I Gesuiti e la Chiesa misericordiosa
La Civiltà Cattolica e le riviste Anoichtoi Horizontes (Grecia), Brotéria (Portogallo), Choisir (Svizzera), Études (Francia), Razón y Fe (Spagna), Signum (Svezia), Stimmen der Zeit (Germania), A Szív (Ungheria), Thinking Faith (Inghilterra) della Compagnia di Gesù hanno pubblicato un editoriale comune dal titolo ‘Una Chiesa misericordiosa per un mondo ferito’ per celebrare l’inizio dell’Anno Santo della Misericordia, in cui affermano che il Vangelo della misericordia scuote le coscienze ed indica vie di risposte che si radicano nelle virtù teologali della fede, della speranza e della carità, declinandosi nelle opere di misericordia spirituale e corporale:
“Naturalmente la misericordia è al centro della rivelazione biblica, perché si trova nel cuore del nostro Dio trinitario. In una prospettiva teo-antropologica, san Tommaso d’Aquino considerava che ‘fra tutte le virtù che riguardano il prossimo la prima è la misericordia, e il suo atto è il più eccellente: poiché soccorrere la miseria altrui è per se stesso un atto degno di chi è superiore o migliore’, mostrando bene, così, che la misericordia ha sia una componente affettiva sia una componente effettiva”.
Per i gesuiti non esiste contrapposizione tra misericordia e verità e papa Francesco riprende le esortazioni alla misericordia dei papi precedenti: “Come infatti ricorda la bolla papale d’indizione del Giubileo, la Chiesa è chiamata ad essere un’ ‘oasi di misericordia’, e non soltanto la Chiesa in generale, ma tutte le ‘nostre parrocchie, le comunità, le associazioni e i movimenti, insomma, dovunque vi sono dei cristiani’.Citiamo due esempi di applicazione pratica di questo principio, entrambi delicati e significativi.
Il primo si riferisce all’aborto. Come è ormai ben noto, Papa Francesco ha deciso ‘di concedere a tutti i sacerdoti per l’Anno giubilare la facoltà di assolvere dal peccato di aborto quanti lo hanno procurato e pentiti di cuore ne chiedono il perdono’. Di certo ciò non nega il ‘dramma dell’aborto’, che è ‘profondamente ingiusto’. Ma, continua il Papa, una ‘genuina accoglienza [può andare unita] con una riflessione che aiuti a comprendere il peccato commesso, e indicare un percorso di conversione autentica per giungere a cogliere il vero e generoso perdono del Padre che tutto rinnova con la sua presenza’.
L’amore di Dio non è né rigido né permissivo. Né può esserlo la prassi misericordiosa della Chiesa. Qualcosa di simile si può dire per quanto riguarda il secondo esempio che portiamo, riguardante la complessa realtà delle famiglie, con i loro fallimenti, sofferenze, fratture e vicoli ciechi. La Chiesa, come madre, riconosce la necessità di una misericordiosa attenzione pastorale in una varietà di situazioni, tra le quali: le coppie civilmente sposate o conviventi; le famiglie ferite, che comprendono le famiglie monoparentali; le persone che sono separate; i divorziati, siano o non siano risposati, e le persone di orientamento omosessuale.
La misericordia di Dio dev’essere incarnata nella Chiesa di Cristo, mostrando caritas in veritate in modo concreto e convincente per le persone in tutte queste situazioni”. Riprendendo le Costituzioni pastorali conciliari, che hanno aperto la Chiesa al mondo l’editoriale delle riviste gesuitiche si chiede come si possa mettere in pratica la misericordia nella situazione attuale:
“Il Papa stesso ha fatto luce su questo tema in diverse occasioni, tra cui spicca il suo recente messaggio per la ‘Giornata mondiale del migrante e del rifugiato’, in cui offre la risposta della misericordia a questa sfida pressante: se siamo onesti con noi stessi e con la realtà, riconosceremo che ‘il Vangelo della misericordia scuote le coscienze, impedisce che ci si abitui alla sofferenza dell’altro e indica vie di risposta che si radicano nelle virtù teologali della fede, della speranza e della carità, declinandosi nelle opere di misericordia spirituale e corporale’…
La solidarietà nasce dal cuore misericordioso. Anziché reagire con paura o egoismo, la maggior parte delle società europee ha risposto col cuore, facendo affiorare le proprie radici cristiane, a volte trascurate o scartate. D’altra parte, dobbiamo dire che questo tipo di risposta personale, benché necessario, non è sufficiente. La carità cristiana ha una dimensione politica.
E la misericordia ha bisogno di incarnarsi nel regno del diritto. Soprattutto quando ci si riferisce ai rifugiati, come in questo caso, il diritto internazionale va applicato tenendo presente l’aspetto vincolante, per tutti gli Stati, degli accordi sottoscritti. Quella di assistere le persone che fuggono dalla guerra non è una decisione facoltativa di alcuni politici: si tratta di un requisito delle normative internazionali e dei diritti umani”.
E concludono l’editoriale riproponendo ciò che ha scritto sant’Ignazio di Loyola negli ‘Esercizi spirituali’: “Le opere di misericordia sono la nostra risposta alla chiamata del nostro mondo ferito”.