Altare e ambone costruiti da detenuti di Sollicciano e ragazzi di Villa Lorenzi

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I detenuti del carcere fiorentino di Sollicciano e ai ragazzi in difficoltà di Villa Lorenzi hanno realizzato l’altare e l’ambone per la messa che papa Francesco ha celebrato allo stadio Artemio Franchi, davanti a più di 30.000 fedeli, in occasione del 5° Convegno Ecclesiale Nazionale, chiesti dal card. Giuseppe Betori, arcivescovo della città:

“Mi sembrava molto importante che accanto al Papa ci fossero quelle situazioni di periferia umana che egli tanto spesso ci richiama. E allora ho pensato subito a due di queste periferie, non sono le sole, ma sono due che ci stanno molto a cuore: quella dei carcerati e quella dei giovani che hanno avuto problemi di devianza e che vanno ripresi nel cammino della loro vita.

Ho pensato che potevano essere loro i più vicini al Santo Padre nel momento in cui Egli celebrava l’Eucaristia. Li ho per questo invitati a collaborare e ho trovato la massima adesione alla proposta dalle responsabili del carcere e di Villa Lorenzi e da tutti loro, e sono grato per questo. Nelle due falegnamerie si inizierà già da oggi a lavorare per realizzare l’altare e l’ambone”.

I detenuti, prima di portare al termine il progetto, hanno scritto una lettera al papa: “Qui ogni giorno è una lotta per restare umani, per non perdere noi stessi e la nostra dignità. Le necessità sono quelle primarie: cibo, acqua calda, igiene, il semplice spazio vitale, il contatto con gli affetti, la maggior parte di noi non ha casa, né lavoro; molti non hanno istruzione; altri sono affetti da malattie mentali o fisiche; qualcuno non vede i propri figli per anni; quasi nessuno ha un futuro semplice; siamo gli ultimi degli ultimi…

Noi siamo gli Ultimi, gli emarginati da tutto, i poveri costretti a rinnovare pratiche che portano solo dolore e pena a noi e a chi ci sta attorno, i dimenticati, i segregati per dare tranquillità e sicurezza a chi sta fuori. Restiamo persone però, con gli stessi diritti, esclusa la libertà.

E da qui abbiamo imparato a distinguere chi ci guarda con amore e rispetto da chi ci usa per interesse, siamo uomini e donne, magari un po’ sbagliate, ma ancora pieni/e di risorse. Noi vogliamo abbracciarti, perchè sappiamo che ti piacciono gli abbracci: con essi ci si scambia forza, sostegno e affetto, vogliamo esserti vicini nei momenti di difficoltà, vogliamo sostenerti e darti forza come tu sai darla e l’hai data a noi”.

Il papa aveva risposto e così è nato questo progetto dei due poli liturgici, ideato dall’architetto Riccardo Damiani, che nasce con l’intento di realizzare un’opera che risulti più come un luogo di incontro delle persone al cuore del mistero della presenza di Dio, che come opera d’arte o di devozione:

“In questo processo sono andato alla ricerca, nella ricca trama simbolica della tradizione cristiana fiorentina, di una sinergia vitale che ponesse in equilibrio arte, rito e storia, che ho trovato in due edifici, molto distanti temporalmente tra di loro, ovvero il Battistero di San Giovanni (XI-XIII secolo) e la chiesa di San Giovanni Battista (anni ‘60 del ‘900), chiamata anche chiesa dell’Autostrada del Sole dell’architetto Giovanni Michelucci.

In questo progetto ho voluto ricondurre sia l’altare che l’ambone, all’idea antica, classica, di razionale equilibrio compositivo, che si esprime nella rigorosa scansione e nella semplicità delle forme geometriche scelte, in modo da poter rendere l’aspetto inconfondibile e originale degli edifici romanici fiorentini, di cui appunto ne è espressione il Battistero di Firenze.

Come non citare a tal proposito, la tesi fondamentale della dottrina di San Pier Damiani, secondo la quale la verità è in se stessa razionale e la dimostrazione è implicita nella chiarezza dell’enunciato e della forma.

Questa razionale-verità del gioco delle forme, come espressione di una fede antica, l’ho voluta combinare ad un materiale della contemporaneità, come espressione di unità temporale e di sintesi tra passato e presente, utilizzando alcuni inserti di rame, nelle tonalità del verde, per la consueta e rigorosa decorazione bicroma delle cornici interne dei riquadri, materiale quest’ultimo, ampiamente utilizzato nelle chiese dall’architetto Michelucci”.

Inoltre ci sono stati altri due aspetti fondamentali nel dare unità nel rapporto tra l’altare, che comunica la vita e l’ambone, che comunica la fede: “Tale struttura con al centro la croce diventa l’elemento di richiamo visivo e meditativo in cui ogni detenuto, come del resto ogni uomo, ha la possibilità di fissare lo sguardo.

L’altro elemento fondamentale che ho voluto mettere in evidenza per l’ambone è invece l’immagine della spada, che compare sul fronte del leggio di legno come risultato di una modellazione particolare di piani, intesa come un qualcosa che viene a rompere l’ordinarietà della nostra vita quotidiana, in maniera così forte e determinante da spaccare ogni equilibrio e razionalità.

Anche in questo caso quindi ritroviamo le stesse forme geometriche utilizzate per l’altare ma sotto forma di due frammenti di balaustre posti ai lati del leggio che funge da separatore.

Questa immagine della spada ha un duplice significato, quello di ricordarci gli eventi talvolta negativi e dolorosi che colpiscono o che hanno colpito la nostra vita segnandola, come nel caso dei giovani di Villa Lorenzi, o come in Maria, quando le venne predetto da Simeone la sua partecipazione al destino doloroso del Figlio; ma anche ci ricorda che la parola di Dio è anch’essa un evento, è l’annuncio di una buona notizia, l’annuncio di salvezza, l’annuncio della risurrezione di Cristo che cambia la nostra vita, operando un ‘nuovo umanesimo’ in chi l’accoglie e si lascia colpire”.

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