritti e doveri a un insieme di ‘pretese’ individuali giuridicamente riconosciute e tutelate. Paradossalmente pretese che sono presentate come ‘doveri di giustizia’, invece di sostenere la persona nelle sue relazioni costitutive (come richiederebbe la giustizia) tendono a rinchiuderla nello stretto cerchio della sua individualità. La vita sociale rischia così di ridursi ad una sorta di joint venture tra individui”.
Ma, secondo il cardinale, la misericordia non può essere disgiunta dalla giustizia e la cerniera è il perdono: “Una corretta visione del perdono permette di meglio cogliere il rapporto che intercorre tra la misericordia di Dio e la sua giustizia nei confronti dell’uomo.
Cos’è infatti il perdono di Dio manifestato in Gesù? Non è il far finta di nulla, il non vedere il male, il lasciar correre, il ritenere che non sia successo nulla, ma piuttosto il salvare mediante la forza dell’amore avendo chiara la coscienza del male e della sua forza distruttiva.
Chi perdona vede bene la gravità del male subito e non lo sottovaluta in alcun modo: piuttosto non cessa di amare chi lo ha commesso; cerca di imparare da Gesù che pur essendo stato ferito dalla colpa dell’altro coltiva il desiderio di vederlo riscattato attraverso la contrizione, sostiene con gioia il suo impegno di conversione”.